Quinto Libro di Madrigali
di Carlo Gesualdo di Venosa
The Hilliard Ensemble
Cd ECM New Series 2175

Quelli del Quinto Libro sono tra i madrigali più audaci di Gesualdo, pubblicati nel 1611, tre anni prima della sua morte, insieme a quelli del Sesto Libro e ai 27 Responsoria. Massimo esempio dello sperimentalismo polifonico del Principe di Venosa, esito più radicale del manierismo maturato a Ferrara, che aveva condotto la polifonia ai limiti estremi: il cromatismo armonico, le dissonanze esasperate, le fratture improvvise, gli imprevedibili slittamenti accordali sono tuttavia elementi utilizzati da Gesualdo sempre con una precisa funzione espressiva e drammatica, che fa di questi 21 madrigali una galleria di emozioni umane, un racconto intenso e lacerante, un concentrato di dolore, di disperazione, dotato di un impatto emotivo pari solo a quello di un dipinto caravaggesco.

L’Hilliard Esemble (quartetto maschile, ampliato per l’occasione con l’aggiunta del soprano Monika Mauch e del secondo controtenore David Gould, per i madrigali a cinque e a sei voci) interpreta questi madrigali con cura estrema, perfetta intonazione, omogeneità di timbri, nitidezza nelle trame polifoniche, levigando ogni suono. Ma il risultato non restituisce l’intensità espressiva della scrittura polifonica, mancano proprio le spigolosità, le rudezze, gli effetti di sorpresa ricercati da Gesualdo. È insomma un’esecuzione impeccabile ma eterea, priva di tensione e di sangue. Manca il pathos nell’austero intreccio di linee di O dolorosa gioia, nelle accorate invocazioni di Occhi del mio cor vita, nelle acide armonie di Mercè grido piangendo, nei lacrimosi accenti di O tenebroso giorno, e ancora nei momenti di rassegnazione (Languisce al fin), di ebrezza (Correte, amanti, a prova), di disperazione (Se tu fuggi, io non resto).

 

 

Rzewski_pmrThe people united will never be defeated!
di Frederic Rzewski
Johann Sebastian Bach: Aria alla maniera italiana BWV 989
Pianoforte Christopher Hinterhuber
Cd Paladino Music PMR 0037

Compositore e pianista statunitense (nato a Westfiel, Massachuset, nel 1938), Frederic Rzewski ha studiato prima a Harward e Princeton con Walter Piston, Roger Session, Milton Babbitt, poi nel 1960 si è trasferito in Italia dove è stato allievo di Luigi Dallapiccola ed è divenuto un pianista di riferimento nell’interpretazione del repertorio contemporaneo. Come compositore, dopo una fase radicale negli anni Sessanta, caratterizzata da un acceso sperimentalismo e un forte impegno politico, a partire dal 1970 ha ricercato un linguaggio musicale più semplice, volto a una comunicazione diretta, immediata con l’ascoltatore, anche attraverso l’uso di materiali citati, di strutture anche complesse, ma in grado di essere espresse in una forma universalmente intellegibile. Non a caso ha scelto quella delle variazioni per un lavoro richiestogli nel 1976 dalla pianista Ursula Oppens: è nato così questo ciclo basato sulla celebre canzone cilena di Sergio Ortega «El pueblo unido jamas serà vencido!», ciclo monumentale di 36 variazioni, della durata di quasi un’ora, che dimostra una grande sapienza costruttiva (frutto anche di una approfondita analisi delle Variazioni Diabelli di Beethoven che Rzewski stava studiando in quel periodo), uno spiccato gusto virtuosistico, e una certa dose di eclettismo. Un ciclo suddiviso in sei gruppi di sei variazioni, in ciascuno dei quali Rzewski affronta un diverso aspetto compositivo (eventi semplici, ritmi, melodie, contrappunto, armonia, combinazione degli elementi precedenti) e una sfida impegnativa per l’interprete: già inciso dallo stesso compositore, da Ursula Oppens, da Marc-André Hamelin, da Stephen Drury, da Ralph van Raat, The people united will never be defeated! è ora consegnato al disco dal pianista austriaco Christopher Hinterhuber, già ammirato (e premiato) per le recenti incisioni delle Sonate di Carl Philipp Emanuel Bach e dei Concerti per pianoforte di Ferdinand Ries. Hinterhuber suona con estrema precisione, affrontando la grande varietà di materiali e di rimandi stilistici che si intrecciano nello spartito, con musicalità e quasi senza sforzo. Completa il cd la bachiana Aria Variata alla maniera Italiana, BWV 989, altro set di variazioni dove si alternano intricate trame contrappuntistiche e lievi momenti danzanti.

 

Lalo_warnerSymphonie Espagnole, due Suites dal balletto Namouna, Scherzo in re minore
di Édouard Lalo
Violino Alexandre da Costa
Orquesta Sinfónica de la Radiotelevisión Española, direttore Carlos Kalmar
cd Warner Classics 2564 65711-4

Insieme con Franck e Saint-Saëns, Édouard Lalo (1823-1892) è stato uno dei grandi compositori per orchestra dell’Ottocento francese, anche se ebbe più fortuna nel genere del concerto che in quello della sinfonia. L’incontro e l’amicizia con Pablo de Sarasate segnò poi una svolta nella sua carriera: al grande violinista spagnolo dedicò infatti due importanti lavori, il Concerto per violino in fa maggiore e la Symphonie Espagnole op.21, composti tra il 1873 e il 1875, che gli aprirono le porte della celebrità. Anche la Symphonie Espagnole è in effetti concepita come un’opera concertante per violino solista e orchestra (è da ricordare che Lalo stesso era stato violinista, e aveva contribuito alla fondazione del Quarteto Armingaud), permeata di temi del folklore spagnolo che all’epoca andavano di gran moda in Francia (nello stesso periodo nacque anche la Carmen di Bizet). Nei suoi cinque movimenti si ammira la ricchezza dell’orchestrazione, l’afflato romantico, la brillante scrittura del solista che alterna una grande varietà di stilemi e movenze di danza. Elementi colti con grande musicalità e naturalezza dal giovane violinista ispano-canadese Alexandre da Costa, che sembra perfettamente sintonizzato con lo spirito libero e l’impeto trascinante di questa musica. Ma il cd si apprezza anche per la rarissima incisione dello Scherzo in re minore per orchestra, e per le due Suites orchestrali tratte dal balletto Namouna, composto da Lalo nel 1882 su soggetto di Charles Nuitter e Lucien Petipa. La vicenda, ambientata sull’isola di Corfù, ha per protagonisti il perfido Lord Adriani e il sincero conte Ottavio, che si giocano a carte i propri beni, compresa la schiava Namouna, personaggio dalla spiccata personalità, che riuscirà a liberare tutte le schiave dell’isola e alla fine fuggirà insieme ad Ottavio. Accolto tiepidamente dal pubblico parigino alla prima, Namouna entusiasmò invece compositori come Fauré, Chabrier e soprattutto Debussy, che salutò questa partitura come «un capolavoro rispetto alle numerose e stupide pagine per balletto». I numeri musicali raggruppati nelle due suites sono in effetti ricchi di invenzioni, di colori, di tocchi orientaleggianti, ben sottolineati nella direzione di Carlos Kalmar. Si colgono anche echi wagneriani nel Prélude (Suite n.1), originali intrecci tra ritmi di marcia e espansioni liriche in Parades de Foire (Suite n.1), venature esotiche nella Danse Marocaine (Suite n.2), atmosfere languide e sognanti in Dolce far niente (Suite n.2), un impeto selvaggio nella conclusiva Danse des escalves (Suite n.2).

 

Koechlinh_Les_heures_persianes_naxosLes Heures persanes
di Charles Koechlin
Pianoforte Ralf van Raat
Cd Naxos 572473

Allievo di Massenet e Fauré, considerato da Ligeti il compositore più importante tra Debussy e Messiaen, Koechlin (1867-1950) è ricordato come contrappuntista e grande orchestratore. Ma fu molto ammirato dai suoi contemporanei per avere dilatato le armonie tradizionali e le tecniche compositive, e per la grande fantasia che gli permetteva di fondere insieme stili diversi. Ne è una prova questa suite di sedici pezzi caratteristici, Les heures persanes, composta tra il 1916 e il 1919 e ispirata a un diario di viaggio scritto in Persia da Pierre Loti (Vers Ispahan). Sono scenette persiane, quadri paesaggistici, che descrivono diversi momenti della giornata del viaggiatore, con titoli evocativi che assomigliano a quelli dei Préludes di Debussy. Le atmosfere orientali, con echi di gamelan e venature modali, sono rese con una scrittura pianistica piuttosto innovativa in quel periodo, con soluzioni politonali, armonie cromatiche (En vue de la ville e A travers les rues), scale esatonali (Chant du soir) e pentatoniche (Clair de lune sur les terrasses). Una scrittura dove si mescolano echi raveliani (La paix du soir au cimitière, che ricorda Gaspard de la nuit), debussyani (Derviches dans la nuit, che ricorda Le Cathedrale Engloutie), un melodizzare che richiama talvolta Fauré (A travers les rues), una scrittura armonica che sembra anticipare Messiaen (Matin frais, dans la haute vallée). La lettura appassionata e attentissima di Ralph van Raat trasforma questi pezzi in uno studio di atmosfere, ne coglie tutta la varietà di colori e di umori. Ma senza calcare mai la mano, imprimendo anzi a questi pezzi una patina flou, piena di sfumature, dall’apparenza improvvisativa, trasformandoli in piccole scene oniriche e sospese, di grande seduzione.

 

Bach_sonySomething Almost Being Said
Johann Sebastian Bach: Due partite BWV 825 e 826
Franz Schubert: Quattro Imporvvisi op.90
Pianoforte Simone Dinnerstein
Cd Sony 88697998242

Nata a New York nel 1972, allieva di peter Serkin alla Juilliard School of Music, e di Maria Curcio a Londra, Simone Dinnerstein ha avuto una carriera un po’ fuori dagli schemi. Dopo aver suonato per anni in modeste sale di concerto in giro per gli Stati Uniti, ha conosciuto la fama internazionale grazie a un cd autoprodotto, con le Variazioni Goldberg di Bach, che ottenne nel 2007 uno straordinario e inaspettato successo di critica e anche commerciale. La Dinnerstein ha quindi insistito sul filone bachiano, incidendo per la Telarc la Suite francese n.5, abbinata alla contrappuntistica Sonata op.111 di Beethoven; nel 2010 ha firmato un contratto con la Sony, con la quale ha realizzato un cd dal titolo “A Strange Beauty”, che comprendeva due concerti per pianoforte, BWV 1052 e BWV 1056, la Suite inglese n.3 e alcuni corali. Poi è arrivato questo cd, col titolo “Something Almost Being Said”, preso da un verso della poesia The Trees di Philip Larkin. L’esecuzione delle due Partite di Bach (quella in si bemolle maggiore BWV 825, e quella in do minore BWV 826) è fluida, scorrevole, dotata di un suono sempre molto trasparente (ereditato dalla lezione della Curcio), e uno stile interpretativo che è un po’ l’opposto rispetto a quello frenetico e mordente di Glenn Gould: la Dinnerstein predilige il fraseggio elegante, l’ampio legato, la nitidezza dell’articolazione, a volte anche l’incedere solenne. Il suo è un pianismo arioso, molto espressivo e con un tocco rapsodico, dove tutto appare ammorbidito da venature cantabili, anche dove l’andatura si fa più spedita o danzante. Tra le due partite bachiane la pianista americana inserisce i quattro Impromptus op. 90 di Schubert, per svelare l’elemento narrativo e “cantabile” che accomuna i due compositori. Anche la sua lettura schubertiana è molto romantica, fatta di linee fluenti, piene di inflessioni, di umori, con un espressione “parlante” (che sottolinea magnificamente la melodia dell’Impromptu n.3 in sol bemolle maggiore), piena di sospiri e di rallentamenti. Una lettura attenta al minimo dettaglio di fraseggio e di colore, a volte un po’ leziosa (ad esempio nell’ Impormptu n.1 in do minore).

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