Dopo aver parlato delle diverse tipologie di manipolazione mentale, e aver dato qualche indicazione per sfuggirvi non resta che parlare delle tecniche per non persuadere.
Come già accennato nell’articolo precedente (correlato a questo) può capitare, e presumibilmente più volte di quello che pensiamo, che ci ritroviamo proprio noi dalla parte del persuasore, probabilmente senza rendercene conto. Ogni volta che parliamo con qualcuno cerchiamo in qualche modo di convincerlo della nostra opinione, di persuaderlo delle nostre idee.
Allora come fare ad evitare di “plagiare” coloro che amiamo per lasciare che pensino con la loro testa (e che non abbiano un perpetuo esempio di tentativi di plagio) limitandoci al ruolo di consiglieri piuttosto che di manipolatori?
Ecco allora qualche consiglio per trasformare le espressioni delle nostre idee in scambi di vedute e per evitare di usare, non intenzionalmente, sotterfugi manipolatori.
Rispettare gli altri e credere in loro
La prima regola che può aiutarci ad evitare di persuadere o plagiare chi ci è di fronte è quella di credere in lui e interessarci realmente alla sua persona e a quello che ha da dirci, rispettando le sue idee senza pretendere che sia per forza d’accordo con quello che pensiamo noi. Ognuno ha le sue opinioni e non vi è certezza di dove vi sia la verità.
Rispettare l’altro non vuol dire peccare di falsità, se abbiamo da dire la nostra e ciò significa criticare l’altro è giusto farlo, purché sia una critica costruttiva e rispettosa.
Mentre esponiamo le nostre opinioni sarebbe giusto che le giustificazioni utilizzate siano reali e non retoriche, inoltre dovremmo stare attenti al peso di certe parole, in particolare stare attenti al peso che hanno le etichette.
Scorretto è anche cercare di coinvolgere persone che abbiano il nostro stesso punto di vista unicamente per fare numero: potrebbe essere sintomo di poca convinzione da parte nostra e di modalità persuasorie utili solo per far leva sulla via periferica, in quanto la maggioranza non può giustificare realmente la nostra opinione. Oltretutto coinvolgere gli altri a volte può voler dire sbandierare ai quattro venti fatti privati: non possiamo sapere cosa consideri intimo la persona a noi di fronte e non rispettare la sua privacy è profondamente sbagliato: far vergognare una persona (magari di quello che pensa) non è un onesto modo per convincerla delle nostre idee.
Le confidenze altrui possono conferirci il potere di giocare con le emozioni degli altri, ma fare questo nel tentativo di persuaderli rischia di trasformarci in persone meschine. Del resto, potremmo proporre un motto: dimmi che tecnica persuasiva usi e ti dirò chi sei o chi diventerai. Quindi attenzione a non cadere in questo vile gioco: giocare con le emozioni è sempre sbagliato, ma farlo per persuadere fa diventare il gioco un passatempo meschino!
Un’altra tecnica della via periferica da evitare è quella di urlare o di parlare a raffica per non dare spazio ai ragionamenti dell’altro: bisognerebbe rispettare anche i momenti di riflessione dell’altra persona, nonché provare ad averne noi stessi. Chissà che l’altro non abbia ragione.
Molto corretto è invece cercare di ragionare insieme provando a valutare diverse argomentazioni sia favorevoli che contrarie alla propria tesi: nascondere informazioni è sbagliato, non solo per il nostro interlocutore, ma anche per noi stessi. Qual è il motivo per cui le stiamo nascondendo? Se non abbiamo tesi a confutazione dovremmo riguardare anche il nostro pensiero, o almeno dovremmo riconsiderare la possibilità che sia effettivamente opinabile.
Chiedere non deve essere ottenere
Spesso non vogliamo convincere qualcuno delle nostre idee, ma vogliamo che faccia qualcosa, forse perché siamo convinti che sia giusto che faccia quella determinata cosa.
La prima cosa che dovremmo tenere in mente è che nessuno ci deve niente, qualsiasi cosa noi abbiamo fatto, si presume che l’abbiamo fatta perché ci faceva piacere, niente ci giustifica a richiedere il riscatto del nostro gesto: se qualcuno regala qualcosa è di certo buona educazione contraccambiare il dono, ma non vi è nessun obbligo. Oltretutto sarebbe sbagliato fare doni per averne in cambio, così come è sbagliato far in modo che qualcuno si trovi nella condizione di riconoscenza obbligata, proprio come è sbagliato mettere qualcuno nella condizione di dipendenza. Ovviamente se il gesto per sua natura prevede un saldo del debito è normale che questo debba essere saldato, per fare un esempio: se mi hanno prestato dei soldi è ovvio che li debba restituire, ma questo non vuol dire che sono obbligato a fare un ulteriore favore aggiuntivo al credito restituito.
Se vogliamo che qualcuno faccia qualcosa, sarebbe onesto da parte nostra dirgli direttamente cosa vorremmo che facesse e chiedergli se sia anche lui d’accordo in modo che scelga se farlo oppure no. Procedere per piccoli passi nella nostra richiesta, o chiedere molto di più per ottenere in realtà di meno è sicuramente un disonesto sotterfugio manipolatorio.
Ottimizzare l’educazione
Abbiamo già visto nei diversi articoli come educare possa essere sinonimo di persuasione fino ad arrivare, nei casi più estremi, al plagio.
Per indirizzare i propri figli qualche tecnica persuasiva è sempre d’uso soprattutto in omaggio alla regola della saggezza popolare del colpo al cerchio e del colpo alla botte. Ma per evitare di mettere in atto una persuasione che blocchi lo sviluppo dell’individualità della persona e soprattutto per evitare che dalla persuasione si passi ad un invalidante plagio, sarebbe bene rispettare alcuni accorgimenti.
Ad esempio non basare la propria educazione sul dosaggio di punizioni e premi, altrimenti si rischia di perdere ciò che veramente è importante sostituendolo con il suo effetto finale secondario: studiare è importante perché ci aiuta a crescere e a crearci un nostro pensiero e perché è utile per il nostro futuro, non perché si viene puniti o premiati. Ma è anche vero che all’inizio può essere d’aiuto ricorrere a questi sotterfugi, l’importante è eliminarli progressivamente così che prenda spazio il vero insegnamento che si vorrebbe fare arrivare.
Bisogna inoltre lasciare che il proprio figlio sbagli da solo, non dobbiamo cercare di fargli evitare gli errori che sono importantissimi per la sua crescita. Questo vuol dire che non dobbiamo neanche sorvegliarlo da lontano così da intervenire prontamente ad ogni suo errore: lasciate che nelle situazioni della vita imparino a vedersela sempre più da soli.
A volte basterebbe pensare che non dobbiamo far credere a nostro figlio che siamo dio, in quanto non lo siamo,e a volte è lui che ha molto da insegnare a noi!
Paladini della giustizia
Il buon senso ci dice che forse non è sbagliato usare la persuasione quando il suo obiettivo è fare del bene, ma fino a che punto possiamo ritenerci detentori di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato per gli altri?
Quando in gioco vi è la nostra umanità ognuno diviene giudice di se stesso, e ognuno dovrebbe assumere il comportamento che in coscienza crede sia più corretto. Ad esempio: è giusto o sbagliato provare a convincere qualcuno a vendere i propri beni per curare la moglie malata, a non picchiare suo figlio, a portare un gattino trovato per la strada dal veterinario rinunciando ad un impegno importante. Ciascuno, nella propria autonomia individuale, può giudicare fin quanto sia giusto spingersi nell’esortazione.
Ma per quanto riguarda altre questioni dove la nostra umanità non è messa in gioco, per comprendere dove finisce la morale e inizi la pretensione o la convenienza, forse potremmo ottenere validi aiuti nel domandarci se crediamo realmente nel messaggio che stiamo cercando di far accettare agli altri. Ad esempio sono realmente convinto che questa sia la cosa più giusta da fare? O se siamo pronti ad accettare come giusto un messaggio che stiamo predicando agli altri, senza essere buoni predicatori che razzolano male! A volte per essere sicuri dell’onestà delle nostre intenzioni non dobbiamo trarne nessun guadagno.
Buona regola generale è non insistere troppo con il nostro tentativo di imporre un messaggio, soprattutto se questo per essere accettato tenda a cambiare la natura delle persone: dobbiamo dare a tutti il diritto di essere quello che hanno scelto di essere, anche se questo volesse dire sbagliare (secondo la nostra idea di errore).
Da quest’ultimo punto possiamo trarre un ulteriore consiglio per i genitori: non insistere nel tentativo di convincere i propri figli a intraprendere un determinato percorso. E’ vero che potremmo credere ciecamente che quello sia il percorso ideale ma questa convizione è spesso viziata dal fatto che avremmo voluto noi intraprendere quella strada. La cosa migliore con i figli sarebbe quella di indicare sì una via possibile, ma che sia ampia come un viale con tante diramazioni nel quale è possibile anche fare inversione. Sbagliato è invece indicare un strada simile ad un vicolo, spesso a senso unico.
Infine si può sostenere che il fine non sempre giustifica i mezzi, ma certo è che il fine che si vuole ottenere è molto importante per valutare se ci possa essere o meno questa giustificazione.
Lavaggio del cervello o giustificazione
A questo punto, per finire, mi sembra giusto introdurre una riflessione. Spesso gli individui, o anche i gruppi di persone, compiono scelte o azioni che non comprendiamo: sbagliato sarebbe giustificare ogni azione per noi incomprensibile con la manipolazione mentale. Ma anche se questa manipolazione fosse effettivamente avvenuta, probabilmente il soggetto ha avuto la possibilità di scegliere se farsi condizionare o meno. Spesso è comodo seguire un leader, oppure deresponsabilizzare le proprie azioni perché guidate da altri: noi non siamo bambini né prigionieri.
E ora che, dopo questi articoli, abbiamo un’arma in più per sfuggire alla manipolazione mentale, non abbiamo più alcuna giustificazione se non il nostro desiderio di farci guidare da altri: in questo caso la scelta è solo nostra Così come siamo legittimati a pretendere che gli altri non si immischino nelle nostre decisioni, allo stesso modo dobbiamo essere coscienti dell’unica responsabilità: la nostra!