Si sente spesso parlare, dalle aule scolastiche ai talk in tv, del protocollo di Kyoto e del surriscaldamento globale: spesso però nessuno spiega, o ricorda, l’origine di questo accordo internazionale e i suoi obiettivi.
NAZIONI UNITE E CAMBIAMENTI CLIMATICI DAL ’95 A OGGI
Nel 1992 a Rio de Janeiro si tiene il primo incontro internazionale (“Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo” conosciuta anche come “Earth Summit”) sui problemi ambientali del pianeta: lo scalpore mediatico dell’evento è immediato anche se allora, come oggi, restano dubbi nella comunità scientifica sulle correlazioni tra surriscaldamento globale, cambiamenti climatici e attività antropiche. Sebbene queste correlazioni siano ancora delle ipotesi, viene approvato un documento, la “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”, con l’intento di ridurre le emissioni di anidride carbonica e gas serra. E proprio da questo documento nasce l’accordo noto come protocollo di Kyoto, che prende il nome dalla ex capitale giapponese in cui, nel ’97, il documento viene sottoscritto da circa centocinquanta nazioni. Però solo nel 2005 entra in vigore, quando anche la Russia lo firmerà.
Proprio quella Russia che insieme a Canada e Giappone si è tirata fuori dall’accordo un anno prima della scadenza, riuscendo così a evitare le sanzioni: lo scopo principale di “Kyoto” è quello di ridurre del 5% le emissioni globali rispetto a quelle del 1990, anno preso come riferimento, ma l’obiettivo è stato ampiamente disatteso se si considera che nel solo 2010 le emissioni sarebbero aumentate di circa il 10%.
I paesi che non rispettano l’accordo vanno incontro a delle sanzioni che, purtroppo, in molti casi si rivelano “virtuali”: in primis bisogna specificare che il protocollo di Kyoto non prevede sanzioni economiche dirette, cioè non prevede multe. Le sanzioni previste infatti stabiliscono ulteriori limitazioni sulla quantità delle emissioni e, per esempio, l’esclusione dal mercato dello scambio di emissioni (in pratica un mercato dove i paesi che vogliono inquinare di più possono trasferire ad altri, pagando, la quantità di emissioni che loro dovrebbero ridurre. Questo meccanismo, come l’altro previsto dal protocollo, chiamato “Meccanismo di sviluppo pulito”, è aspramente criticato dagli ecologisti in quanto rappresenta una mercificazione della possibilità di inquinare, mentre invece servirebbero interventi “a valle” delle politiche industriali).
Ci sono poi anche delle sanzioni economiche dirette, ma queste non sono direttamente connesse a Kyoto: solo i paesi europei che hanno aderito anche al “Burden Sharing Agreement” rischiano di pagarle e tra queste c’è anche l’Italia che, secondo differenti stime, potrebbe essere oggetto di una sanzione da parte dell’UE per una cifra che oscilla tra i 300 milioni di euro e i 3 miliardi di euro.
LE SANZIONI E LE “NORME CASSATE”
Intanto la stampa italiana le spara grosse su Kyoto: oltre alla poca chiarezza nello specificare che le possibili sanzioni per l’Italia non derivano direttamente dal protocollo firmato nella città nipponica, che come spiegato non prevede “multe”, è spuntata anche una fantomatica multa di 14 miliardi che il Canada avrebbe dovuto pagare se non si fosse ritirato, insieme a Russia e Giappone… In realtà, come ha spiegato il premier canadese, quei miliardi sono una stima di quanto il paese avrebbe perso se avesse subito le sanzioni “non” economicamente dirette.
Come accennato prima, e come si può approfondire nell’altro articolo sull’ultima COP 17 (il meeting ONU in cui si discute del riscaldamento globale) e sulla CMP 7 (quello in cui si confrontano i paesi che hanno aderito a Kyoto), che hanno avuto luogo a Durban, le sanzioni si rivelano virtuali, cosa che secondo gli ambientalisti si ripeterà anche con il nuovo accordo internazionale in cantiere, appellato “Kyoto 2” e di cui si parla nell’articolo correlato a questo.
E sono sempre gli ecologisti, con le associazioni ambientaliste più note, a denunciare la concretezza dei vari pericoli rappresentati dal cambiamento globale: in molte parti del Mondo sarebbero stati già stravolti interi ecosistemi, e si immaginano anche scenari di città sommerse in stile Atlantide per un futuro immediato, scenario “profetizzato” anche per una città come Venezia…
Ma non tutti la pensano così: secondo diversi scienziati e politici, come il parlamentare europeo del Pdl Sergio Berlato, i repentini cambiamenti climatici sono fenomeni naturali che si sono sempre verificati e non correlabili alle attività umane.
La Terra aspetta sia le evidenze della scienza che le decisioni dei “potenti”, dei rappresentanti di quasi tutti gli stati del Mondo: le prime attuazioni concrete del futuro “Kyoto 2” arriveranno solo nel 2020, forse quando la scienza troppo tardi ci dirà con precisione che quelle correlazioni tra cambiamenti climatici e attività dell’uomo esistono, o forse, si spera, quando la tecnologia e il sapere ci emanciperanno da metodi di produzione inquinanti, che comunque danneggiano l’ambiente indipendentemente dalle connessioni con fenomeni come lo scioglimento dei ghiacciai e, appunto, il riscaldamento globale.