Il tribunale di Milano, con sentenza n. 534 del 15 gennaio scorso ha condannato una parte al pagamento di 5mila euro (ex art. 96, III comma, c.p.c) perché il proprio avvocato non aveva depositato le “copie cortesia” previste dal Protocollo siglato tra il medesimo Tribunale e l’Ordine degli Avvocati di Milano.
Per Mirella Casiello, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, è «una sentenza assurda: la copia di cortesia è uno strumento per sopperire i deficit di un processo civile telematico (Pct) non ancora a regime. Non è possibile che si trasformi in una “ghigliottina” sul lavoro degli avvocati. L’atteggiamento del magistrato oltre che ingiusto, di fatto, mette in discussione il grande sforzo dell’avvocatura e degli altri operatori della giustizia affinché sia efficace il nuovo sistema, e, quindi, mettendo a rischio il buon funzionamento del Pct».
«Chiediamo alla magistratura, al Csm, al presidente del Tribunale di Milano e, quindi, al Ministro Orlando – conclude Casiello – di fare chiarezza su questa vicenda».
“Se i magistrati remano contro il processo civile telematico, vanificando gli sforzi compiuti dalla categoria degli avvocati che si sono anche resi disponibili ad andare incontro alle difficoltà della macchina statale, accedendo a richieste extra legem dei magistrati, ci chiediamo se non occorre forse una seria riflessione sull’opportunità di chiedere la disdetta di tutti i protocolli”.
Così il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Ester Perifano, in seguito alla notizia di una sentenza del Tribunale di Milano, che ha condannato per responsabilità aggravata la parte il cui avvocato non aveva depositato la cosiddetta “copia di cortesia cartacea”, ovvero la memoria conclusiva che la legge prevede ora che vada depositata solo in via telematica.
“Ci ricordiamo – continua Perifano – dell’intervento a pochi giorni dall’entrata in vigore del processo civile telematico dell’ Associazione Nazionale Magistrati e del Consiglio Superiore della Magistratura che evidenziarono le criticità del passaggio al digitale, suggerendo l’opportunità di mantenere, sia pure transitoriamente, il fascicolo cartaceo.
Sono passati diversi mesi da allora, e dunque la decisione del tribunale di Milano di condannare la parte in causa che ha ottemperato a quanto richiesto dalla legge, ma non ha fornito al giudice la copia cartacea, è un vero e proprio abuso. Lo scopo del processo civile telematico è quello di rendere più efficiente la giustizia anche attraverso una sua dematerializzazione, e dunque tenere in piedi i due sistemi è controproducente e costoso per il cittadino. Gli avvocati hanno creduto in una giustizia più efficiente e soddisfacente per il cittadino, e hanno investito molto nella informatizzazione a proprio spese, e dunque è impensabile chiedere allo stesso cittadino – se vuole accedere al servizio giustizia – di sostenere anche costi non dovuti”.
“Tanto meno – conclude Perifano – è ammissibile condannarlo per aver adempiuto agli obblighi di una giustizia che si vuole 2.0, e per non aver rispettato semplici accordi di cortesia”.