Le frequenze dell’Eiar diffondono in un’Italia distrutta fisicamente e moralmente l’annuncio dell’armistizio concordato con le forze anglo-americane. E’ l’8 settembre 1943. L’annuncio radiofonico del maresciallo Badoglio è registrato perché lui, il maresciallo, sta già raccogliendo armi e bagagli. Soprattutto bagagli, perché le armi italiane non è che fossero di gran pregio. E poco prima anche il re Sciaboletta (così popolarmente soprannominato per la sua bassa statura) aveva fatto i bagagli. Le clausole di quell’armistizio sono uno storico esempio di pasticcio all’italiana.
L’Italia si sfilava dalla guerra ma non si capiva quali fossero le regole da seguire nel rapporto con gli alleati tedeschi. Il nostro esercito si trovò senza ordini e senza direttive. Una situazione tragica e grottesca splendidamente sintetizzata nella battuta di Alberto Sordi nel film “Tutti a casa”: quando la sua compagnia si imbatte in un gruppo di tedeschi che per tutta risposta gli sparano contro, il sottotenente Sordi-Alberto Innocenzi si mette in contatto con il proprio comando e, allibito, comunica: signor Comandante! E’ successa una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani!
La guerra volgeva al termine ma una nuova tragedia aveva inizio: i tedeschi consideravano gli italiani traditori da eliminare e, allo stesso tempo, avevano bisogno dell’accondiscendenza dell’esercito italiano per proteggersi la ritirata. Si avviarono così trattative private da ufficiali. A Napoli il comando italiano raggiunse con l’alleato incazzato un accordo: voi andatevene, noi non vi ostacoliamo e chi ha avuto, ha avuto e chi ha dato, ha dato. I tedeschi però pretesero che i soldati italiani restassero fermi nelle loro caserme e a richiesta consegnassero le armi. La risposta, di fatto, fu alla napoletana: sì, sì, vabbè, facite comme vulite vuje, basta ca ve ne jate. E in realtà la truppa venne tenuta all’oscuro di questo… gentlemen’s agreement. Nella convinzione che la miglior soluzione fosse: ognuno per sé e Dio per tutti.
Ma per i tedeschi, ieri come oggi, non ci sono mezze misure. E, d’altro canto, i soldati italiani erano molto più rispettosi della disciplina e del codice militare di quanto i comandanti pensassero: alle richieste dei tedeschi di consegnare le armi rispondevano picche. E qui sovviene un’altra celebre battuta del cinema, presa da “I due colonnelli”: Totò non vuole cedere all’ufficiale tedesco che, sprezzante, gli ribadisce: “Io ho carta bianca!”, inducendo Totò a replicare: “… e ci si pulisca il culo!”.
Nella realtà non bastarono le battute di spirito: il 10 settembre 1943 una colonna tedesca, a Nola, ingiunge agli ufficiali italiani di consegnare le armi. Loro rifiutano, ne nasce un litigio nel corso del quale un ufficiale tedesco, rimasto ignoto, viene ucciso. Bastò a provocare la prima rappresaglia dell’isterico esercito di Hitler contro i propri alleati dopo il pasticciato armistizio. Il giorno seguente i tedeschi sparano a un ufficiale italiano che, sventolando bandiera bianca, era stato inviato a trattare un accordo e procedono a sceglierne altri dieci da fucilare seduta stante per vendicare la morte del loro soldato.
Consolato BENEDETTO, Roberto BERNINZONI, Odoardo CARELLI, Mario DE EMANUELE, Michele DE PASQUA, Enrico FORZATI, Gino IACOVONI, Pietro NIZZI, Alberto PESCE, Amedeo RUBERTO e Luigi SIDOLI vengono uccisi (l’elenco delle vittime comprende l’ufficiale assassinato mentre reggeva la bandiera bianca).
Fino al 1997 tutti, anche i familiari delle vittime, sembrano aver dimenticato l’eccidio. Ma un ex soldato, Ugo Tebaldini, testimone della strage, in quell’anno scrive una lettera a Indro Montanelli. E l’Associazione Amici del Marciapiede, che di Nola è una delle anime vive che si prende cura delle tante anime morte, decide di far luce nel buio della storia.
Negli anni seguenti il risveglio è contagioso e si arriva, nell’ottobre 2011, alla targa in memoria dell’eccidio nella Piazza d’Armi, davanti alla caserma dove avvenne la fucilazione. Una targa realizzata per iniziativa del Rotary Club di Nola-Pomigliano d’Arco (Distretto 2100) d’intesa con il sindaco Geremia Biancardi.
Quest’anno, in preparazione delle celebrazioni del 2013 (settantesimo anniversario della strage), il sindaco Biancardi e il Rotary Club con il presidente Andrea De Stefano (succeduto alla giornalista Carmela Maietta), hanno voluto commemorare le vittime con una cerimonia in Piazza d’Armi alla quale ha partecipato anche il maratoneta del Nastro Azzurro Michele Maddalena e con una conviviale del Rotary interamente dedicata ai martiri del 43. Alla serata era presente Alberto Liguoro, figlio del tenente Alberto Pesce (nato pochi mesi dopo l’eccidio, ha perso anche la madre per un’emorragia seguente al parto ed è stato adottato da una famiglia di Maddaloni) e, naturalmente, Raffaele Napolitano, presidente dell’Associazione Amici del Marciapiede, che è il codice genetico di questa storia.
Alberto è tra i primi collaboratori di Golem e sta completando un libro sui fatti di Nola che sarà pubblicato in occasione del settantesimo anniversario, e sostenuto dal Rotary, dal comune di Nola e dalla Regione Campania con il governatore Stefano Caldoro.
Caldoro ha anche suggerito, per l’anno prossimo, un gemellaggio tra l’eccidio di Nola e le Quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943). Il sindaco Giggino il Napoletano ha fatto sapere che se il comune di Nola glielo chiede ufficialmente, sottoponendogli il programma, lui deciderà il da farsi. Per ora De Magistris è alle prese con l’idea di realizzare quartieri a luci rosse dove far lavorare le prostitute… in grazia di Dio, sottraendole al controllo della criminalità. Un’idea fulminante. O fulminata.