In ambito filosofico, il termine archetipo era usato nella tarda antichità ellenica per indicare l’idea platonica, cioè il modello originario (archétypon) delle forme di cui le cose sensibili sono mere copie (il termine platonico, in realtà, era paradeigma).
La teoria degli archetipi, sviluppata specialmente da Plotino e da Proclo, li intendeva come il materiale col quale Dio aveva creato il mondo delle idee e sul cui modello era poi stato formato il mondo sensibile. Per Sant’Agostino gli archetipi sono le modalità infinite nelle quali Dio pensa la natura divina o il Logos, e che sono i modelli delle cose create nonché la condizione della loro intellegibilità. Sant’Ambrogio, da parte sua, contrappone l’uomo come immagine a Dio come archetipo.
Diverso è il significato del termine nella psicologia analitica junghiana. Secondo questa, le manifestazioni dell’inconscio collettivo (che copre tutti i processi psichici che l’Io non riferisce a se stesso ma sperimenta nell’ambito della personslità come qualcosa di estraneo alla propria capacità di decisione) trovano il loro riferimento nel patrimonio storico-culturale di comunità più o meno ampie o dell’intera umanità. Esse si manifestano nei simboli onirici, nelle allucinazioni degli psicotici, nelle visioni dei mistici, nei miti, nei riti religiosi, nelle opere d’arte, e sono dette archetipi. Gli archetipi sono possibilità di rappresentazione, cioè disposizioni a riprodurre rappresentazioni tipiche, che corrispondono alle esperienze che l’umanità ha fatto durante il processo di sviluppo della coscienza. Si pongono, quindi, come momenti di sintesi dialettica tra l’inconscio e la coscienza. L’archetipo si manifesta nel simbolo che assume qui il significato di “accesso al sacro”, permettendo l’evolversi della coscienza umana: esso prospetta, attraverso qualcosa di analogo all’oggetto dell’istinto, una possibilità di sintesi dialettica tra natura e cultura. Il simbolo archetipico, poi, oltre a tematiche comuni a tutto il genere umano, ne offre anche di relative ai diversi organismi socio-culturali: sono quelle che strutturano i diversi miti nazionali, regionali e familiari che spiegano, dirigono e condizionano l’atteggiarsi dell’uomo nel mondo.
Ora, tra i vari simboli attraverso i quali si manifestano gli archetipi, ci sono anche i simboli astrologici (planetari e zodiacali). E’ lo stesso Jung a precisare che la mitologia astrale è la proiezione celeste della psicologia inconscia. E come ha osservato il grande astrologo francese André Barbault, “gli psicoanalisti sono colpiti dallo straordinario intreccio di fenomeni infantili nei gradi temi mitologici: ad ogni istante l’immaginazione infantile ricrea miti ancestrali e tutto avviene come se gli elementi dei simboli collettivi, sovrapponendosi agli elementi di associazione individuale, avessero bisogno di rivivere nell’esperienza di ogni essere umano. Qui ritroviamo la nozione junghiana di archetipi…”.
Anche il simbolismo astrologico è universale: ogni pianeta, di per sé, simboleggia la stessa cosa nei riguardi di tutti. Le sole a variare – dice Barbault – sono, in ogni momento, le proprietà estrinseche del pianeta, legate alla posizione sempre rinnovata dell’astro nello spazio. E i pianeti, come significatori universali corrispondono a sistemi simbolici che – è sempre Barbault – si sovrappongoo strettamente a quelli scoperti dalla psioanalisi. Così, ad esempio, il “sistema simbolico padre” risponde alla tradizione simbolica solare; e il “sistema simbolico madre” alla simbolica lunare. Il Sole, dunque, rivela l’archetipo paterno come la Luna manifesta quello materno. E ancora, in Saturno (che nel mito divora i suoi figli) si può vedere l’archetipo paterno inteso in senso negativo, il padre castratore; e in Giove (espansivo e vitale, ottimista) l’archetipo paterno positivo. E così ancora, l’amore in tutte le sue sfumature è ben rappresentato da Venere che, nei racconti mitici, si presenta in mille modi diversi, proprio come l’amore. E l’ostilità prende forma simbolica in Marte così come la ritrazione appare in analogia con Saturno. E via via il discorso può ampliarsi fino a ricomprendere i rapporti (aspetti) tra pianeti che diventano rapporti tra archetipi che si manifestano anche attraverso simboli astrologici. Abbiamo così, ad esempio, una dialettica Sole-Luna, una simbolica saturnina della nascita e del divezzamento, una simbolica gioviana dell’oralità soddisfatta ed una simbolica marziana legata allo stadio sado-orale; una dialettica Vergine-Scorpione che esprime lo stadio anale di freudiana memoria. E questo simbolismo, sottolinea ancora il Barbault, è il linguaggio attraverso il quale si esprime l’affettività: in fondo anche il cuore parla per simboli.