Nell’articolo precedente abbiamo parlato di cosa sia l’orgoglio e abbiamo scoperto che esiste un orgoglio positivo e un orgoglio negativo. Il primo tipo nasce da un’emozione relativa a quanto di buono e soddisfacente si sia fatto nella vita, il secondo tipo dipende invece da un tratto di personalità stabile e generalizzato che induce a far sentire la persona erroneamente infallibile.
In particolare questo secondo tipo di orgoglio rischia di sfociare nella superbia, peccato capitale, considerato il più grave nella religione cristiana che lo associa a Lucifero, ma anche peccato esistenziale che rischia di logorare le persone dentro e fuori.
Ma nonostante il lato “malvagio” dell’orgoglio sia l’utero della superbia, non manca di avere una qualche utilità a livello individuale e sociale.
A cosa serve l’orgoglio negativo
L’orgoglio come tratto di personalità è la spinta propulsiva delle persone che vogliono conquistare successo e autonomia, infatti grazie alla dimostrazione palese di orgoglio la persona cerca di comunicare il suo valore: mostrandosi piena di sé, cerca di comunicare una pienezza effettiva. Con l’abilità di un venditore, l’individuo sfoggia la sua persona e lì dove non arriveranno i fatti arriverà con le parole. In tal modo potrà vendersi al miglior prezzo, dove la moneta di scambio per la sua merce (se stesso) sarà la posizione raggiunta.
Questo accade perché solitamente chi mostra orgoglio invia un messaggio del tipo “voglio vincere perché sono il migliore”, anche se la seconda parte del messaggio non viene condivisa, la prima parte viene intesa come caparbietà, ragion per cui i cancelli, almeno inizialmente, si aprono più facilmente e le persone sono pronte a credere che l’individuo forse è proprio ciò che dice essere.
In tal modo gli individui più bravi a presentare il loro valore saranno quelli ad assumere ruoli più prestigiosi, mentre quelli meno bravi avranno ruoli meno importanti. E’ probabile che questa funzione dell’orgoglio sia da ricercarsi in un passato dove la popolazione era mediamente meno elevata e vi era quindi bisogno di un leader da seguire, sicuramente era quello più orgoglioso a riscontrare maggiore successo. Ma come la storia ha spesso insegnato, se alla millanteria non seguono i fatti, la persona è destinata a schiantarsi e difficilmente si rialzerà, a meno che non metta da parte l’orgoglio inutile, inutile perché non accompagnato dai fatti, cambiandolo con umiltà e voglia di imparare per poter così rimettersi in carreggiata, con un vero bolide piuttosto che con un piccolo go kart, trasformando il suo orgoglio da tratto ad emozione, lasciando del primo solo un pizzico ad esaltarne il sapore.
Questo discorso va ovviamente contestualizzato nella cultura occidentale ove l’orgoglio viene utilizzato per arrivare al proprio successo, al contrario di quanto accade in quelle orientali, ove l’orgoglio è proprio di chi sa come portare gli altri al successo.
Orgoglio e pericolo
Da quanto detto appare ovvio come l’orgoglio possa essere pericoloso per sé e per gli altri, lì dove per altri si intendano le masse pronte a seguire.
Per quanto riguarda la pericolosità sociale, troppo spesso i popoli hanno seguito non reali valori e capacità, quanto più il desiderio personale di un individuo di comandare e i suoi discorsi privi di fondamenta. La storia dovrebbe insegnare, eppure spesso capita di assistere a dinamiche simili, forse ad ogni generazione si resetta parte della conoscenza.
Per quanto riguarda la pericolosità individuale l’orgoglio come tratto porta a depressione e paranoia, infatti gli individui orgogliosi nel tempo rischieranno di perdere i loro contatti e chiudersi in loro stessi, guardando con sospetto il mondo che “chiaramente” si è coalizzato per farli fallire.
Quindi l’orgoglio, che dovrebbe portare al successo, in realtà porta a commettere errori: la persona risulta ottusa nelle sue convinzioni tanto da non riuscire ad imparare dai propri errori in tal modo gli errori divengono esponenziali, perché a questi si associano i rapporti che vanno a deteriorarsi peggiorando maggiormente la personalità dell’individuo, isolandolo sempre più rispetto al resto del mondo.
E’ chiaro che più spesso accade che ci rimetta sia l’individuo che i suoi sostenitori: il primo per aver azzardato senza reale preparazione, i secondi per averci creduto senza analizzare.
Dall’orgoglio alla superbia
Dall’orgoglio abbagliante l’individuo rischia di arrivare alla superbia vera e propria, in questo caso è talmente preso da sé, da perdere totalmente interesse per ciò che hanno da dire gli altri; questi ultimi divengono interessanti solo come ammiratori della propria superiorità.
La sua scalata al successo acquisisce un’importanza tale per cui inveirà contro tutti coloro identificati come ostacoli. E se sarà lui stesso, come in realtà accade, ad aver determinato i propri fallimenti, non sarà mai pronto ad ammetterlo: comunque vadano le cose è sempre colpa degli altri oppure, nel caso vadano bene, merito proprio. Inoltre se le cose dovessero andare per il verso giusto non accetterà di dividere il successo con chicchessia, nella sua testa ciò che si è guadagnato non può essere concesso a nessuno: preferisce fare affondare la nave piuttosto che consegnarla ad altri.
La superbia risulta così essere davvero spiacevole, gli individui sono arroganti, rigidi, invidiosi, distruttivi, violenti, sempre pronti ad arrabbiarsi, e sono talmente ottusi da arrivare a far sospettare che vi sia una carenza intellettiva, o comunque una carenza nel decodificare la realtà esterna alle loro convinzioni, mista a ignoranza.
Il superbo sembra estremamente competitivo, ma in realtà ha un enorme timore del confronto. Per lui confrontarsi non vuol dire imparare qualcosa o verificare la propria conoscenza, ma è una gara su chi ne sa di più dalla quale non può accettare di uscire sconfitto. Per evitare la sconfitta, l’unica cosa che può fare è evitare il confronto reale, corazzandosi della sua presunzione, in tal modo il suo confronto risulta fatto unicamente di chiacchiere non di fatti. E lì dove risulti perdente anche con le parole il suo pensiero gli va in soccorso “cosa mi confronto a fare se tanto ho ragione?”.
A causa della sua paura il superbo è un orgoglioso che ha perso la spinta al successo, ma che non accettando di non essere in cima, si convince di esserci.
La competizione concreta può esserci solo con le persone più deboli quali possono essere i bambini, perché con questi sa di poter apparire su un piedistallo. Ma in realtà è proprio lui ad essere come un bambino che vuole mostrare di essere grande, ma che a conti fatti del mondo ha paura perché popolato da persone realmente grandi che lo fanno sentire insicuro, vergognoso e per questo forse anche immeritevole di affetto.
Il superbo per caso
Poiché il superbo è figlio della debolezza, proprio la debolezza può portare chiunque ad essere superbo.
Può infatti capitare che in un momento in cui ci sentiamo particolarmente fragili tiriamo fuori i nostro lato superbo dando l’impressione di voler comunicare all’altro “non sai con chi stai parlando!”.
Questo accade quando ci sentiamo inadeguati o timorosi di un confronto con gli altri, ovviamente gli altri a cui sono rivolti i nostri atteggiamenti superbi non saranno tenuti a riflettere sulla nostra fragilità mal espressa, sentiranno solo un comportamento ostile nei loro confronti, e questo basterà ad aumentare lo screzio nella comunicazione; è probabile che l’altro sentendosi assalito mostrerà anch’egli superbia entrando in un circolo vizioso.
Come rimediare al peccato
Per quanto riguarda coloro che subiscono la superbia degli altri la noncuranza è il primo consiglio da seguire, il che vuol dire anche evitare di raccogliere le provocazioni ritrovandosi nel circolo vizioso sopra descritto.
E’ chiaro che pensare a coltivare il proprio orticello senza sentirsi in dovere di farlo ammirare agli altri, dà quella marcia in più per poter comprendere di fronte chi ci si trovi veramente, e come spesso non valga la pena di perdere energie in uno sterile confronto: a coloro che valgono veramente (per il loro impegno crescente) il superbo appare nudo in tutto ciò che è realmente, ovvero una persona fragile timorosa e per questo corazzata.
Per quanto riguarda i superbi peccatori il passo più importante da fare è quello di guardare in faccia la loro fragilità, imparando ad accettare i propri errori e imparando da questi; il passo successivo è quello di interessarsi agli altri, ascoltando ciò che hanno da insegnare.
A livello pratico il superbo deve imparare a non mettersi in mostra, a non parlare troppo di sé, almeno lì dove non fosse necessario, e questo vale anche per coloro che stanno sentendo una superbia momentanea dovuta ad una situazione di insicurezza, chiedersi perché si sta dicendo certe cose e se sia il caso di dirle, se quindi sia il contesto e la persona giusta coi cui parlare è un giusto metodo per evitare di coltivare la propria superbia.
Se un pizzico di orgoglio come tratto può essere utile al raggiungimento dei propri scopi, una dose anche di poco superiore può far retrocedere sul proprio cammino; così come un circolo vizioso può portare alla superbia, la quale negli anni può solo peggiorare relegando gli uomini da soli, nei loro castelli di carta. Dopo tutto la superbia è solo una delle tante maschere di questi fragili castelli che sono gli esseri umani smarriti nelle loro incertezze.