“Mi piaceva lavorare con il papero, perché potevo riempirlo di botte, fargli male, farlo cadere da un precipizio. Mi divertivo un sacco con Paperino. Con Topolino sarebbe stato un po’ pericoloso, perché Topolino deve sempre aver ragione. Col papero avevo un personaggio comico e potevo trattarlo male e prendermi gioco di lui”. Così Carl Barks rispondeva, negli anni Settanta, alla domanda di un giornalista sul suo rapporto con Donald Fauntleroy Duck, Donald Duck per gli amici.

Barks, il Maestro dell’Oregon, ha vissuto per 22 anni con Paperino, dall’aprile del 1944, quando scrive e disegna la prima avventurosa storia a fumetti di Donald Duck, Paperino e l’Oro del Pirata, al 1966 anno in cui, anche se ormai in pensione, si lasciò convincere dal caporedattore della Western Printing, licenziataria Disney per gli albi a fumetti, a disegnare un’ultima storia dei paperi: Paperina la Magnifica Temeraria.
E’ grazie al grande Carl che Paperino è definitivamente entrato nella storia. Il pubblico, quello delle sale cinematografiche, lo aveva conosciuto per la prima volta il 9 giugno del 1934 quando Donald Duck fu “scritturato” dagli animatori delle Silly Symphonies per interpretare il vicepresidente del Circolo dei Pigri (il presidente è Meo Porcello) nel cortometraggio La Gallinella Saggia.
Il copione concedeva a Paperino poche battute ma sufficienti a tratteggiarne le maggiori virtù: irascibile e fannullone.

Ma quel 9 giugno, a cinema, Paperino aveva già 14 anni. Ne è certo il disegnatore Don Rosa, il filologo dei paperi più famoso del mondo, l’uomo grazie al quale è stata ricostruita tutta le genealogia della sterminata famiglia Duck.
Paperino è nato il 9 giugno 1920 da Ortensia de’ Paperoni, sorella del più noto Paperon de’ Paperoni, e da Quackmore Duck, figlio di Nonna Papera.
Dunque in questi giorni festeggia 80 anni di “lavoro” (altro che riforma Fornero), ma le candeline sulla torta di compleanno sono 94.
E con lui, a brindare, ci sarà la sua sorella gemella, Della Duck, che il 17 ottobre del 1937 gli ha lasciato tre paperotti, nati da poco ma grandi abbastanza per combinare guai a ripetizione, davanti alla porta di casa. Un laconico biglietto comunica a Paperino che dovrà prendersi cura per qualche tempo dei tre piccoli: Qui, Quo e Qua.
Ma il tempo nei fumetti non esiste e così pochi giorni sono diventati, ad oggi, 77 anni.
D’altronde, bisogna capirla, Della: è il primo esempio di ragazza madre, per giunta minorenne, della storia del fumetto. Nemmeno il filologo Don Rosa è riuscito a scovare il padre di Qui, Quo e Qua. Gemella di Paperino, è nata anche lei il 9 giugno del 1920 e a 17 anni è davvero difficile badare, da sola, a tre paperi pestiferi.

In quegli anni il carattere di Paperino, dispettoso, vendicativo e opportunista, andava bene per le gag animate e per le strisce autoconclusive destinate ai giornali quotidiani. Sarà Carl Barks, dieci anni dopo, a formarlo rendendolo capace di interpretare storie avventurose, romantiche, esotiche e indimenticabili.
Tuttavia le potenzialità di Paperino non erano sfuggite a Walt Disney e al suo staff quando lo videro in azione per la prima volta quel 9 giugno 1934 nella Silly La Gallinella Saggia.
D’altra parte, le sillies erano una palestra di talenti.

Le Silly Symphonies nascono nel 1929 per volontà di Disney che teme di restare troppo vincolato a Topolino, il cui successo rischia di assorbire totalmente gli studi, salvo poi a lasciarli senza lavoro quando il personaggio – e Disney sa che questo è inevitabile – comincerà a piacere di meno. Le Sinfonie Allegre, inoltre, costituiscono la prima vera testa di ponte che Disney getta per collegare il cinema d’animazione e la cultura media, la famiglia media, la borghesia media. Fino a quel momento Topolino, in alcuni suoi atteggiamenti, avrebbe potuto anche sfuggire alla comprensione immediata dello spettatore medio.
Le Sillies ottengono un Oscar dopo l’altro, nella sezione disegni animati: La lepre e la tartaruga nel 1934, I tre gattini nel 1935, Il topo di città e il topo di campagna nel 1936, Il vecchio mulino nel 1937, Il toro Ferdinando nel 1938, Il brutto anatroccolo nel 1939 (che è un remake di una precedente Silly in bianco e nero).
L’ostinazione con la quale Disney si concentra sulle Silly Symphonies (ne vengono prodotte fino a dieci all’ anno) ha fondamento nella convinzione che attraverso questo tipo di cartoon, che cercano l’equilibrio tra musiche, animazione, soggetti favolistici, poesia, sceneggiature e gag, gli studi possano acquisire la specializzazione e l’esperienza necessaria a tentare di realizzare un lungometraggio, obiettivo al quale Disney guarda da tempo, forse anche perché non ignora – per quanto in quest’epoca i canali di comunicazione non siano “globali” come lo sono oggi – che in Argentina c’è già chi ha realizzato lungometraggi a disegni animati.

Ed è alla trentaseiesima Sinfonia Allegra che, finalmente, compare Paperino. Con un becco molto più lungo di quello che ha oggi, un collo più stirato e il carattere iracondo, è vestito alla marinara, vive in uno stagno su un barcone un po’ sconquassato e ciò che davvero non sopporta è lavorare. Il pubblico mostra subito grande simpatia per quel papero e Disney, alla fine dell’anno, decide di offrirgli un trampolino di lancio affidandogli una parte accanto alla star Mickey Mouse nel cartoon “Orphan’s Benefit”.
Donald Duck si impegna come può nello spettacolo di beneficenza allestito in favore degli orfani, ma il pubblico, tutti bambini, è di quelli terribili e gliene combina di tutti i colori. Tanto che Topolino, alla fine, lo applaude egli stesso, restandosene un po’ in disparte. C’è chi ha voluto leggere in questa scena la consapevolezza di Disney che Topolino, di lì a poco, avrebbe dovuto lasciare il palcoscenico a Paperino.
Consapevole o meno, Disney non esita a puntare tutto su Paperino che, dopo l’apparizione nelle Sinfonie, e dopo qualche altra parte di spalla guastafeste accanto a Topolino, nel 1937 riceve una serie tutta sua e durante la Seconda Guerra Mondiale diventa un vero e proprio divo. Tanto che il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti chiede a Disney di mettere a disposizione Paperino per realizzare una campagna di sensibilizzazione per convincere i contribuenti a pagare le tasse. Il biografo Bob Thomas racconta che “il ministero calcolò che a vedere il film, “The Mew Spirit”, furono sessanta milioni di persone e Donald Duck influì sulla buona volontà del trentasette per cento dei cittadini”. Anche Paperino, come Topolino, riceve un Oscar: nel 1943 il cartoon “Dear Fuehrer’s Face (Faccia da Fuehrer), è una divertente satira del nazismo con Paperino che sogna di essere in Germania e di lavorare in una fabbrica di munizioni.  

Animato da Dick Huemer e Art Babbitt, Paperino è una carta sulla quale Disney punta molto fin dall’inizio. Tanto che – come racconta Clarence Nash, la voce storica e mitica di Donald Duck – alla Disney si danno tutti un gran daffare, nel 1934, per debuttare con Paperino prima che lo faccia Ub Iwerks, lo storico disegnatore Disney che – dopo un litigio – si è messo in proprio, ha messo in cantiere un cartoon simile e ha chiesto proprio a Nash di doppiare il papero. Clarence Nash è operaio in una centrale del latte e quando ha un po’ di tempo, e se ne presenta l’occasione, si improvvisa attore radiofonico. Il suo cavallo di battaglia sono le imitazioni degli uccelli. La voce di Paperino ricorda che è proprio Disney, dopo le prime “uscite” di Donald Duck, a chiedergli di caratterizzare in modo più deciso il papero. Per anni Nash e Paperino sono come una sola persona, tanto più che l’ex operaio è il suo doppiatore ufficiale anche in tutte le altre lingue, dall’italiano al cinese e si racconta che quando il capitano inglese Lord Louis Mountbatten arriva in America, la prima cosa che chiede è uno stemma di Donald Duck.

A ricordare la necessità di un personaggio come Paperino, per poter lavorare su modelli caratteriali un po’ più vivaci, è proprio Walt Disney, in un’intervista: “Topolino aveva così tanto dell’istituzione che c’erano troppi limiti in quello che potevamo fare con lui. Se tirava un calcio a qualcuno, ricevevamo un milione di lettere dalla madri d’America che ci rimproveravano di dare un cattivo esempio ai loro figli. Topolino doveva essere sempre dolce e sempre amabile”.

Alla fine dello stesso anno del suo debutto al cinema Paperino si trasferisce anche nei comics e le sue tavole domenicali (negli Stati Uniti è tradizione che i quotidiani la domenica pubblichino una pagina intera, ossia una “tavola” completa, dei personaggi ai quali ogni giorno è dedicata la strip, la striscia) disegnate da Al Taliaferro conquistano un pubblico sempre più vasto.
Tanto che le daily strips e le tavole domenicali di Paperino resteranno affidate a Taliaferro fino al 18 gennaio 1969 quando esce l’ultima striscia che simbolicamente saluta Charles Alfred Taliaferro detto Al che muore il 3 febbraio successivo.
E così il 94enne Paperino, che festeggia gli 80 anni di cinema e fumetto, può vantare anche due padri: a condurlo per mano lungo le strisce è Taliaferro mentre a guidarlo nelle avventure dei comics book è papà Barks.
Ma di padri putativi Paperino ne ha avuti in tutto il mondo. Decine di disegnatori ai quali sono state affidate le sorti di Donald Duck in tutti i Paesi. Anche in Italia. E per tutti è stato come un figlio.
Nel 1987, in occasione dell’ottava edizione di Napolicomics, la mostra internazionale del fumetto e del cinema d’animazione che ho organizzato per 10 anni a Napoli (perdonatemi l’autocitazione) andai a prendere in aeroporto Giambattista Carpi, il disegnatore italiano di Paperino, ospite della mostra. L’auto non era una limousine, come Carpi avrebbe meritato, ma un Maggiolino. Sul cofano posteriore c’era un faccione adesivo di Paperino. Quando Carpi lo vide si avvicinò, lo accarezzò, e disse: “Oh, guarda, Paperino… Ciao!”.

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