I potenti di tutto il mondo hanno provato ad appropriarsene e ogni anno la sfida si fa sempre più sanguinosa. L’irresistibile oggetto del desiderio non dona ricchezza o facoltà superiori, ma è una medaglietta intitolata all’inventore della dinamite, probabilmente forgiata dagli elfi. Si tratta del premio Nobel per la pace, il sacro Graal dei riconoscimenti, l’Excalibur delle patacche da frac che sposta gli equilibri mondiali soltanto con la sua assegnazione.
Il vincitore è preso da spasmi di vanteria nei salotti buoni e diventa il testimonial della bontà incarnata, in altre parole è il premio che si impossessa di lui. Henry Kissinger, l’amicone di Nixon e Pinochet, ne ebbe uno nel 1973 e da allora non è stato più lo stesso. Ha fatto finta di negoziare la fine della guerra in Vietnam e ha revocato il suo abbonamento a Playboy, diventando sempre più triste e solo.
Al Gore, complice con sua moglie di una campagna per la censura musicale, si è aggiudicato il Nobel con il suo contestatissimo filmino sul surriscaldamento globale, dopo di ché non ne ha più parlato. A Barack Obama è bastato fare degli ”sforzi diplomatici” per meritare il riconoscimento e ora può anche mandare in vacca le elezioni, gli basta far rosicare Romney. C’è anche chi ha provato a comprarlo con lo slogan “Berlusconi Nobel Per la Pace” su siti, magliette, tazze e gadget sessuali che ora giacciono al largo della Costa Azzurra.
Quest’anno invece il gran consiglio dei guardiani svedesi ha deciso di evitare il conferimento di troppo potere a una persona sola e scartando candidati come Bruno Vespa o il Gabibbo, ha scelto l’Unione Europea, un’entità astratta che affonda nelle macerie di un’economia disastrata. Ma la furbata gli si è ritorta contro, da adesso possiamo vantarci tutti insieme e, almeno per un anno, faremo finta di essere migliori.