Mentre la Grecia vive uno dei momenti più bui della sua storia recente e gli altri Paesi del Vecchio continente, Spagna in testa, sono attraversati da proteste e tensioni sociali sempre più acute, la notizia arrivata stamattina, 12 ottobre, ha sorpreso un po’ tutti: il Premio Nobel per la pace 2012 è stato assegnato, all’unanimità, all’Unione Europea.
Il Comitato norvegese ha deciso di assegnare il Premio all’U.E. per il suo ruolo nei “progressi nella pace e nella riconciliazione”. “L’Unione e i suoi membri”, si legge nelle motivazioni della premiazione, “per oltre sei decenni hanno contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa”. Alle reazioni di soddisfazione e di orgoglio per il prestigioso riconoscimento, arrivate dai rappresentanti delle istituzioni Europee, si sono presto affiancate le perplessità di quanti riscontrano, proprio nelle istituzioni burocratiche ed economiche dell’ unione, le cause dell’attuale crisi sociale che attanaglia gli Stati europei. Ha senso attribuire il Nobel per la Pace ad un organismo sovranazionale che, secondo molti, sta “strangolando”, economicamente, i suoi cittadini?
Un Nobel meritato?
Alle prese con gli effetti della crisi dell’Euro e con il rigore imposto dalle istituzioni di Bruxelles, sono in molti oggi, in Italia e in Europa, a desiderare un passo indietro rispetto al processo di unificazione del Vecchio Continente, soprattutto per quanto riguarda la moneta unica: l’euro, percepito come una vera e propria gabbia per gli Stati e per i cittadini sempre più impoveriti. La percezione generale è quella di un’Europa incapace di agire, paralizzata da rigidi apparati burocratici e ostaggio di interessi economici egoistici che prevalgono sul benessere dei cittadini. Di fronte ai numerosi problemi e contraddizioni di un progetto politico ed economico che oggi mostra molti dei suoi limiti, i dubbi sull’assegnazione del Nobel appaiono più che giustificati, tuttavia, il Premio per la pace non poteva trovare miglior vincitore.
Come è stato ricordato, il periodo di pace seguito alla nascita dell’Unione Europea non ha precedenti nella storia del continente. Sessant’anni in cui la guerra, e tutte le sue nefaste conseguenze, hanno, finalmente, smesso di flagellare l’Europa. Un risultato mai raggiunto prima da nessuna costruzione politica, religiosa o economica : a nessuna generazione nata prima dell’avvento dell’Ue è mai stata risparmiata l’esperienza della guerra. Questo è un dato di fatto.
Una storia di guerre senza fine
Il nostro è un continente nel quale popoli di etnia e cultura diversa si sono incontrati, mescolati e scontrati per secoli: lo stato di guerra è stato sempre la normalità, una condizione quasi permanente, intervallata da brevi periodi di pace instabile e poco durevole. Se si guarda alla storia dunque il livello di integrazione dei popoli europei raggiunto con la nascita dell’U.E. è il più alto dai tempi di Carlo Magno, vero precursore dell’Europa unita, che oltre alla moneta unica (dominica moneta), introdusse un sistema di pesi e misure comune a tutto il Sacro Romano Impero e un codice civile e penale comune. Dopo la fine dell’Impero di Carlo, l’Europa conosce i secoli del feudalesimo e della frammentazione del potere in cui le forze universalistiche, come la Chiesa e l’Impero ingaggiano una lotta senza quartiere fra di loro e contro i poteri locali: nessuno riuscirà a prevalere e la frammentazione del potere continuerà a causare guerre e morti sul continente fino all’avvento di nuovi protagonisti della storia: gli Stati territoriali. Ma l’equilibrio delle potenze in Europa non regge mai per più di quarant’anni e alle guerre dinastiche ben presto si mescolano le guerre di religione, frutto di una nuova frattura tutta interna, questa volta, alla chiesa: protestanti da una parte e cattolici dall’altra insanguinano l’Europa per secoli combattendo in nome di una diversa visione della fede.
Una tragedia umanitaria che tocca le vette più drammatiche con la Guerra dei Trent’anni, dal 1618 al 1648, che porta con se la peste e la distruzione su tutto il continente per tre decenni. Alcuni paesi teatro del conflitto, come la Germania, ne escono con la popolazione dimezzata. Finite le guerre di religione ben presto subentrano quelle fra gli Stati nazionali, nuovi protagonisti della storia: le guerre di successione del XVIII secolo coinvolgono nuovamente quasi tutti i Paesi del Vecchio Continente. Neanche le rivoluzioni tecnologiche e politiche della seconda metà del XVIII sec. Riescono a portare la pace: l’800 si apre con il nefasto tentativo di egemonia imperiale di Napoleone. La lotta fra le forze conservatrici della restaurazione e le nuove istanze di unità nazionale e di uguaglianza durano per tutto il XIX sec. La Francia e la Germania in particolare, si scontrano senza tregua, animate da un lungo odio reciproco che arriverà fino ai due tragici conflitti mondiali. Non è un caso se la Seconda Guerra mondiale è da molti considerata come il “suicidio” politico, sociale ed economico dell’Europa.
La nascita dell’U.E.
Dopo aver toccato uno dei punti più bassi della sua storia, l’Europa esce dal secondo conflitto mondiale nel 1945 completamente annientata. La necessità di impedire il ripetersi di catastrofi come quelle della prima metà del secolo è ben chiara: nonostante una storia fatta di diversità inconciliabili e di scontri sanguinosi l’Europa decide di tentare la via dell’integrazione. Nel 1951 per evitare di rivivere gli errori del passato e creare le condizioni per una pace duratura, Jean Monnet, Robert Schuman (ministro degli Affari esteri francese) e Konrad Adenauer (cancelliere tedesco) mettono a punto il Piano Schuman secondo il quale i paesi europei si impegnano a stabilire una politica comune per il mercato del carbone e dell’acciaio. Aderiscono Francia, Germania, dall’Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo: nasce la C.E.C.A. (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) e con essa il primo nucleo dell’U.E. Nel 1957 i 6 Paesi fondatori danno vita, con i Trattati di Roma, alla Comunità Economica Europea (CEE). Da questo momento in poi il numero di paesi europei che aderiscono al progetto comunitario inizia a lievitare passando dai 6 iniziali fino agli attuali 27. Nel 1998 nasce l’Euro che inizierà circolare, fra i paesi aderenti alla moneta unica (Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Grecia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna), nel 2002.
Nei dieci anni seguiti all’introduzione della moneta unica, l’Unione ha compiuto pochi passi avanti sulla strada di una vera unificazione politica. Gli interessi, spesso contrastanti, dei singoli Stati, e la paura di abdicare a buona parte del sovranità nazionale in favore della nuova entità sovrastatale, ha paralizzato l’iniziativa politica trasformando l’U.E. in un apparato burocratico pesante e spesso tutt’altro che funzionale. Lo stallo politico oggi è più evidente che mai: di fronte alla più grave crisi della sua storia l’Europa unita sembra incapace di reagire adeguatamente, divisa fra concezioni economiche, politiche e sociali spesso diametralmente opposte.
Il ruolo dell’Europa nel mondo di oggi
La risposta a questa nuova sfida non può essere però lo sfascio del progetto europeo e il ritorno ai vecchi Stati nazionali: gli esiti sarebbero altrettanto nefasti di quelli che ci mostra la Storia. L’unione economica ha fino ad ora garantito pace, benessere e sviluppo economico a tutti i paesi che hanno deciso di aderirvi, ma è chiaro che da sola non può più bastare. È necessario rintracciare le radici comuni dell’idea di Europa, consapevoli che esse affondano nella diversità e nel confronto/scontro fra culture e sensibilità opposte, piuttosto che in un monolitico sistema di valori comuni. Nata dalla fusione delle radici latine con l’elemento germanico, l’Europa ha avuto come collante, per molti secoli il Cristianesimo al quale si è affiancata, più di recente la ragione illuminista. Tutti fattori in contrasto fra loro come per lungo tempo lo sono stati i popoli europei. Tuttavia proprio dalla ricerca dell’equilibrio fra le sue diversità l’Europa ha sempre tratto la propria forza, riuscendo a dare risposte unitarie alle sfide della Storia. Se oggi l’Unione Europea rimane, nonostante tutto, un faro di civiltà e di pace per il mondo intero, il merito è soprattutto della scelta unitaria. Un mondo diviso fra estremismo islamico da una parte e l’imperialismo americano (e non solo) dall’altra, ha più che mai bisogno dell’Europa unita e dei valori di pace e di civiltà di cui è portatrice.