“Non dimenticatevi che basterà una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in questione” diceva Simone de Beauvoir.
Per protesta contro la legge approvata dal Governo spagnolo Rajoy che impedisce di abortire se non in caso di stupro e gravi problemi di salute, le donne spagnole hanno organizzato sabato una grandissima marcia chiamata “El Tren de la Libertad” che ha trovato adesione nelle capitali di tutta Europa.
Una manifestazione per impedire un salto indietro nel medioevo.
La legge, che porta il nome del ministro della Giustizia Alberto Ruiz- Gallardòn, implica che interrompere la gravidanza nelle prime 14 settimane non sia più un diritto. Saranno solo i medici – secondo requisiti sempre più restrittivi – a dover decidere se il pericolo per la donna esiste. Né la presenza di malformazioni gravissime del feto sarà motivo di aborto. Le ragazze minori, dai 16 ai 17 anni, torneranno ad avere bisogno del permesso paterno per abortire. E, in caso di conflitti in famiglia, deciderà un giudice.
Tutti i professionisti che ruotano attorno all’intervento – dall’amministrativo all’infermiere – possono appellarsi all’obiezione di coscienza. L’aborto era un reato solo per il medico (fino a tre anni di carcere o sei mesi di sospensione).
Gallardón si è rallegrato di quest’ultima soluzione giacché le donne sarebbero appunto “vittime” dell’aborto.
Questa norma si chiamerà Legge di Protezione della Vita del Concepito e dei Diritti della Donna Incinta. La ratio sarebbe la protezione dei deboli e dei nascituri “ma sempre nell’interesse della donna e rispettando i suoi diritti”.
Questa tutela di diritti, decisa da uomini anziani, e da anti abortisti di destra e estrema destra si articola poi in una serie di difficoltà, permessi subordinati e condizioni in cui si leggono in controluce burocrazie e soprattutto intralci.
E, come è sempre stato, danni gravissimi per la salute della donna in caso di aborto clandestino.
La reazione delle donne spagnole si è fatta sentire lo scorso sabato 1 Febbraio. Partite in migliaia da tutta la provincia spagnola, si sono date appuntamento alla stazione di Atocha a Madrid chiedendo a gran voce le dimissioni di Gallardon. Ma lo slogan che ha attraversato l’Europa intera è stato “ Yo decido”. Io decido. Un sostegno è arrivato da tutte le parti. Chiamate in tutta Europa a solidarizzare, manifestazioni e sit in di associazioni femminili si sono svolte in particolare davanti alla ambasciate o ai consolati spagnoli. “Io decido” dunque. Passati quarant’anni, la parte più impressionante è la ripetitività dello slogan, che non suona più rivoluzionario ma un grido di resistenza sorda. E questa è l’impressione che si è avuta soprattutto durante il sit in davanti all’ambasciata spagnola presso la Santa Sede a Piazza Mignanelli a Roma. C’era il solito gruppetto di associazioni femminili, la Casa delle Donne, le solite militanti, molte delle quali nonne, a animare la protesta. E a mobilitarsi.
Dov’erano quelle di Se non ora quando? Dov’erano quelle che si alternano coi foglietti pieni di parole appassionate in difesa delle donne e del corpo delle donne nella piazza del Popolo quando è gremita per cacciare il vile puttaniere? Dov’erano le telecamere in assenza di vip? Ma soprattutto: dov’erano quelle che si candidano di qua e di là e che ogni elezioni chiedono i voti “in quanto donna”?
A Parigi dove la manifestazione è stata imponente la candidata sindaco Anne Hidalgo era in prima linea.
Il Parlamento europeo lo scorso dicembre ha bocciato in via definitiva il rapporto Estrela su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”. La risoluzione mirava a rendere l’aborto un diritto umano. E’ passata invece la risoluzione del PPE che rimette alla competenza degli Stati Membri “la formulazione e l’applicazione delle politiche in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nonché in materia di educazione sessuale nelle scuole ”.
La nuova risoluzione è passata grazie anche all’astensione degli eurodeputati del Pd come Patrizia Toia, Silvia Costa, David Sassoli, Mario Pirillo, Franco Frigo e Vittorio Prodi.
Si potrebbe replicare, che appunto, la nostra norma, la legge 194, è ancora in vigore in Italia. Salvo il fatto che ormai il 90% dei medici è obiettore di coscienza, che significa che è in corso una sorta di “ricatto” silenzioso, poiché vengono precluse le carriere ai medici in caso contrario.
“Sono ancora qui!” dice Edda Billi della Casa Internazionale delle donne: “Sono 43 anni di lotte. Sono sempre gli stessi slogan. Ho 80 anni e sto qua! Ma basta! Non ne posso più ! Dopo vent’anni di Berlusconi abbiamo fatto salti indietro. Lui s’è già rimesso il cerone, e è tornato al suo posto”.
La ginecologa Giovanna Scassellati responsabile della legge 194 presso l’ospedale romano San Camillo avverte: “Siamo qui in solidarietà delle donne spagnole, ma la situazione si sta facendo sempre più grave in Italia. Da noi, in ospedale, non viene più tutta una tipologia di donne benestanti. Dove vanno? La maggior parte dei miei colleghi sono “ obiettori” ma poi, come mi riferiscono, sono i primi che fanno gli aborti negli studi privati”.
Lo stesso allarme è di Maria Grazia Passuello dell’associazione femminile Solidea: “le spagnole stanno rivendicando la libertà di scelta della maternità, che con questa legge viene negata. Ma stiamo tornando indietro anche da noi. La situazione dell’aborto è a rischio, abbiamo avuto diverse situazioni a Roma e provincia in cui gli obiettori sono quelli che facevano aborti clandestini. Da domani dobbiamo cominciare a pensare quello che sta accadendo nel nostro paese.
Irene Giacobbe presidente dell’associazione Power and Gender aggiunge: “come sempre accade, appena i governi sono in difficoltà cominciano a legiferare sul corpo delle donne. Perché non si occupano dei giovani senza lavoro, di gente che ha bisogno davvero di diritti, di supporto..” . e poi riguardo ai finti obiettori : “ma anche loro, non sentono di subire delle violenze gravi se hanno le loro carriere intralciate in questo modo?”.
Pochissimi gli articoli e la risonanza mediatica rivolta all’argomento, nelle ore seguenti. Tutta l’attenzione era al portavoce dei Cinque Stelle che aveva scritto un twitt assolutamente indecente rivolto alla presidente della Camera Laura Boldrini. Questa non aveva fatto a sua volta assolutamente alcuna osservazione quando Dambruoso ha dato un ceffone alla onorevole pentastellata Lupo che, come ha commentato Francesco Merlo su Repubblica “ si agitava sotto lo scranno della presidenza come una lupa…”.
Perché stupirsi se la piazza a Roma era vuota?