Lavorano, pagano le tasse, ma riescono a mandare nei paesi d’origine sempre meno denaro. La crisi economica sta dispiegando i suoi effetti anche su quel segmento della popolazione costituito dai lavoratori immigrati regolari.
Secondo uno studio della Fondazione Leone Moressa, un istituto di studi nato nel 2002 a Mestre, e che da tempo di occupa delle problematiche relative alla presenza straniera nel territorio nazionale, oltre 2 milioni di contribuenti nati all’estero nel 2010 hanno versato 6,2 miliardi di euro di imposta netta contribuendo per il 4,1% al gettito dell’Irpef pagato complessivamente in Italia. La maggioranza dei contribuenti stranieri sono concentrati in Lombardia (21,1%), in Veneto (11,9%) e in Emilia Romagna (11,1%).
Per quanto concerne l’ammontare delle tasse pagate, la Lombardia è quella che presenta il gettito più alto: oltre 1,6 miliardi di euro, seguita dal Lazio (746 milioni) e dal Veneto (644 milioni). Se a livello nazionale gli stranieri contribuiscono per il 4,1% del gettito complessivo Irpef, in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige la percentuale arriva, rispettivamente, al 7,2% e al 6,4%. Anche in questo caso nelle aree meridionali tale peso diminuisce. L’imposta netta media pagata dai contribuenti stranieri nel 2010, è di 2.956 euro contro i 4.974 euro dei contribuenti nati in Italia, vale a dire 2mila euro in meno.
Da dove vengono? Per quel che riguarda la provenienza dei contribuenti, i rumeni sono i primi sia in termini di numero di soggetti che pagano l’imposta netta, sia per ammontare: in particolare il 18% di tutti i contribuenti nati all’estero proviene dalla Romania e contribuiscono al 10,3% di tutta l’Irpef pagata dagli stranieri. I secondi in termini di provenienza sono gli albanesi, seguiti dai marocchini. I rumeni versano in media 1.700 euro ciascuno, gli albanesi di 1.810 e i marocchini di 1.540.
L’aumento della disoccupazione, tuttavia, è destinato a far sentire le sue conseguenze sia sul gettito fiscale, sia sul risparmio accumulato dai lavoratori stranieri e indirizzato ai Paesi d’origine ( di cui spesso, costituisce una quota rilevante del PIL).
Secondo l’ultimo Dossier Statistico sull’Immigrazione realizzato dalla Caritas e Migrantes, tra gli stranieri è aumentato il numero dei disoccupati (310mila, di cui 99mila comunitari) e il tasso di disoccupazione (12,1%, quattro punti più in più rispetto alla media degli italiani), mentre il tasso di attività è sceso al 70,9% (anche se resta di 9,5 punti più elevato rispetto a quello degli italiani).
La tendenza tuttavia alla contrazione delle rimesse verso i Paesi d’origine non è tuttavia un fenomeno nuovo. Le rimesse partite dall’Italia (un quinto rispetto al totale europeo), erano già leggermente diminuite nel 2010 (6,6 miliardi di euro) ma erano tornate a crescere nel 2011 (7,4 miliardi di euro), in aumento verso la Cina e in diminuzione verso le Filippine, anche a seguito della maggiore integrazione delle famiglie filippine in Italia e del calo registrato nella loro retribuzione.
Secondo un’analisi condotta da Western Union, uno dei principali operatori a livello mondiale specializzato nel trasferimenti di denaro, nel 2012 le rimesse degli immigrati dall’Italia sarebbero scese complessivamente dell’8% da 7,4 a 6,8 miliardi di euro dopo cinque anni di crescita anno su anno.
Nel dettaglio, nei primi nove mesi del 2012, secondo i dati della Banca d’Italia, il calo del mercato è stato dell’8,1%. Tale riduzione è attribuita alla crisi economica: la diminuzione dell’occupazione fra gli immigrati nella Penisola nel biennio 2010-2011, secondo l’OCSE, è stata di circa il 3,3%, quasi il triplo rispetto all’1,2% dei “nativi locali”.
Ma l’indagine, elaborata sulla base dei dati più recenti forniti da una serie di soggetti diversi, tra cui la Banca Mondiale, la Banca d’Italia, l’OCSE, l’Eurostat e altre fonti di mercato, confermerebbe per il 2013 un’inversione di tendenza.
Nel 2013, infatti, secondo le ultime proiezioni fornite dalla Banca Mondiale, si attende una ripresa del flusso di rimesse in Italia come in altri Paesi europei. In Italia, nonostante il calo registrato nel 2012, il “money transfer”, servizio già molto popolare tra gli extracomunitari, potrebbe persino crescere. A rafforzare tale ipotesi il fatto che il nostro Paese, secondo Eurostat, è il secondo mercato del Vecchio Continente per i servizi di money transfer con una quota del 19%, dopo la Francia.
Le principali destinazioni delle rimesse inviate dal nostro Paese, secondo i dati della Banca d’Italia, sono Europa dell’Est, Africa, in primis Marocco e Senegal, America Latina e Sud-Est Asiatico.
Le cifre che caratterizzano il fenomeno rivelano una capacità di risparmio molto elevata: le rimesse degli immigrati dall’Europa verso i Paesi di origine hanno sfiorato i 40 miliardi di euro nel 2011, secondo i più recenti dati Eurostat (+ 2% sul 2010). I flussi più consistenti provengono da Francia (9,7 miliardi di euro, 25% del totale UE), Italia (7,4 miliardi di euro pari al 19%), Spagna (7,3 miliardi di euro, 19%), Germania (3 miliardi di euro, 8%) e Olanda (1,5 miliardi di euro, 4%). Le rimesse generate da lavoratori extra-europei (28,5 miliardi di euro) rappresentano tre quarti del totale e hanno registrato un incremento del 3% nel 2011. I flussi interni all’Europa, invece, sono rimasti stabili a 10,7 miliardi di euro (fonte Eurostat).
Nel 2012 le rimesse registrate invece a livello globale dovrebbero aver superato i 381 miliardi di euro, secondo la Banca Mondiale. La vera consistenza dei flussi, tuttavia, è probabilmente molto maggiore, dal momento che ovviamente non si hanno informazioni sui passaggi diretti di denaro interni alle famiglie.
I Paesi dai quali partono i flussi di rimesse più consistenti sono nell’ordine: Stati Uniti, Arabia Saudita, Svizzera e Russia. I principali Paesi riceventi nel 2012 sono stati: India (53,6 miliardi di euro), Cina (50,5 miliardi di euro), Filippine (18,4 miliardi), Messico (18,4 miliardi), e Nigeria (16,1 miliardi).
Le rimesse hanno una grande importanza soprattutto per l’economia dei Paesi in via di sviluppo, specie nell’attuale crisi. I flussi di denaro verso queste aree, secondo la Banca Mondiale, dovrebbero aver superato i 305 miliardi di euro lo scorso anno. E’ un importo pari a tre volte gli aiuti che a questi Paesi derivano da Stati e organismi internazionali. Le rimesse, perciò, rappresentano oggi circa l’80% dei trasferimenti di denaro a livello globale rispetto al 61% del 2000. Questo ingente flusso di denaro si trasforma nei Paesi in via di sviluppo in investimenti in salute, scuola e piccole attività economiche. Una risorsa di fatto vitale, tanto più quanto le rimesse, frutto del lavoro prestato esclusivamente all’estero, rappresentano una quota rilevante del prodotto interno lordo: Tagikistan (47%), Liberia (31%), Repubblica Kirghisa (29%), Lesotho (27%), Moldavia (23%), Nepal (22%) e Samoa (21%).
Il mercato del money transfer – indagine Wester Union gennaio 2013