Dopo le primarie del Pd, quelle invocate e mai realizzate del Pdl, anche il Movimento a 5 Stelle ha avuto le sue Parlamentarie . Alle 20.00 di giovedì 6 dicembre si sono chiuse infatti le urne “virtuali” del movimento di Grillo.
Elemento caratterizzante di queste “primarie” del M5S è quello di essersi svolte completamente “online”: gli iscritti al Movimento hanno potuto scegliere, direttamente dal computer di casa, i rappresentanti da inserire nelle liste per le prossime elezioni parlamentari. I possibili candidati al Senato ed alla Camera sono stati selezionati tra tutti coloro che si sono presentati alle passate elezioni comunali o regionali con il Movimento 5 Stelle e non sono stati eletti. Fin qui tutto bene: nonostante la decisione di candidare solo i “trombati” delle precedenti amministrative, la scelta di coinvolgere gli iscritti nella definizione delle liste è servita ad aggirare la rigida autarchia dei partiti favorita dal “Porcellum”, nella scelta dei candidati. Oggi Grillo canta vittoria ma i dubbi circa le sue Parlamentarie rimangono tutti. Dubbi, domande e polemiche, nati soprattutto all’interno dello stesso elettorato del Movimento.
Voto virtuale, polemiche reali
A dare inizio al “fuoco di fila” sulle consultazioni di Grillo e compagni è stata, nei giorni scorsi, Federica Salsi, eletta in Sicilia ma “scomunicata” da Grillo per la partecipazione alla trasmissione televisiva Ballarò, la quale ha chiesto conto, pubblicamente, dell’esclusione di alcuni candidati Bolognesi in possesso di tutti i requisiti richiesti. Altri interrogativi sono stati avanzati da Valentino Tavolozzi, consigliere regionale della prima ora, espulso dopo un diktat di Casaleggio ma ancora vicino al Movimento in Emilia Romagna. “Il Casaleggium”, secondo Tavolozzi, “ha stabilito chi sia candidabile, senza alcun confronto preventivo e ha impedito una partecipazione più ampia” tanto da far somigliare le Parlamentarie ad una consultazione parrocchiale. Candidature imposte comunque dal vertice, secondo Tavolozzi, e senza tenere in nessun conto l’esigenza di trasparenza e di partecipazione “dal basso”, da sempre nel Dna del Movimento a 5 Stelle.
In effetti gli interrogativi relativi alle modalità di voto e alla sua trasparenza si sono moltiplicati nei giorni delle votazioni sia all’interno che all’esterno del Movimento, fino a concretizzarsi in 20 domande, circolate sul web, a cui nessuno ha ancora dato risposta. Chi sono e come sono stati scelti gli amministratori del Portale? dove si trova il Server? Quali misure di sicurezza sono state adottate per garantire la correttezza del voto? E ancora: Quanti sono gli iscritti? I verbali dei risultati verranno resi pubblici? Sono solo alcune dei 20 interrogativi rivolti a Grillo dalla stessa “rete” che ne ha decretato la fortuna politica. La sensazione generale è che, al di là di alcuni problemi tecnici legati alla novità dell’iniziativa, le elezioni primarie del Movimento 5 Stelle siano state volutamente tenute sotto un controllo pressochè diretto da parte di Grillo, Casaleggio e del loro staff più ristretto, tant’è che sul sito del Movimento i riferimenti alle pratiche di controllo e validazione del voto sono molto vaghi.
In queste ore lo spoglio dei voti (condotto da non si sa chi), o meglio, la comunicazione unilaterale degli eletti da parte di Grillo ci sta mostrando chi saranno i rappresentanti del Movimento a 5 Stelle nel prossimo Parlamento. Nel frattempo rimangono gli interrogativi su un esperimento senz’altro interessante per le modalità innovative di voto ma che tuttavia non è riuscito a raggiungere gli standard di trasparenza e di correttezza che ogni elezione democratica deve rispettare per ritenersi veramente tale. Se infatti il voto online di Grillo e dei suoi è stato forse il primo tentativo di primarie di massa in Italia e in Europa, c’è da dire che le modalità secondo le quali si è svolto ricordano più da vicino il televoto di noti programmi televisivi nostrani piuttosto che una vera elezione democratica.
Alcuni video di presentazione dei candidati, circolati in questi giorni su youtube, sono risultati a dir poco esilaranti, contribuendo a stuzzicare l’ironia della rete e a dare l’impressione di trovarsi di fronte a una gigantesca Corrida (il programma Tv, non quella con i tori) per decidere chi debba avere l’accesso al Parlamento. Se da una parte quindi queste parlamentarie hanno rappresentato un gigantesco “televoto” online di massa, dall’altra hanno contribuito a sollevare non pochi dubbi sulla cosiddetta democrazia digitale o democrazia elettronica: un tema serio, che avrà sempre più rilevanza in futuro.
Democrazia digitale
A partire dagli anni ’90, con la diffusione di Internet come mezzo per la circolazione della conoscenza e come veicolo di contenuti sociali, si è diffusa la consapevolezza del ruolo della rete e delle nuove tecnologie nello sviluppo dei sistemi democratici. Con la sua struttura priva di gerarchie e di confini spaziali, infatti, la rete favorisce un coinvolgimento più informato e diretto dei cittadini nella gestione della cosa pubblica. Internet è dunque uno strumento che può sicuramente favorire la partecipazione politica e un coinvolgimento maggiore dell’opinione pubblica nelle decisioni dei governi e delle istituzioni, tuttavia non è la panacea di tutti i mali per i nostri sistemi democratici sempre più “sotto stress”. Uno degli interrogativi riguardo alla democrazia diretta della rete è, appunto, come riuscire a evitare manipolazioni del voto da parte di chi controlla il mezzo tecnologico. Il sistema di voto digitale può sicuramente riuscire a coinvolgere una platea di persone molto vasta, bypassandone la pigrizia. Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto :la possibilità di votare arriva direttamente sugli schermi del proprio Pc ma è necessario prestabilire delle procedure di voto il più possibile trasparenti e verificabili pubblicamente, proprio come avviene per il voto tradizionale.
In America, alle ultime elezioni politiche, in molti Stati si è votato con il voto elettronico nei seggi. Per molti organi di categoria in Italia come ad esempio per i giornalisti, le elezioni si svolgono già con il voto elettronico ma secondo un regolamento del tutto simile a qualsiasi votazione istituzionale…. a parte l’uso della carta, ovviamente. Senza alcun dubbio il risparmio economico per l’allestimento dei seggi è garantito. Ma risparmio non è di per sé sinonimo di democrazia. Nonostante Grillo, oggi, sostenga l’assoluta validità delle votazioni che ha svolto online con l’argomento dell’ “a costo zero”, i dubbi circa la trasparenza delle modalità di voto e scrutinio rimangono tutti. Quel che è certo è che per ora resta difficile ipotizzare un superamento definitivo delle tradizionali modalità di voto, soprattutto per la presenza di una vasta fascia di popolazione che ha ancora poca dimestichezza con i computer e con la rete. È altrettanto vero però che l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali avrà un ruolo sempre maggiore nell’esercizio del diritto di voto. È necessario perciò chiedersi quale può essere l’utilizzo migliore della rete in tal senso.
La Repubblica del televoto
Il maggiore coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni politiche, è certamente un elemento positivo, tuttavia può anche avere degli inconvenienti :anche in futuro sarà necessario adottare anche provvedimenti che non risultano immediatamente “popolari” pur essendo necessari. Una democrazia fondata su dei sondaggi online , una sorta di televoto digitale, rischierebbe di essere particolarmente manipolabile e influenzabile da ogni sorta di populismo, sempre pronto a “sedurre” l’elettorato, sia in modalità analogica che digitale. Una democrazia diretta basata esclusivamente sulla rete ed utilizzata come hanno fatto, fino ad ora, Grillo e i suoi, finirebbe per alimentare scelte dettate dall’emotività del momento piuttosto che da una riflessione ponderata: proprio come in un televoto. Senza contare la facilità con cui è possibile influenzare una votazione del genere. La democrazia si trasformerebbe in una serie di continui sondaggi online in cui il deus ex machina, chi comanda veramente, risulterebbe chi formula le alternativa fra cui poter scegliere. Il vertice dunque, non certo la base.
Il rischio è quello di ritrovarci un giorno, senza nemmeno accorgercene, in una democrazia sempre più simile ad una puntata di X Factor o ad un’edizione del Festival di Sanremo il cui esito, almeno nelle recenti edizioni, è stato facilmente influenzato (pilotato?) proprio attraverso il televoto. Finiremo per ritrovarci Maria De Filippi candidata premier? Speriamo di no, in fondo ne abbiamo già viste di tutti i colori in questi anni e forse può bastare…almeno per ora.