In tempo di tagli alla spesa pubblica, una misura ragionevole di austerity può essere diminuire il numero dei parlamentari. Il Primo Ministro inglese David Cameron e il suo vice Nick Clegg ci hanno provato qualche settimana fa, ma sono stati costretti a ritirare la proposta di fronte alla defezione di centinaio di deputati conservatori che avevano annunciato il loro voto contrario. Pertanto, nonostante l’appoggio dei laburisti (partito d’opposizione), mancavano di fatto i numeri al già fragile governo di Cameron per riformare la storica e controversa House of Lords.
Nella sua formazione la House of Lords rappresenta quasi un anacronismo, ancora legata al disegno originale del 1295 di proto-parlamento medievale, composto da aristocratici e ecclesiasti. I suoi membri (detti peers, cioè i Pari del regno) a tutt’oggi non sono eletti dai cittadini: 92 su 788 ha ereditato un seggio in virtù del proprio lignaggio aristocratico e altri 26 sono vescovi, che siedono alla Camera alta in qualità di rappresentanti della Chiesa anglicana. I restanti sono nominati dai partiti. Il ruolo della House of Lords è altamente rappresentativo poiché le decisioni sono di fatto prese nella Camera bassa, la House of Commons, e dai suoi 650 deputati eletti democraticamente. Questi percepiscono uno stipendio lordo di 6350 euro, con diaria massima di 1500; i lords, invece, sono pagati in base al numero di presenze, fra sedute della Camera e convocazioni di comitati di varia natura, il che fa lievitare il suo costo. Già il 17 maggio 2011, Nick Clegg aveva parlato di una possibile riduzione a 300 membri per la House of Commons. L’attenzione del governo si era poi spostata sulla House of Lords, la cui scarsa democraticità era stata al centro del dibattito elettorale: il decreto presentato all’inizio di giugno proponeva la riduzione a 60 dei seggi ereditari, a 12 di quelli vescovili, l’introduzione di un meccanismo di elezione diretta per i restanti membri e l’istituzione di uno stipendio fisso da 50 mila sterline l’anno. Riforma, come abbiamo detto, finita nel cestino a causa dell’opposizione dello stesso partito di Cameron.
Regno unito batte Usa e Cina
Complessivamente il Regno Unito conta 1383 parlamentari: un’esagerazione, se confrontati con i 535 del Congresso degli Stati Uniti (circa 300 milioni di abitanti) e con i 2987 del Congresso Nazionale del Popolo Cinese (più di un miliardo di abitanti). A ben guardare, però, negli Stati Uniti ogni stato federale possiede e mantiene il proprio parlamento bicamerale, il che fa lievitare il numero di parlamentari presenti sul territorio a quasi 8000, e la Cina non può certo essere assunta a modello di democrazia… Nonostante gli stipendi d’oro, i benefits concessi ai parlamentari inglesi sono più contenuti che altrove: nella diaria è compreso il bonus per l’alloggio, i viaggi sono rimborsabili solo se effettuati in classe economica e quelli su taxi solo dalle ore 23 in poi. Il vitalizio, tra i più bassi in Europa, viene percepito dopo i 65 anni e va da un minimo di 530 euro lordi per un solo mandato ad un massimo di 794 euro lordi. Finanziamenti diretti sono concessi solo ai partiti di opposizione per compensare i vantaggi che la maggioranza trae dall’essere al governo. Incidono in maniera più pesante i sussidi indiretti, come la concessione di spazi televisivi e radiofonici durante la campagna elettorale e la legislatura.
Uno dei motivi per cui il ridimensionamento della House of Lords è fallito pare sia stato il disinteressamento degli stessi cittadini: a detta del suo principale promotore, Nick Cregg, « la maggior parte degli inglesi non è granché interessata al tema di una riforma della Camera dei lord».
Italia, e le stelle stanno a guardare…
In Italia invece la questione è ben presente nel dibattito civile: dopo la battuta d’arresto della riforma del numero dei parlamentari, in questi giorni si raccolgono le firme per proporre un referendum sull’abolizione della diaria, di cui ha già parlato la settimana scorsa proprio su Golem il direttore Roberto Ormanni (https://www.goleminformazione.it/commenti/referendum-anticasta-indennita-parlamentari.html). Nel resto della zona euro, un po’ per questioni di bilancio, un po’ sotto la pressione dell’opinione pubblica, quasi tutti i governi sono intervenuti sulle remunerazioni e le agevolazioni previste per i parlamentari.
Ai parlamentari francesi stipendi ridotti del 30 per cento
È il caso della Francia: appena insediatosi a maggio scorso, il Presidente François Hollande ha emanato un decreto che ha ridotto del 30 per cento gli stipendi del capo dello Stato, del primo ministro e dei membri del governo, seguito a poca distanza da un secondo che ha stabilito un tetto massimo alle remunerazioni dei dirigenti del settore pubblico. Presidente e amministratore delegato di un’azienda pubblica non potranno guadagnare più di venti volte del dipendente meno pagato.
Sul piano dell’architettura politica, invece, il precedente governo Sarkozy era intervenuto in maniera estensiva, aumentando il numero di senatori ma riducendone il mandato da 9 a 6 anni. Il sistema francese è basato su due organi, l’ Assemblea Nazionale, 577 deputati eletti democraticamente, e sul Senato, 346 membri eletti a suffragio indiretto tra sindaci, consiglieri comunali, delegati dei consigli comunali, consiglieri regionali e deputati. Per entrambi l’indennità lorda è di 7.100 euro, senza diaria o rimborso soggiorno. I parlamentari francesi possono viaggiano gratis in treno ma hanno a disposizione un numero stabilito di spostamenti in aereo: 40 viaggi fra il proprio collegio e Parigi e 6 verso tutte le altre destinazioni. Il vitalizio è ben più alto di quello corrisposto ai colleghi d’oltremanica: 1200 euro per un mandato, 2400 euro per due.
Spagna, la trasparenza dai tempi di Zapatero e i tagli di Rajoy
Più limitato Les Cortes Generales, il parlamento in forma bicamerale spagnolo, composto da un Congresso dei deputati e da un Senato: conta in tutto 614 membri. Lo stipendio medio è di 4.630 mensili e, grazie al precedente governo, sono anche disponibili su internet i redditi di deputati, senatori e membri del governo. Zapatero per esempio, nel 2010, quando era ancora premier in carica, ha dichiarato 142.467 euro, di cui 67.427 euro guadagnati come capo dell’esecutivo e 75.040 euro come deputato presidente del suo partito. Le cose però si apprestano a cambiare.
La riforma presentata al Parlmento questa settimana dal premier Mariano Rajoy, messo alle strette dalle richieste di garanzia dell’Unione Europea, impegnata nel salvataggio delle banche spagnole, include il taglio delle tredicesime per il 2012 a parlamentari, impiegati e alte cariche dell’amministrazione pubblica, la riduzione fino al 30% dei consiglieri degli enti locali, nonché la diminuzione delle indennità dei sindaci. Anche la Casa Reale si è decurtata lo stipendio del 7,1%, la stessa percentuale sottratta ai funzionari con il taglio della tredicesima, poiché il Re è anche il Capo dello Stato. Stretta anche sul finanziamento ai partiti, che riceveranno il 20 per cento in meno di sovvenzioni.
Grecia, la crisi e i 49 ministri
I greci continuano invece a non fare troppa economia. Il parlamento monocamerale è composto da 300 deputati che guadagnano, nonostante la riduzione dell’indennità per un 5% operata lo scorso anno, tra i 6 e 7 mila euro mensili. Ad aprile, il parlamento ha votato favorevolmente per l’erogazione di un finanziamento di 29 milioni di euro ai cinque maggiori partiti impegnati nelle elezioni di maggio, una decisione che ha lasciato interdetti gli osservatori. Guy Verhofstadt, leader del gruppo dei liberali e democratici al Parlamento europeo ed ex premier belga, ha addirittura scritto al presidente della Commissione europea José Barroso per denunciare i costi altissimi della politica in Grecia: “i partiti- si legge nella lettera- come sanguisughe si stanno appropriando di milioni di euro pagati dai contribuenti”. In una seconda lettera indirizzata a Barroso, Verhofstadt è entrato nello specifico proponendo una serie di misure per la riduzione di questi costi, che potrebbero far risparmiare 300 milioni di euro: ulteriore riduzione degli stipendi dei parlamentari greci, taglio degli «altissimi» costi di gestione del governo (ben 49 ministri), taglio delle auto blu parlamentari, vendita di uno se non di tutti e tre gli aerei di stato a disposizione dei ministri, parificazione degli stipendi «di giudici, diplomatici, alti funzionari e quadri pubblici» ai livelli del settore privato, riduzione dei contributi ai partiti e delle spese del governo per l’acquisto di spazi pubblicitari sui giornali.
Portogallo, stipendi parlamentari di 2.400 euro mensili
Più oculato il Portogallo, altro Paese sotto la stretta osservazione della cosiddetta Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale), che ha votato verso la fine di marzo tagli agli stipendi dei parlamentari. I 250 membri dell’Assemblea della Repubblica percepiranno senza distinzione 2.400 euro al mese. Il Tribunale Costituzionale portoghese ha invece dichiarato illegittimo il taglio della tredicesima e quattordicesima per i dipendenti pubblici, per una questione di uguaglianza: secondo la sentenza, “i sacrifici non possono essere confinati” solo ai funzionari pubblici. Al governo di Pedro Passos Coelho non resta che imporre una tassa anche ai dipendenti privati e condannarsi a perdere le prossime elezioni.
Germania, vitalizi contenuti, stipendi ministeriali in rialzo
Chi invece può concedersi di sperperare è la Germania. Il parlamento federale tedesco, il Bundestag, è composto da 622 deputati che percepiscono 7.668 euro lordi di indennità, possono viaggiare gratis su treni e aerei nel territorio nazionale (ma solo nell’esercizio delle funzioni e in classe economica), hanno a disposizione un ufficio già ammobiliato e 1.000 euro mensili per gestirlo. Il vitalizio invece è relativamente basso: arriva solo a 67 anni ed ammonta a 961 euro lordi per 5 anni di mandato, 1.917 per dieci. Il finanziamento pubblico complessivo ai partiti non può superare per legge i 133 milioni di euro.
Nel 2011, per la prima volta dal 2000, le retribuzioni dei membri del governo tedesco sono state sensibilmente aumentate (5.7% in più). Lo stipendio del Cancelliere Angela Merkel, attualmente di 16.152 euro netti al mese, crescerà di 930 euro mensili, mentre i ministri riceveranno un aumento fino a 750 euro mensili e arriveranno a guadagnare 13.795 euro al mese. L’aumento si era reso quasi necessario, dato che in sua assenza alcuni dipendenti pubblici sarebbero arrivati a guadagnare più dei ministri. La retribuzione dei membri del governo è legata per legge a quella dei funzionari statali ma il parlamento tedesco, su pressione dell’opinione pubblica, aveva rifiutato in diversi casi la messa in linea degli stipendi dell’esecutivo.