“La plus belle femme de son temps peut-être, a été et demeurera jusqu’à la fin la meilleure créature vivante”. Con queste parole amò definirla Napoleone. Come Venere Vincitrice amò rappresentarla Canova. Donna intensamente amata e al tempo stesso odiata. Victor Hugo, all’indomani della scomparsa del primo marito, di lei scrisse “dopo la morte del generale Leclerc tornò da Santo Domingo. Gli sfaccendati andavano in estasi alla vista della nuova Artemisia che accompagnava gli avanzi del di lei sposo. Ignoravano essi che in cambio del cadavere del generale quel feretro, oggetto delle di lei cure pietose, conteneva i diamanti e le ricchezze rubate durante la spedizione”.
Sorella prediletta di Napoleone. Maria Paola Bonaparte nasce ad Ajaccio il 20 ottobre 1780. Tanto bella quanto viziata. Fin da giovanissima ha modo di mostrare il suo carattere, forte nei momenti di disgrazia e accomodante in quelli di necessità. Innamorata del deputato Stanislaz Fréron, è costretta a cedere alla decisione di Napoleone di farle sposare il generale Charles Leclerc. È il 1797. L’anno successivo a Milano nasce l’amato figlio Dermide. Inizia un lungo peregrinare al seguito del marito. È il 1802 quando Leclerc, inviato a sedare una rivolta scoppiata a S. Domingo, muore vittima del colera. Paolina, nonostante sia già moglie infedele, è sinceramente disperata, tanto da tagliarsi i capelli e metterli nella bara del marito, e da ordinare che il cuore dell’amato sia posto in un’urna. Affranta torna con le spoglie funebri a Parigi ma ben presto inizia a mostrare segni di insofferenza per le limitazioni imposte dalla vedovanza.
La doppia personalità della principessa Borghese
Dura poco la sua solitudine, l’anno successivo il fratello Giuseppe, con l’approvazione di Napoleone all’epoca Primo Console, le fa sposare uno degli uomini più ricchi d’Italia, il principe Camillo Borghese. Celebre è palazzo Borghese per la sua famosa galleria di quadri e statue, rinomata è Villa Pinciana per la sua straordinaria raccolta archeologica e per le feste che vi si organizzano. Il matrimonio è celebrato nel castello di Mortefontaine in gran segreto, cosa che fa infuriare Napoleone in quanto avvenuto prima del termine del periodo di vedovanza. Nonostante questo disguido, l’amorevole fratello dà la sua benedizione e raccomanda alla sorella di essere matura e giudiziosa: “Vous devez être actuellement mûre et sensée”. Per l’occasione le regala importanti gioielli, che si aggiungono alle splendide gemme di casa Borghese che si diceva ereditate dalla principessa madre, Anna Maria Salviati, dai papi Paolo V e Clemente VIII. Paolina decide di trasferirsi a Roma con il marito, forse per compiacere Napoleone. Nonostante la calda accoglienza tributatele da papa e nobiltà, la principessa non trova appagamento nella città eterna. Dietro la ricchezza dei palazzi, dietro la fastosità dei ricevimenti organizzati, Roma è ai suoi occhi una città succube di un forte perbenismo e di un eccessivo impegno religioso. Tenta di ritornare in Francia, per essere più libera dai legami della vita familiare. Invano. Napoleone le impone di rimanere a Roma. Irritando l’imperatrice Giuseppina e Camillo, Paolina si rifiuta di seguire il marito nelle sue missioni. È ostinata e vince nel suo intento.
Napoleone, l’amato fratello
Sebbene in questi anni il rapporto con l’amato fratello sia segnato da grande conflittualità, Paolina nel 1804 prende parte alla cerimonia dell’incoronazione imperiale. Ne sono prova i numerosi dipinti in cui è raffigurata sempre in una posizione di preminenza, proprio a volerne indicare il ruolo significativo all’interno della famiglia imperiale. Nello stesso anno Paolina subisce un nuovo lutto, il più doloroso, la morte del figlio Dermide, il suo unico bambino. È una madre disperata. Il dolore accentua la sua congenita insoddisfazione, la sua voglia di libertà, la sua insofferenza e la sua malattia. Paolina è fin dalla nascita di salute cagionevole. È anche l’inizio dell’allontanamento dal marito. Ha numerosi amanti, tra i quali il conte di Fourbin, l’ufficiale Jules de Canouville, l’attore Talma, il musicista Blangini. Ben presto si inizia a fantasticare intorno al numero dei suoi amanti. Si dirà che vinse tante battaglie a letto quante ne vinse il glorioso fratello in guerra e in politica. Voci infondate parlano di un rapporto incestuoso con Napoleone. Di certo è che a lui somiglia caratterialmente, in quanto “combattiva, instancabile, insonne, maniaca dell’ordine, accentratrice e prepotente”.
Lo spietato Hugo
Victor Hugo è autore di uno dei giudizi più spietati: “Paolina Bonaparte appena quattordicenne, cominciò a prostituirsi e continuò lungamente simile vita sotto gli occhi della madre sua, malgrado gli eccessi a cui abbandonavasi mantenne la freschezza delle sue carni, e la bellezza del suo volto. Lo spirito era uno degli ornamenti di questa donna e possedeva il secreto di tenere allegra la più numerosa brigata… Innamorata di Cristoforo il Negro la nostra Messalina lo lasciava sovente estenuato di forze sul di lei letto voluttuoso. Non eravi chi ignorasse i suoi legami schifosamente incestuosi con l’imperatore; essa stessa non li negava. Napoleone quindi la dette in moglie a Borghese, principe rovinato…”.
La Venere imperiale
A 24 anni Paolina è considerata la donna più bella d’Europa. Regina indiscussa dei salotti napoleonici. Icona di stile. Chateaubriand, ammaliato dal suo fascino, dirà che “era entusiasta della moda, che anzi per lei rappresentava un chiodo fisso”. Il Canova le rende omaggio facendole il dono più ambito. Il dono dell’immortalità. Immortalità della leggendaria bellezza. Immortalità della leggerezza sessuale. Immortalità dell’anticonformismo. Custode dell’immortalità della principessa sarà il marmo. La scultura ritrae Paolina seminuda e sdraiata su un triclinio, nelle vesti di Venere Vincitrice mentre tiene in mano il pomo della vittoria donatole da Paride in onore della sua bellezza. Si dice che abbia posato nuda, secondo una prassi non consueta per l’epoca, e che a quanti le chiedevano in tono canzonatorio come si fosse trovata nel ruolo di modella senza veli fosse solita rispondere: “Tutto bene, l’ambiente era riscaldato”. La scultura è irresistibile per la perfezione quanto discussa per la spregiudicatezza. L’ideale di perfezione alla base della realizzazione contrasta con il personaggio, tutt’altro che divino. Ne nasce uno scandalo, ma al tempo stesso nasce il mito di Paolina Borghese. La scultura, oggi conservata alla Galleria Borghese, è inizialmente esposta nel palazzo Borghese per poi essere chiusa in casa per ordine di Camillo, nel tentativo di evitare ulteriori scandali.
Nel 1808 segue Camillo a Torino, ma l’esperienza piemontese dura poco. Qui ha come damigella d’onore la coetanea Adele de Sellon, madre di Camillo Benso di Cavour, di cui sarà madrina di battesimo. Delusa dalla città, monotona e provinciale, stanca del legame matrimoniale abbandona definitivamente l’Italia. Si trasferisce nella sua casa di Neuilly, passando lunghi periodi a Parigi, Nizza ed in altre località termali. Paolina è una donna capricciosa, si dice che passi da una malattia vera ad una immaginaria con la stessa facilità con cui passa da un amante all’altro.
Paolina non si occupa di politica. L’unico titolo che riceve è quello di duchessa di Guastalla, nel 1806. È ambiziosa solo per quanto riguarda l’ambito finanziario e il prestigio formale. Ama la vita mondana, peraltro incoraggiata dallo stesso Napoleone, desideroso di far dimenticare ai francesi il pericolo della guerra. È avida di piaceri, brama la libertà, ma al tempo stesso mostra caparbietà e coraggio decidendo di andare in esilio con il fratello all’Elba. È l’unica dei fratelli a fare questa scelta. È l’unica a tentare invano di raggiungerlo a Sant’Elena e a prodigarsi nel fornirgli aiuti economici e morali, nonostante sia sorvegliata dagli alleati. La sua permanenza sull’isola è oggi ricordata da un piccolo isolotto, l’isolotto della Paolina, a lei intitolato. Paolina è la più grande estimatrice di Napoleone, tanto da mettergli a disposizione i suoi diamanti, poi ritrovati a Waterloo nella vettura dell’imperatore.
Atti di una separazione
Alla fine, impotente, decide di tornare a Roma perché “tout est dans un désordre affreux, je n’ai plus rien à me mettre”, tutto è in un disordine terribile, non ha più niente da mettersi. È il declino. È svanita la bellezza, ed insieme ad essa la potenza, la ricchezza e la salute. Paolina è una donna debole e malata. Tenta di riavvicinarsi a Camillo ma lui la respinge. Solo dopo la mediazione di alcuni cardinali, nel 1816 le accorda una transazione finanziaria. L’Archivio Segreto Vaticano conserva l’Instrumento di tale convenzione (ASV, AB 457): “Con la mediazione del cardinale Albani la principessa Paolina Bonaparte ed il principe Camillo Borghese convennero di vivere separati, e la principessa volle occupare un appartamento del palazzo e delle ville. In tale occasione si fece un inventario e si diede la consegna delli mobili ed altro, et ancora delle gioie”. Il documenta regola i doveri ed i diritti di Paolina nella gestione dei beni del marito: le gioie sono affidate a Camillo Simoncini, uomo fidato del principe, dal quale la principessa può recarsi due volte al giorno per prendere i gioielli di cui necessita. Le gioie sono custodite dentro una cassa di cui sia Paolina che Simoncini hanno la chiave. Alla fine c’è un inventario dei preziosi, tra i quali un finimento di brillanti, uno di rubini, uno di smeraldi, zaffiri, perle, brillanti sciolti, due occhi di gatto, un cammeo e tanti altri oggetti. Di ogni gioiello sono indicati numero delle pietre, carati e in alcuni casi il peso.
Il 25 giugno 1816 avviene la separazione. Non era mai stata un’unione felice, e con la caduta di Napoleone erano svaniti gli interessi per tenerla in piedi. Paolina si ritira a villa Sciarra nei pressi di Porta Pia, pur trascorrendo lunghi soggiorni termali in Toscana. Qui si consuma la sua ultima passione, quella per il famosissimo musicista Giovanni Pacini. Molto più giovane di lei e molto meno innamorato. Sono anni di tormento, testimoniato dalle numerose lettere che la principesse scrive all’amato che non si degna il più delle volte nemmeno di rispondere. “Per tutta la vita le piacque mandare lettere, molte e in fretta – sostiene la studiosa Flora Freser -, sono le lettere a fare emergere la sua prontezza di spirito, la vivace intelligenza, l’impudicizia e la sua alta carica seducente”.
Nel 1824 scrive al marito. È l’ultimo ed estremo tentativo di riavvicinamento. Camillo, nonostante avesse vinto la causa discussa al tribunale della Sacra Rota, mosso a pietà decide di riaccoglierla nella sua dimora a Firenze. Si dice che a palazzo Salviati entrò lo spettro della splendida principessa. È un ricongiungimento di breve durata. Il 9 giugno 1825 Paolina Borghese muore all’età di 44 anni forse a causa di una malattia tropicale cronica contratta a S. Domingo. Il suo corpo viene trasportato a Roma e seppellito nella cappella della famiglia Borghese a Santa Maria Maggiore.
I preziosi disegni di Fortunato Pio Castellani
All’indomani della morte del principe Camillo, nel 1832, viene stilato un nuovo inventario delle gioie (ASV, AB 457) in cui, oltre a quelle già menzionate nell’inventario del 1816, se ne aggiungono nuove. Si tratta di gioielli in brillanti, perle e diamanti. In due unità dell’Archivio della famiglia Borghese, custodito presso l’Archivio Segreto Vaticano, si conservano alcuni disegni a matita e acquarelli eseguiti da Fortunato Pio Castellani, raffiguranti alcuni preziosi gioielli di famiglia (ASV, AB 8626). I disegni sono attualmente in mostra ai Musei Capitolini, in occasione della mostra Lux in Arcana. Si tratta di cinque disegni di finimenti di gioielli con relativa descrizione (prima serie), altri tre disegni di finimenti (seconda serie) e fogli sciolti con conti vari.
Castellani è il più noto orefice dell’epoca. Noto per le sue creazioni arcaizzanti ispirate ai monili etruschi e pompeiani, e per aver scoperto un processo elettrochimico che dà all’oro il colore inalterabile dei gioielli antichi, altresì noto per lavorare al servizio del papa e per la sua collaborazione con Michelangelo Caetani duca di Sermoneta che lo introduce nella più esclusiva élite romana. Molti sono i nobili che gli commissionano la realizzazione di nuovi gioielli o il rimontaggio di vecchie gioie.
Nel 1834 Francesco Borghese, fratello ed unico erede di Camillo, commissiona a Castellani una ricognizione delle gioie ereditate affinché le rimonti secondo la moda del momento. È un lavoro colossale che senza dubbio consolida la sua fama. Francesco decide di eseguire questo lavoro in occasione del matrimonio di suo figlio Marcantonio con Guendalina di Talbot, celebrato nel 1835. Fu il suo regalo di nozze.
La prima serie di gioielli
Le cinque tavole si riferiscono ai gioielli appartenuti a Paolina, tra i quali si riconoscono quelli che le regalò Napoleone il giorno delle nozze: si tratta di un finimento di brillanti (LA), uno di smeraldi e brillanti (LB), uno di rubini e brillanti (LC), uno di perle (LD). La quinta tavola (LE) riproduce alcuni gioielli tra cui il diadema con il famoso “zaffiro magno”, celebre per il peso di 87 carati, per il colore puro e per la mancanza di difetti.
I gioielli sono descritti minuziosamente dal Castellani “Eccema Casa Borghese, descrizione delle gioie ereditate con i rispettivi numeri e pesi, rappresentati in cinque disegni, fatta dal gioielliere Castellani in Roma il dì 21 maggio 1834”. Ogni finimento è costituito da un diadema, una collana, un pettine, un paio di orecchini e uno o più bracciali; il finimento di perle ha uno spillone. Il più ricco è quello di brillanti che, oltre agli elementi comuni a tutti i finimenti, presenta una cintura, dodici spighe, un medaglione con un cammeo raffigurante il principe Camillo, una farfalla, due anelli e nel pettine è incastonato il famoso brillante detto il “somarone”. Le descrizioni dei finimenti corrispondono a quelle dei precedenti inventari, l’unico a non corrispondere è quella del finimento in brillanti: da un conto risulta che il diadema è stato montato dal Castellani nel 1834. Cammei e pietre erano molto usati dal momento che le donne solevano portare il ritratto dell’amato in intaglio o in miniatura. Si dice che Paolina facesse incorniciare i suoi cammei con diamanti purissimi montati a pavé. Si prediligevano pietre grandi e a pera. Per gli orecchini si amava la forma detta a girandola. Molto usate erano le catene da collo e da vita. Gli anelli si indossavano su tutte le dita, anche dei piedi. Alcuni di questi gioielli trovano corrispondenza nei ritratti di Paolina. Il diadema con lo zaffiro magno (LE) è simile a quello che la principessa indossa nel quadro di Robert Lefévre, del 1805, conservato a Versailles. Il diadema di smeraldi (LB) sembra essere quello dipinto sulla sua testa nel quadro di Jean Baptiste Regnault raffigurante il matrimonio tra Girolamo Bonaparte e Caterina di Württemberg, del 1807, conservato nello stesso museo. Gli orecchini sono identici.
Non è possibile risalire al gioielliere che montò i gioielli di Paolina. All’epoca del matrimonio con Camillo erano tre i grandi gioiellieri in attività: Foncier, Nitot e Marguerite. Sappiamo che Nitot era molto apprezzato da Napoleone.
Nel testamento di Paolina del 9 giugno 1825, di cui si conserva la minuta al Museo Napoleonico di Roma, non compaiono gioielli importanti. Sembra strano che non ne possedesse, forse nel testamento non è riportato l’inventario completo dei suoi beni.
La seconda serie di gioielli
I disegni della seconda serie risalgono al 1837. Sono di un colore leggermente diverso. Su ognuno è scritto “verificato da me principe Borghese. 13 gennaio 1837”. Di ognuno dei gioielli sono presenti le fatture emesse su carta intestata “Fortunato Pio Castellani gioielliere ed orefice in Roma, via del Corso n. 174”. Si conserva anche il pagamento finale effettuato il 12 gennaio 1836.
I disegni rappresentano i gioielli di Paolina riassemblati dal Castellani secondo la moda del momento. Sparisce il diadema che viene smontato per creare nuove applicazioni, il pettine diventa più ricco e fiorito, le perle vengono tolte dal pettine e usate per farne orecchini, lo zaffiro magno è usato per farne una spilla forse per turbanti. Il pettine di brillanti è smontato per ricavarne una collana. Sebbene il valore delle pietre rimanga lo stesso, le nuove montature mostrano il tramonto della magnificenza imperiale. Il disegno è astratto e confuso, vagamente orientale. Le dimensioni dei gioielli sono più piccole. I gioielli di Paolina sembrano aver seguito il declino della loro proprietaria, divenuta una presenza ingombrante anche dopo la morte.