Grande scalpore ha suscitato, solo poche settimane fa, la morte dell’Orsa Daniza. I fatti. L’animale aveva ferito ad una gamba un cercatore di funghi. Immediata è scattata la caccia con l’intenzione di trasferire l’orsa in un altro territorio. Colpita con un narcotico per catturarla, Daniza è morta. E la rete è esplosa. Tutti più o meno indignati, hanno twittato, postato e taggato il loro dissenso.
Stessa indignazione, invece, non risulta per i bombardamenti a tappeto che si sono succeduti, durante l’estate, dalla Striscia di Gaza all’Ucraina, dalla Siria All’Iraq. Al netto di valutazioni etico-politiche, viene da chiedersi il perché da un punto di vista antropologico. La risposta, forse, la fornisce Michele Serra su “La Repubblica” in una delle sue più belle “Amache”. Non piangiamo tanto la morte dell’Orsa Daniza, quanto la morte degli ultimi barlumi della nostra animalità, la fine di qualunque residuo di “natura”, nell’umano. E la natura non è vegetariana o vegana. La natura è carnivora, feroce e spietata. La natura si nutre di vite per sopravvivere e perpetuarsi. In effetti possediamo televisori, i-phone, macchine fotografiche digitali che ci restituiscono immagini dai colori più belli di quelli reali. D’estate l’aria condizionata ci fa sentire freddo e d’inverno i riscaldamenti al massimo ci fanno sudare. Chiamiamo amici perfetti sconosciuti con cui ci confidiamo su Facebook. Giochiamo alla guerra con i videogames, uccidendo nemici virtuali, che indossano divise di israeliani o palestinesi. In sintesi la tecnologia, nelle nostre coscienze, ha soppiantato la Natura e la Tecnica, come scriveva Heidegger oltre cinquant’anni fa, è alienante, straniante. L’uomo antico sapeva perfettamente come funzionavano gli oggetti che usava quotidianamente, ma chi di noi sa come funziona esattamente un asciugacapelli, un computer o un cellulare? Pochi, forse nessuno. Non siamo in grado di controllare la tecnologia che abbiamo creato e che sta distruggendo il mondo in cui viviamo. Per questo non ci fa alcun effetto un drone telecomandato da migliaia di chilometri di distanza, che miete vittime, spesso donne e bambini, di cui non vediamo il sangue, non sentiamo l’odore, con cui non siamo amici su Facebook. E certo ci fa orrore assistere alla decapitazione di un uomo da parte di un altro uomo. Ma in quel gesto sciagurato, almeno, c’è qualcosa di naturale e persino di umano. C’è l’antico retaggio del rito sacrificale in cui il pastore accarezza l’agnello prima di sgozzarlo. In Occidente ci sentiamo evoluti, civili e intelligenti e gli altri sono solo dei selvaggi. Come è selvaggia la natura che crediamo di aver dominato, ma che invece si sta ribellando e che finirà per sbranarci, nella sua feroce saggezza.