Nello scorso articolo abbiamo visto il mobbing da un’angolazione diversa dal solito, abbiamo parlato di come il mobbing sia una modalità comportamentale che inizia dall’infanzia, diventando sempre più pericolosa col tempo perché raffinata. Vediamo ora come si crea il mobbing e cosa prova il mobbizzato (l’articolo precedente è correlato a questo, nella colonna a destra).
I passi del mobbing
Il mobbing nasce da un conflitto non sempre inerente in modo diretto o indiretto al lavoro. Due individui entrano in conflitto e uno dei due (solitamente quello in posizione favorevole o con un carattere più aggressivo) comincia ad usare l’altro come capro espiatorio di ogni cosa.
Poiché avere un capro espiatorio in azienda fa comodo, i colleghi cominciano ad approfittarsi della situazione, la persona non ha più un solo individuo contro di sé, ma un intero gruppo di persone pronte a sacrificarlo per comodità. Ovviamente colui che ha iniziato il conflitto approfitta a sua volta di questa situazione rincarando la dose, creando un effetto a catena in cui tutti rincarano la dose.
A questo punto dal sacrificio passivo si passa a quello attivo, ovvero se prima la persona veniva colpevolizzata come capro espiatorio, ora si cercano volontariamente argomenti su cui attaccarla, anche quando l’attacco non produca alcuna utilità per gli aggressori.
Si comincia quindi a cercare di escludere la persona dalle diverse attività sia aziendali che extra, cercando anche di rendere la vittima consapevole della sua esclusione. A tale scopo vengono usate espressioni del tipo “ma come non sei stato invitato?” oppure, rivolgendosi a terzi affinché il mobizzato senta: “ho sentito che sono stati invitati solo i dipendenti più meritevoli!”.
Questo è il momento in cui la persona comincia a stare male e ad assentarsi dal posto di lavoro: ciò produce l’amplificarsi delle voci sul suo conto fino a farlo diventare un caso aziendale. E perfino le assenze vengono “lette” come una scusa per non lavorare.
Dal momento che tutta l’azienda parla male della vittima e che questa salta il lavoro inducendo a malignare sul motivo delle assenze, il caso arriva fino alla direzione la quale prenderà provvedimenti, spesso minacciosi. A questo punto ciò che di solito capita è l’uscita dall’azienda definitivamente.
Sentimenti del mobbing
Abbiamo visto come si sviluppa il mobbing nei carnefici, vediamo quindi i sentimenti che si sviluppano nella vittima, tenendo presente che esattamente come c’è una escalation di comportamenti nocivi nei carnefici, allo stesso modo c’è una escalation di sentimenti negativi nella vittima. E i due “versanti” si incrementano reciprocamente.
All’inizio vi è un lieve sospetto: la vittima si chiede se sia possibile che stia subendo dei comportamenti ingiusti ma solitamente si dà risposta negativa.
A poco a poco, seppur ancora incredula, comincia a stare sempre più all’erta pensando però di poter ancora chiarire e sistemare le cose.
Quando si rende conto che le cose non migliorano inizia un periodo di nervosismo e diffidenza verso i colleghi.
Dopo il nervosismo sopraggiunge lo sconforto seguito da un misto di aggressività e ansia dovuta all’indecisione sul da farsi e alla paura sia dei soprusi che delle conseguenze delle proprie reazioni.
Aumentando questo malessere, la vittima comincia a chiedere permessi per malattia.
Inizia quindi un periodo di pensieri ossessivi colorati da sentimenti di rabbia. Questo è il momento in cui la vittima solitamente sente il bisogno di chiedere aiuto, ma a questo punto accade qualcosa di simile a ciò che scatta in chi ha subito violenza sessuale: la vittima ha paura di essere colpevolizzata e talvolta questa paura si avvera.
Dopo le ossessioni si passa alle fobie e agli attacchi di panico, si arriva quindi alle somatizzazioni e ai disturbi psicofisici che col tempo rischiano di diventare cronici, a volte così gravi da portare l’individuo mobizzato al suicidio. In questo periodo la vittima incrementa le sue assenze, diventando improduttiva sul lavoro e arrivando quindi a perdere il posto.
A causa del mix di aggressività e depressione e del suo non riuscire a pensare ad altro, il mobbizzato rischia di compromettere anche le sue relazioni extraprofessionali, perdendo in un colpo solo lavoro, famiglia e amici.
Motivi del mobbing
Abbiamo detto che il mobbing parte da un conflitto, vediamo quali tipi di conflitto si possono innescare.
Spesso si fa mobbing per ottenere il posto di lavoro di una persona, altre volte per allontanare un collega del quale si è gelosi o invidiosi. Altre volte il mobbing viene compiuto su qualcuno che si è rifiutato di fare determinate cose ritenute non dignitose o contrarie ai propri valori, o perché si è rifiutato di stare a certe condizioni.
Altre volte il mobbing viene pilotato in modo strategico dai responsabili dell’azienda per far sì che qualcuno dia le dimissioni volontariamente. Questo accade soprattutto per i lavoratori considerati anziani, poco aggiornati o scomodi perché troppo capaci e quindi potenzialmente dannosi alla gerarchia aziendale. A volte le aziende lasciano che i colleghi si facciano del mobbing reciproco creato dalla concorrenza che spesso si innesca durante le ristrutturazioni dell’organico o le probabili fusioni, in questo modo l’azienda lascia fare il “lavoro sporco” direttamente ai suoi dipendenti, un po’ come fosse una legge della giungla in cui vincerà il più forte, piuttosto che doversi trovare nello scomodo ruolo di licenziare.
Talvolta il mobbing viene fatto semplicemente perché la persona ha stili di vita e idee differenti: questo accade soprattutto con dipendenti stranieri o appartenenti alle categorie protette.
Le personalità dedite al mobbing e quelle tendenti al vittimismo
Non sono secondarie le componenti caratteriali: a fare mobbing sono individui che non sanno gestire le loro gelosie, che non riescono ad accettare i loro sentimenti di invidia, che non sanno trattenere il loro stress, che sono pronti a tutto pur di fare carriera, o che hanno un loro concetto personale di giustizia, più simile forse alla vendetta. Fortunatamente non tutti sono dediti al mobbing, così come non tutti sono così facili da mobbizzare. Vi sono però delle caratteristiche di personalità votate a l’uno o all’altro ruolo.
A proposito di personalità non bisogna dimenticare i casi in cui il mobbing non è consapevole (ovviamente ciò non lo giustifica). In alcune circostanze si innesca automaticamente proprio per questioni caratteriali tra usurpato e usurpatore: casi in cui paradossalmente il mobbing rimane circoscritto e limitato, proprio perché si crea una sorta di equilibrio tra i due lavoratori.
Questo accade quando un potenziale mobber con indole aggressiva, autoritaria, manipolatrice, dominante, con la tendenza a sopraffare e a incutere soggezione negli altri, leader di carattere o di fatto, incontra un’altra persona di indole remissiva e sottomessa, con da un lato la tendenza ad accettare i soprusi senza reagire, e dall’altro a sentirsi vittima silente delle situazioni, provando talvolta addirittura soddisfazione nel subire oppressioni che giustifichino questo suo sentirsi vittima.
Nel prossimo articolo parleremo anche delle gravi conseguenze a cui può portare la perpetuazione del mobbing. Nella speranza che queste riflessioni aiutino a migliorare la tutela per il lavoratore.