Giganteschi dinosauri un tempo passeggiavano per la Puglia. Oggi sono estinti ma di loro ancora se ne conservano le impronte. Ben 30 mila. Tutte ad Altamura. Poteva essere l’occasione per creare un vero e proprio Jurassic Park apulo. Quanti visitatori sarebbero potuti arrivare da ogni parte di Italia e del mondo. Invece niente parco, nessun visitatore e il rischio di deterioramento dei reperti rinvenuti.

Altamura (Ba). 1999. In una cava vengono rinvenute 30 mila impronte di dinosauro, risalenti a 65 milioni di anni fa, ossia al Cretacico superiore. Il sito è subito giudicato tra i più importanti al mondo. Grazie a questa scoperta è stato possibile risolvere alcuni dubbi riguardo l’aspetto paleogeografico della Puglia di 70 milioni di anni fa. Basti pensare che fino al 1993 (anno della scoperta del Celurosauro di Pietraroia) non era neanche certa la presenza dei dinosauri in Italia; adesso non solo sappiamo che la penisola ospitava una folta popolazione di dinosauri, ma scopriamo anche che la Puglia non era un arcipelago di isolette, come si credeva, ma una grande distesa pianeggiante, forse confinante con la Dalmazia. Alcuni fattori rendono le impronte trovate ad Altamura uniche nel loro genere: innanzitutto l’eccellente qualità dello stato di conservazione, e a seguire il numero elevato delle diverse specie accertate, oltre duecento appartenenti almeno a cinque gruppi diversi di dinosauri, sia erbivori che carnivori. Le dimensioni delle impronte variano Altamuradai 5 – 6 cm fino ai 40 – 45 cm, facendo supporre di trovarsi di fronte ad animali alti fino a 10 metri. In molte impronte sono addirittura visibili le pieghe della pelle. Va detto che dalle impronte è possibile ricostruire l’albero genealogico dei dinosauri. L’eccezionale stato di conservazione di queste orme è dovuto alla presenza di un terreno paludoso dal fondo fangoso, con tappeti di alghe che hanno permesso la cementazione dell’impronta. In numerose impronte è infatti ancora visibile la piccola onda di fango generata nel momento in cui l’animale ha poggiato la zampa al suolo. Ebbene, ci saremmo aspettati l’immediata istituzione di un parco archeologico, così come avviene di prassi all’estero anche per siti preistorici di minore importanza. Invece no. La cava è di proprietà privata. Per dieci anni il sindaco ha cercato di arrivare a un compromesso. Tutto inutile. Oggi il sito versa in condizioni critiche. Le impronte necessitano di essere messe in sicurezza dal momento che sono già arrivate inquietanti segnalazioni di manomissioni dei resti. Un anno fa, a seguito della convocazione parlamentare presentata dall’onorevole Pino Pisicchio, l’allora soprintendente Antonio Di Siena aveva promesso l’esproprio della cava dopo averne fatto stimare il valore dagli uffici tecnici competenti. Ad oggi nulla si è mosso. Ma il deputato, lo scorso 8 ottobre, ha presentato una nuova interrogazione (seduta numero 698) chiedendo per quale motivo la Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia non abbia ancora reso nota la stima della cava. L’attuale soprintendente Luigi La Rocca, da poco insediato, ha fatto sapere che l’esproprio non è stato ancora avviato dal momento che il predecessore Di Siena aveva solo manifestato “l’intenzione di…” senza fare nulla di concreto. Ha aggiunto che i suoi uffici hanno quasi terminato la valutazione della cava che la Soprintendenza non è tenuta a rendere pubblica trattandosi di una trattativa privata. Il sito ad oggi resta inaccessibile.

 

 

ParabitaGli sposi contesi di Neanderthal
La Puglia è nota anche per i ritrovamenti di insediamenti e grotte preistorici.
Parabita (Le). Collina di S. Eleuterio. E’ il 1965. Due individui vengono ritrovati all’ingresso di una grotta. Lui, disteso, ha circa 30 anni; lei, rannicchiata, ne ha 27. Forse due sposi. Trovati acefali ed entrambi malati di artrosi e artrite. Vengono svegliati da un lungo sonno che dura da 27.000 anni. Vengono strappati alla loro terra e portati a Pisa, insieme a 18.000 reperti appartenenti all’Homo di Neanderthal del paleolitico Superiore e all’Homo Sapiens. Punte di frecce e di lancia, utensili, ceramiche di ocra rossa e impasto. Il “bottino” strappato è per Parabita una ferita ancora aperta. I cittadini chiedono da anni la restituzione dei giovani sposi. La Collina oggi è inaccessibile perché chiusa da cancelli e invasa da rovi, le panchine sono vuote, i lampioni rotti, le strade sconnesse. Eppure a settembre del 2009 è stato inaugurato il Parco archeologico, 800 mila euro di fondi europei. All’inizio è stato un successo. Migliaia i visitatori accorsi. Laboratori didattici, visite guidate, aree picnic. La convenzione con questa gestione purtroppo, forse perché troppo costosa, non è stata rinnovata. Da gennaio del 2011 è iniziato l’abbandono. “Il Parco non è visitabile” questo il triste annuncio di Tiziano Laterza, assessore alla cultura del Comune di Parabita. Eppure il sito è di un’importanza unica: “è qui che l’uomo di Neanderthal ha inventato la parola” spiega Aldo D’Antico, presidente dell’Associazione Il Laboratorio, “quì ha scoperto agricoltura e pastorizia, qui è nata la distinzione tra classe dominante e dominata. Sulla Collina sono state rinvenute anche due Veneri scolpite in osso di cavallo, oggi esposte al museo di Taranto. Alte poco meno di 10 cm. Risalgono a 12 mila anni fa. Al mondo ne esistono solo tredici, tutte grasse, mentre quelle di Parabita sono di una grazia incredibile, di uno stile straordinario. Evidentemente il popolo che qui viveva aveva una concezione della donna diversa dagli altri. Questi elementi ci permettono di rivendicare la centralità della terra del Salento nella storia del Mediterraneo”. Eppure il Parco rischia di essere risucchiato dall’oblio e distrutto dalle cave che stanno aprendo ai suoi piedi.

 

La cappella Sistina del Neolitico
Grotta_romanelliGrotta Romanelli (Le)
. La grotta ha restituito reperti datati al Paleolitico Medio (120 – 40.000 anni fa) attribuiti all’uomo di Neanderthal; altri datati al Paleolitico superiore finale (10.000 anni fa), periodo in cui nascono le prime manifestazioni artistiche eseguite su oggetti o reperti. Il sito è fondamentale perché ha permesso di accertare la presenza del Paleolitico Superiore (10.000 anni fa) in Italia. Oggi Grotta Romanelli versa in uno stato di degrado sconfortante, tanto da rischiare il crollo. Ma non è l’unica grotta della zona. Il versante adriatico del Salento, da Santa Cesarea Terme a Santa Maria di Leuca, ne presenta un numero impressionante. E tutte in cattivo stato. Grotta dei Cervi, famosa per i suoi 3000 pittogrammi tanto da essere chiamata la Cappella Sistina del Neolitico, ha un nemico crudele: l’umidità e il conseguente sgretolamento di graffiti e pitture parietali. Andrebbe creato un microclima interno. Gli abitanti dicono che è qualcosa di unico ma nessuno si reca mai a visitarla né tantomeno a eseguire manutenzioni ordinarie. Nessuno. Così anche Grotta Posia Piccola, che presenta preghiere incise sulla roccia a Taotor dio messapico della terra e dei defunti. E ancora, Grotta Porcinara e Grotta del diavolo rischiano di crollare. Bisogna intervenire immediatamente affinchè gli agenti ambientali non le rovinino per sempre.

 

I molari dell’homo sapiens
Grotta Cavallo (Le)
. Cavità carsica che si affaccia sulla Baia di Uluzzo. Scoperta da italiani negli anni Sessanta è tornata alla ribalta di recente grazie alla scoperta fatta da alcuni ricercatori dell’università di Vienna. Questi dal riesame di due molari scoperti precedentemente nella grotta, hanno rivelato che essi sono databili a 45 mila anni fa. Appartengono cioè all’Homo Sapiens. La cultura uluzziana della Grotta non è quindi espressione dell’ultimo Neanderthal, ma del primo Sapiens d’Europa. Ci troviamo di fronte alla più antica attestazione dell’Homo Sapiens in Europa. Eppure qui i lavori di scavo sono fermi da anni. L’ingresso è sbarrato da una grata metallica, per preservarla dai malintenzionati. La Baia di Uluzzo è uno scrigno di insediamenti preistorici, se ne contano 17 di cui 9 in cavità. Eppure gli studi di questi siti sono fermi da anni. Gli insediamenti sono abbandonati e nel completo degrado.

 

DolmenIl Dolmen distrutto
Santa Barbara
. Quello che è successo ha dell’incredibile. 1999. Oreste Caroppo, del direttivo del Coordinamento Civico per la Tutela del Territorio, segnala una struttura megalitica sita nel Comune di Giurdignano affinché possa essere tutelata e opportunamente studiata. Lo scorso giugno, a seguito di una denuncia presentata dagli ambientalisti di “Avanguardie”, l’amara scoperta: il Dolmen è stato distrutto. Subito a qualcuno è convenuto avanzare dei dubbi circa l’originalità della struttura. Tra questi Donato Fanciullo sindaco di Giurdignano “vorrei rassicurare tutti che nel luogo indicato in denuncia non sia mai esistito un dolmen, né risulta che tale monumento sia stato censito dalla Soprintendenza. Si tratta di una notizia falsa, frutto delle personali e scellerate considerazioni di Oreste Caroppo, portavoce di una associazione ambientalista a me sconosciuta. Noi ci occupiamo dei veri dolmen, le “patacche” le lasciamo agli altri”. Di patacca non si trattava. “Era un dolmen antico” spiega Salvatore Bianco, responsabile della Soprintendenza dei Beni architettonici per la provincia di Lecce, recatosi sul posto “sembrano emergere anche tracce di un dromos che conduceva ad esso. Ma non era censito, se lo fosse stato avremmo potuto studiarlo e tutelarlo. I Comuni dovrebbero censire tutti i beni presenti sul loro territorio con l’aiuto di archeologi e specialisti. Dovrebbero altresì munirsi di una Carta archeologica. Dolmen_bisConoscere il proprio territorio è il primo passo per poterlo tutelare”. Eppure qualcuno al Comune lo conosceva. Perché il Dolmen di Santa Barbara figura nel sito ufficiale del Comune dove è annoverato tra i megaliti più importanti del cosiddetto Giardino megalitico. Oreste Caroppo non ci sta “il Giardino dei Megaliti è solo una dannosa presa in giro. È inaccettabile questa omertà intellettuale e scientifica. Il sindaco dovrebbe dimettersi”. Caroppo aggiunge che adesso c’è bisogno di concretezza. E quindi ricostruzione e restauro. Presupposti per la rinascita della cultura apulo salentina italo-greca. L’unico modo per valorizzare il patrimonio megalitico è studiarlo, recuperare ogni informazione su di esso e soprattutto, se necessario, ricostruirlo nel rispetto del paesaggio circostante. Il Dolmen di Santa Barbara va ricostruito. Giurdignano non è nuovo a simili disastri: annovera nel suo bollettino di guerra anche il Dolmen Sferracavalli. Ma sono numerose le strutture megalitiche distrutte negli anni: il grande Dolmen Chianca a Maglie, il menhir Santu Lasi a Cannole. Numerose anche quelle trafugate, come il Menhir di Surbo scoperto e subito rubato. E ancora gli stupendi Dolmen Plao di Corigliano d’Otranto, sfregiati dalla cementificazione selvaggia delle campagne. Ma innumerevoli sarebbero gli esempi che meriterebbero di essere menzionati.

 

Torre_con_resortTorre con resort
Porto Miggiano (Le)
. Comune di Santa Cesarea Terme. Si tratta di un angolo di paradiso. Si tratta di un porto munito di una torre costruita nel XVI secolo a difesa degli attacchi saraceni. Intorno antiche cave di carparo. Simili torri pullulano su tutta la costa salentina tanto che i cittadini chiedono da anni l’istituzione di un parco archeologico costiero delle torri. Il sito si trova in prossimità delle grotte preistoriche di cui sopra. Purtroppo il costone roccioso, continuamente logorato dalle mareggiate, va consolidato. Il solerte Comune decide di mettere in sicurezza la zona mediante l’uso di martelli pneumatici, scelti per abbreviare i tempi. Ma si sa la fretta è cattiva consigliera. In questo caso l’intervento, ritenuto dagli ambientalisti troppo massiccio, ha causato il crollo di una intera porzione di costa. Per il Comune è tutto regolare. I Carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) stanno indagando sull’accaduto. Costo dell’opera: 3 milioni di euro di fondi europei. Eppure qualcosa non torna. “Non solo si è indebolito il costone roccioso, ma i soldi pubblici spesi non sono proporzionali alla finalità dell’intervento” spiegano Paolo Sansò, docente di Geomorfologia all’Università del Salento, e Maurizio Manna, direttore regionale di Legambiente “c’è il sospetto che si sia voluto consolidare questa zona, classificata a pericolosità geomorfologica molto elevata, per prepararla ad accogliere qualcos’altro: costruzioni”. In effetti su questa stessa falesia nel 2010 l’allora ministro dei rapporti tra le Regioni Raffaele Fitto ha inaugurato l’Augustus Resort, nato da un rudere posto per decenni sotto sequestro e considerato uno degli ecomostri d’Italia. La procura di Lecce ne aveva ordinato la demolizione ma nel 2008, i giudici dell’appello hanno ribaltato la sentenza “perché il fatto non sussiste”. Proprietario è Albino Merico, zio di Daniele Creti sindaco di Cesarea. Sempre qui, nell’agosto del 2011 è stato aperto Diciannove, un gigantesco aquapark, di proprietà di Piero Montinari che si è aggiudicato all’asta questo lotto di terreno messo in vendita dal Comune. Montinari è il leader degli industriali leccesi, presidente regionale di Confindustria Puglia. Tutto regolare, grazie al piano regolatore del 1994. La zona è però minacciata da un progetto edilizio che prevede la costruzione di 1000 appartamenti disseminati su 30 ettari di macchia mediterranea. Ebbene la Soprintendenza, pur contraria a tale progetto, ha consegnato il suo parere negativo dopo i termini previsti dalla legge. Il diniego è stato quindi impugnato di fronte il Tar e la Soprintendenza avrebbe potuto riformularlo entro 60 giorni, ma non lo ha fato. La tutela del luogo è nella mani del Comitato di tutela Porto Miggiano, gruppo nato su facebook che conta più di diecimila iscritti, che si batte per attirare l’attenzione su questo scempio. Grazie alla sua azione, il caso è arrivato anche in Parlamento, dove se ne è parlato in tre interrogazioni. “Crediamo che i lavori fatti sulla falesia e nella baia di Porto Miggiano siano un chiaro esempio di inviluppo”, spiegano i rappresentanti del Comitato. “Puntare verso un certo tipo di sfruttamento del paesaggio per incentivare un turismo di massa, povero di cultura e attratto solo dalla novità, in una zona con peculiarità paesaggistiche ambientali e storico-culturali così straordinarie e uniche, ora irrimediabilmente compromesse, porterà senza alcun dubbio a un degrado senza precedenti. C’è da chiedersi dunque dove siano finite le garanzie di tutela da parte delle istituzioni e cosa si sia letteralmente incrinato nel meccanismo a tal punto che tutta la tutela ambientale e paesaggistica sia ormai nelle sole mani dei cittadini che lottano non senza rischi cercando di difendere il proprio territorio dallo stravolgimento. Ciò che sta succedendo ci induce inevitabilmente a pensare che viviamo nel Sud, quello peggiore, quello che non capisce, che si lascia comprare per un pezzo di pane o per un posto fisso e che china il capo di fronte al padrone. Abbiamo visto morire quel pezzo di costa giorno dopo giorno. Abbiamo lottato con i mezzi che le nostre menti ci suggerivano. Nel silenzio quasi sconcertante delle istituzioni”.

 

CursiLa cripta della vergogna
Cursi (Le)
. Struttura ipogea bizantina dedicata ai santi Stefano e Giorgio. Tristemente detta “la cripta della vergogna”. Colpa dei 400 mila euro di fondi pubblici spesi per danneggiarla. Soldi che il Comune ha avuto dalla regione Puglia. Eppure i soldi erano finalizzati al suo restauro. A denunciare l’accaduto i Comitati cittadini per la difesa del territorio. La denuncia è arrivata alla procura della repubblica, nello specifico al magistrato Emilio Arnesano del pool deputato all’analisi dei reati legati all’abusivismo edilizio. In sostanza si è deciso di intervenire su un monumento già adeguatamente restaurato alla fine degli anni Novanta. Durante i lavori è stata costruita una struttura in cemento, ribattezzata dai cittadini “il vespasiano”, proprio sopra la cripta. Un cittadino denuncia l’accaduto. Parte un sopralluogo compiuto dalla soprintendente Daniela Tanzella della Soprintendenza Archeologica di Taranto che porta alla scoperta dello scempio. La cripta è stata danneggiata in più punti: è stata sfondata una parete per realizzare una scala in cemento, la volta è stata bucata in ben 4 punti per realizzare lucernari, i conci antichi provenienti dalla vicina chiesa medievale del Convento degli Agostiniani sono stati buttati dentro un’antica cisterna – silos. Eppure i fondi prevedevano solo il restauro e il consolidamento delle pitture. I comitati cittadini hanno accusato al Soprintendenza, colpevole di non aver sorvegliato i lavori. La Tanzella ha tristemente ammesso la mancata assistenza ma ha anche ribadito che il suo Ente non è stato avvisato dall’Ufficio Tecnico dell’inizio dei lavori. La sorveglianza avrebbe evitato un simile scempio.

 

Associazioni e giovani a tutela del territorio
Ciò che colpisce in Puglia è l’attivo impegno dei suoi cittadini nella difesa della propria terra. Rudy Miggiano, Oreste Caroppo, Marcella Invidia, Cristiano Donato Villani, le Associazioni Messapia e Salogentis Salento sono costantemente impegnati nell’individuare le numerose situazioni di degrado esistenti in Puglia. Impegno che testimonia la nascita di una cultura e di una sensibilità orientate alla difesa del proprio passato, delle proprie tradizioni. Una cultura che si sta diffondendo tra i giovani, i soli a cui è affidata la tutela del territorio. Purtroppo questa sensibilità stenta a radicarsi tra la classe dirigente. La speranza è che questo divario sia presto colmato. E questa volta non con cemento.

 

 

ELENCO SITI

Provincia di Bari

Corato, San Magno
Necropoli (età peuceta)
L’area non è visitabile perché inaccessibili per totale abbandono
Autorità deputata: Comune di Corato

Gravina in Puglia
Città (di età peuceta e romana). Silvium con parchi archeologici di Padre Eterno e Botro Magno
L’area è visitabile solo su prenotazione. Le guide sono organizzate da associazioni locali. Il sito versa nel totale abbandono e degrado
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di gravina in Puglia

 

 

Provincia di Barletta
 

Barletta, via Vitrani
Complessi ecclesiastici e sepolture (età medievale)
L’area non è visitabile perché sempre chiusa. E’ situata nel centro storico
Autorità deputata: Comune di Barletta

Ariscianne
Insediamento e approdo marino (età romana e medievale, con preesistenze preistoriche)
L’area non è visitabile in quanto chiusa per mancanza di infrastrutture adeguate alla sua fruizione
Autorità deputata: Comune di Barletta

Canne della Battaglia
Città (età magno greca con preesistenze preistoriche; continuità di vita sino all’età medievale)
L’area non è visitabile per mancanza di operatori alla biglietteria. E’ aperta saltuariamente secondo le disposizioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il Parco e l’Antiquarium versano nella totale incuria

Spinazzola, Grottelline
Insediamento (età neolitica)
L’area non è visitabile. Rischia di essere ditrutto dalla costruzione di una discarica
Autorità deputata: Comune di Spinazzola

 

 

Provincia di Brindisi

Fasano
Tempietto di Seppannibale cristiano (seconda metà dell’VIII sec. d.C.) con relativo insediamento tardoantico e altomedievale. Il Tempietto presenta affrescho ritraenti scene apocalittiche
L’area non è visitabile perché abbandonata, dopo gli scavi compiuti dall’Università di Bari
Autorità deputata: Famiglia Calefati

Latiano, Muro Tenente
Insediamento fortificato (IV-III sec. a.C.)
L’area non è visitabile perché mancano le infrastrutture per renderla fruibile
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di Latiano

San Vito dei Normanni
Chiesa rupestre di San Biagio (1196), affrescata
Gravi danni al sistema di areazione creato nel corso dei restauri del 2000; gli affreschi datati ad annum stanno cadendo a pezzi. Il Comune mette a disposizione un bus navetta per visitare la chiesa nei periodi estivi
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di San Vito dei Normanni

 

Provincia di Foggia

Lucera, sito di San Giusto
Basilica paleocristiana doppia (V-VI sec. d.C.)
Scoperta nel corso dei lavori per la costruzione della diga sul torrente Celone
Scavata nel 1995-1999
L’area non è visitabile
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Regione Puglia

Arpi
Città apula (età dauna e romana)
L’area non è visitabile per mancata manutenzione
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di Foggia

Rignano Garganico
Grotta Paglicci (età del Paleolitico)
Presenta pitture e graffiti parietali preistorici
L’area è visitabile su prenotazione. E’ stata oggetto di atti vandalici
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di Rignano

San Nicandro Garganico, Sant’Annea
Villa tardo romana (III-IV sec. d.C.)
L’area non è visitabile perché abbandonata, totale assenza di manutenzione
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di San Nicandro

Manfredonia
Abbazia di San Leonardo (XII sec. d.C.)
L’area non è visitabile perché abbandonata, di recente del suo recupero si sta occupando una comunità. E’ stata oggetto di furti di opere d’arte
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di Manfredonia

 

Provincia di Lecce
Lecce
Ninfeo delle fate (XVI sec. d.C.)
Il sito versa nel degrado e nel totale abbandono. Usato come rifugio da immigrati. Gli affreschi e le statue al suo interno sono rovinati, alcuni fregi sono stati asportati
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia

Convento di Santa Maria del Tempio
Fondato nel 1432. Ha subito varie modifiche. Nel 1872 è stato trasformato in una caserma, così come si conserva oggi.
Le strutture più antiche sono minacciate dalla costruzione di un enorme parcheggio sotterraneo
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia

Santa Cesarea alle Terme, Vitigliano
Cisterna monumentale, nota come “cisternale”, scavata nel tufo (età imperiale-età tardo antica)
Il monumento è abbandonato, protetto da una grata arrugginita. Vegetazione infestante e rifiuti stanno degradando l’interno del monumento. Manca una qualsiasi segnaletica che ne indiche la presenza
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia

Patù
Centopietre, struttura funeraria (IX-XIV sec. d.C.)
L’area è visitabile ma in stato di abbandono
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di Patù

Veretum, città (età messapica e romana)
L’area non è visitabile. Versa nel totale degrado e abbandono
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di Patù

San Pietro in Lama
Rudiae, città (età messapica e romana)
Il Parco archeologico di Rudiae versa in uno stato di degrado ed è privo di tutela
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di San Pietro

Provincia di Taranto

Taranto, via Terni
Cripta del Redentore, chiesa rupestre (XII se. d.C.)
Il monumento insiste su una tomba ipogea di età magno-greca
Il monumento è aperto saltuariamente. Necessita di un restauro
Autorità deputata: Soprintendenza Archeologica della Puglia e Comune di Taranto

 

Grottaglie
Cripta anonima di Riggio, chiesa rupestre (X sec. d.C.)
L’area non è visitabile perché abbandonata. Assenza di manutenzione. Gli affreschi necessiterebbero un restauro
Autorità deputata: privati

Castellaneta
Insediamento (età romana)
Individuato nel corso della realizzazione del metanodotto Massafra-Biccari, rischia di essere distrutto per far spazio al nuovo impianto
Autorità deputata: Comune di Castellaneta

Statte
Cripta di Santa Chiara alle petrose chiesa rupestre (XII-XIII sec. d.C.),
Situata a ridosso dell’ingresso della raffineria dell’ENI, è per questo soggetta alle vibrazioni dei Tir e alle polveri provenienti dalla raffineria con conseguente danneggiamento degli affreschi
Autorità deputata: Eni

 (6. Continua. Le precedenti puntate sono leggibili negli articoli correlati)

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