Tanti hanno sognato almeno una volta di diventare “giornalista”, molti provano a collaborare con delle riviste magari senza conoscere le differenze tra pubblicisti e professionisti, ma solo pochi riescono a terminare il percorso che darà loro l’agognato “tesserino”, che li farà entrare nell’Ordine.

Tralasciando gli elenchi speciali, riservati cioè ai cittadini non italiani e a chi si trova a lavorare per una rivista settoriale o politica, chi vuole diventare giornalista deve scegliere se essere professionista o pubblicista, una differenza che resterà anche dopo Agosto 2012, data entro la quale il legislatore avrà presentato un decreto che oltre a nascere dal dialogo con l’Ordine, recepirà anche le “linee guida” approvate pochi giorni fa dall’Odg, proprio dopo l’incontro tra il Ministro e i rappresentanti di tutti gli Ordini professionali; le norme definiranno nel dettaglio le modalità del tirocinio di 18 mesi e dell’esame di Stato che daranno la possibilità di entrare nell’Ordine e di scegliere successivamente se iscriversi all’elenco dei pubblicisti o dei professionisti, oltre a dare forma alle altre parti delle “linee guida” e a “raccogliere” quello che resterà ancora in vigore e non in contrasto con le attuale normative

LE DIFFERENZE TRA PROFESSIONISTI E PUBBLICISTI
Il giornalista professionista lavora “esclusivamente” nell’informazione, mentre il pubblicista può anche svolgere altre professioni. L’esclusività è quindi la principale discriminante per delineare la figura professionale del giornalista, ma ci sono anche altre differenze. Sia pubblicisti che professionisti sono iscritti a un albo, ma gli elenchi e le modalità di accesso sono diverse, anche se forse non lo saranno più (infatti nel prossimo paragrafo si spiegherà che secondo le nuove “linee guida” dell’Ordine le modalità di accesso sono le stesse per entrambi): l’aspirante professionista, con un’età minima di 21 anni e una laurea, doveva sostenere un esame di idoneità dopo aver svolto un’attività di “praticantato” di 18 mesi per un particolare tipo di testate che permettono di iscriversi al registro dei praticanti (un quotidiano, una redazione radio o televisiva, un’agenzia stampa con diffusione nazionale e almeno quattro professionisti o un periodico su scala nazionale con almeno sei professionisti) e quindi iniziare l’ iter che si potrà concludere in tre anni, oppure ancora frequentare un corso o una scuola di giornalismo in convenzione con l’Ordine;
invece l’aspirante pubblicista per ventiquattro mesi doveva svolgere collaborazioni retribuite regolarmente e continuative, cioè una media di almeno un articolo o un servizio pubblicato ogni mese, con un numero di pezzi firmati o siglati che varia in base agli Ordini regionali e interregionali, come varia la soglia minima di retribuzione e alcune modalità di accesso (in alcune regioni tra la documentazione da presentare c’è la semplice dichiarazione del direttore che attesta la collaborazione, mentre in altre c’è anche un elenco su carta intestata con i titoli degli articoli, o ancora un altro esempio è che nella regione Lazio bisogna sostenere una prova aggiuntiva che verifichi le conoscenze civiche e deontologiche degli aspiranti giornalisti).

COME SI DIVENTERA’ GIORNALISTI DOPO IL “SALVA ITALIA”.
Ad Agosto 2011 il governo Berlusconi varava il cosiddetto decreto “Salva Italia” (138/2011) http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2011;138 ) che contiene delle disposizioni per la “Riforma degli Ordini Professionali”, poi convertito in legge dal governo Monti (148/2011) http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2011-09-14;148 e poi ancora modificato dalla http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2011;183   “Legge di stabilità” (183/2011): dopo questi provvedimenti alcuni esponenti dell’Ordine paventavano la possibilità dell’abolizione dell’elenco dei pubblicisti (di cui si parla approfonditamente nel prossimo paragrafo). Subito dopo arrivano le dichiarazioni contro gli allarmismi del Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Enzo Iacopino, che nei giorni successivi incontra il Ministro della Giustizia insieme a tutti i rappresentanti dei vari Ordini: dopo l’incontro il Consiglio nazionale si è riunito per due giorni e ha approvato all’unanimità un progetto con le “linee guida” della riforma dell’Ordine da sottoporre al Ministro; in questo documento si spiega, sottolineando che i diritti acquisiti di chi è già iscritto non verranno toccati, che “l’accesso alla professione di giornalista dovrà avvenire attraverso l’esame di Stato. Per sostenere l’esame di Stato gli aspiranti giornalisti dovranno possedere una laurea e aver svolto un tirocinio di 18 mesi. Le forme di tirocinio saranno individuate in un regolamento e potranno essere: praticantato aziendale, frequenza master dell’Ordine, compiuta frequenza di corsi universitari specialistici post laurea in giornalismo, sistematica collaborazione equamente retribuita a testate giornalistiche.
A far data dall’entrata in vigore della riforma, chi avrà superato l’esame di Stato sceglierà se iscriversi nell’Elenco Professionisti o in quello Pubblicisti non possedendo il requisito dell’esclusività professionale. Chi ha già superato un esame di Stato per l’iscrizione ad un diverso Albo professionale e ha svolto il tirocinio giornalistico, può accedere direttamente all’Elenco Pubblicisti.”  
Poi si propone anche una nuova maniera per chi vorrà, fermo restando che i diritti acquisiti non si cancellano, diventare professionista essendo iscritto all’elenco dei pubblicisti, dopo l’entrata in vigore della riforma, con un apposito iter transitorio che dovrebbe durare cinque anni: “L’iter transitorio di accesso all’esame di Stato dovrà esaurirsi nell’arco massimo di un quinquennio e sarà regolato da precise norme, fermo restando che i pubblicisti non intenzionati ad avvalersi di tale normativa, restano iscritti all’Elenco di appartenenza. La normativa, tesa a garantire i diritti acquisiti, non interferisce con  i canali di accesso tradizionali: praticantato aziendale, riconoscimento d’ufficio, scuole di giornalismo, tutoraggio per i free-lance” e poi si spiegano i requisiti e le modalità di accesso al particolare esame di Stato che, insieme alle altre novità per la categoria contenute nelle linee guida approvate dall’ordine, si possono trovare a questo indirizzo http://www.odg.it/files/linee%20guida%20sulla%20riforma%20professionale.pdf : dalla formazione professionale obbligatoria basata su un sistema di crediti e corsi di aggiornamento, passando per le novità dal punto di vista disciplinare, fino alla deroga all’assicurazione obbligatoria richiesta con il paragrafo “Assicurazione” in cui si scrive: “L’assicurazione obbligatoria, per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, non è conforme alla specificità della professione giornalistica”.

COME E’ NATO L’EQUIVOCO SULL’ABOLIZIONE DELL’ELENCO DEI PUBBLICISTI?

Enzo Iacopino ha usato toni durissimi, bollando come “bufala” l’interpretazione della riforma dell’ordine professionale che aveva seminato il panico tra i pubblicisti e gli aspiranti, e che era stata diffusa anche da altri esponenti dell’Ordine.

“La riforma degli ordini professionali per il novanta percento non riguarda i giornalisti” e poi “nessuno ha parlato di abolire gli Ordini”. Queste frasi del Ministro della giustizia Paola Severino a cui fanno capo tutti gli Ordini, e riportate anche dal presidente del Consiglio nazionale dell’Odg Enzo Iacopino che l’ha incontrata insieme ai rappresentanti dei vari Ordini professionali, hanno scongiurato definitivamente la paventata abolizione dell’elenco dei pubblicisti, definita da Iacopino un’interpretazione “da orecchianti del diritto”, che prefigurava un contenzioso colossale e che aveva sparso il panico per l’intera categoria oltre a quelli che si apprestano a entrarci, come chi sta scrivendo questo articolo: secondo quello scenario ci sarebbero stati migliaia di ricorsi di quei pubblicisti che, se non avessero avuto il tempo e il reddito sufficiente per diventare professionisti, dopo anni di duro lavoro oltre che di quote e contributi versati, e sempre secondo le ipotesi peggiori, sarebbero potuti essere stati considerati rei di esercitare abusivamente la professione, quindi sarebbero saltati direttori e redattori magari scelti dopo anni di rapporti consolidati con gli editori e con i lettori, se non addirittura chiuse quelle testate dirette e rette da pubblicisti, e senza pensare al venir meno delle quote versate dai circa ventimila pubblicisti (la stima della fetta potenziale di pubblicisti “a rischio” su circa cinquantamila totali è ripresa da un articolo del membro del Consiglio nazionale dell’Odg Antonella Cardone che, insieme ad altri come l’ex Presidente dell’Ordine lombardo, Franco Abruzzo, aveva prospettato questo scenario come uno dei possibili e aveva invitato anche a diventare subito professionisti nel “post” pubblicato sulla pagina facebook intitolata “GIORNALISTI: LA VERITA’ VI PREGO SULL’ABOLIZIONE DELL’ELENCO DEI PUBBLICISTI”, che insieme a quella di “Solidarietà con i giornalisti precari” e altri agorà digitali aveva fatto partire un “tam tam” in rete).
A generare l’equivoco, come Iacopino ha spiegato a fine Dicembre e all’inizio di Gennaio con comunicati e interviste, è stata l’erronea lettura di un emendamento della “legge di stabilità” 183/2011 che corregge l’articolo 3 del decreto 138/2011 e la legge di conversione 148/2011, e che recita ” Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi di cui al comma 5, lettere da a) a g) sono abrogate (…) dalla data del 13 agosto 2012″. Infatti, precisa e argomenta il Presidente, che il non sostenere l’esame di Stato dei pubblicisti, mancanza che li porterebbe alla cancellazione secondo lo scenario per fortuna scongiurato e smentito, viene citato nel “cappello” del quinto comma dell’art 3 e non nelle lettere dalla “a” alla “g”, e quindi la normativa che regola l’elenco dei pubblicisti fino ad agosto 2012, salvo colpi di scena e possibili cadute di Monti, e salvo ipotetiche abolizioni che adesso non sono certo all’ordine del giorno, non deve essere abrogata perché non in contrasto con quanto citato successivamente. Inoltre, sempre secondo Iacopino che a tal proposito definisce l’interpretazione “inesistente”, anche il “cappello” del quinto comma che cita il comma 5 dell’art 33 della Costituzione non è in contrasto con la legge del ’63  http://www.odg.it/content/legge-n-691963   (che regola la professione giornalistica)  se il legislatore dell’epoca ha strutturato l’elenco dei pubblicisti in maniera tale che per questi non sia previsto l’esame di Stato.

Quindi i pubblicisti “di vecchia maniera” (anche quelli che lo diventeranno entro agosto 2012 e quelli che entro questa data non saranno diventati professionisti, o  quelli che non vorranno passare con le nuove modalità all’elenco dei professionisti) resteranno fino alla naturale estinzione del “sottogruppo”, magari fino al 2100 e oltre.

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