Millennium
regia di Niels Arden Oplev, Sve/Dan/Ger 2009, 3 dvd 01 Distribution, dur. 540’, euro 14,99
Un giornalista economico di una testata indipendente dedito alle inchieste e poco avvezzo al fascino del potere, una giovane hacker scaltra e ombrosa dal passato oscuro, una nazione come la Svezia nota per il welfare e le emancipazioni sociali sono al centro di Millennium, la serie televisiva tratta dalla trilogia di Stieg Larsson e raccolta in un cofanetto di tre dvd da poco distribuito in Italia da 01.
Il grande successo editoriale (milioni di copie vendute in quaranta Paesi) spinge l`emittente svedese Svt e la compagnia di produzione Yellow Bird ad acquistare i diritti per realizzare sei puntate da 90 minuti, e tre film per il grande schermo. Il riscontro di pubblico è tale da mettere in moto anche gli americani che affidano a David Fincher il remake del primo episodio (Millennium – Uomini che odiano le donne The Girl with the Dragon Tattoo) ingaggiando Daniel Craig e Rooney Mara per i ruoli principali (il film è uscito nella sale italiane a febbraio).
Per forza narrativa e qualità di realizzazione, la serie tv è avvincente, intensa e molto bella. I temi sono scabrosi, i personaggi sfaccettati e spesso ambigui, il ritmo serrato, l`immagine resa della società svedese è tutt`altro che edulcorata con le vicende che si collegano a un passato troppo spesso rimosso (l`adesione al nazismo di una buona fetta della popolazione in Uomini che odiano le donne), a un presente fatto di violenza, tratta e sfruttamento delle donne, ma anche di abusi perpetrati da medici e avvocati nel pieno svolgimento di incarichi pubblici (La ragazza che giocava con il fuoco), fino ad arrivare alle trame nere dello Stato dove da decenni prospera e si da un gran da fare un gruppo di agenti segreti deviati (La regina dei castelli di carta). Propensione al complotto ed eccesso di fantasia? Le cronache offrono spesso scenari al di là dell’immaginabile, oppure restano quasi silenti di fronte a omicidi eccellenti (ricordate l’uccisione del primo ministro Olof Palme?), e allora merito di questa detective story è di far inoltrare lo spettatore in una serie di vicende dall’impianto tragicamente reale, seguendo Mikael Blomkvist (Michael Nyqvist), l’ex direttore del periodico Millennium, e la giovanissima hacker Lisbeth Salander (Noomi Rapace) che lo affianca. Vincente è anche il meccanismo su cui è costruito il rapporto fra i due protagonisti. Entrambi sono determinati a scoprire le verità nascoste in nome della giustizia ma con metodi diametralmente opposti: il giornalista con le inchieste e attraverso le vie istituzionali; Lisbeth – che da quella società si sente (e lo è) fortemente in credito – si serve invece del suo lavoro “nero” (spionaggio internet) senza esclusioni di colpi e di mezzi.
Drive
regia di Nicolas Winding Refn, Usa 2011, dvd 01 Distribution, dur. 100’, euro 14,99
L`asso del volante, esperto in fughe e capace di seminare auto ed elicotteri della polizia, è in fondo un uomo romantico. Solitario, taciturno, assorto nel suo mondo di automobili e motori, il giovane lavora come meccanico in un`officina, arrotonda con prestazioni saltuarie da stuntman per i set hollywoodiani e viene richiesto come driver per furti e rapine. Non si fa mai il suo nome in tutto il film, d`altronde per chi ha una doppia vita meno tracce si lasciano e meglio è. Lui è un professionista serio, i suoi sono interventi quasi chirurgici, declina le offerte degli improvvisati e aspetta solo 5 minuti che venga effettuato il colpo. Tutto ciò che accadrà dopo – durante la fuga – è invece affar suo. Cosa ne faccia dei soldi, quali siano i suoi desideri nemmeno si sa. Vive in un appartamento anonimo una vita apparentemente anaffettiva. A colpirlo come un pallido raggio di sole è lo sguardo innocente della vicina che lavora e cresce il figlioletto in attesa che il marito esca di galera. Col ritorno dell`uomo arriveranno anche i problemi che rischieranno di abbattersi sulla donna e il bambino. Sarà in quel momento che il giovane protagonista scenderà pesantemente in campo. Premiato al Festival di Cannes dello scorso anno per la regia, Drive ricorda (e non solo per il titolo) The driver girato da Walter Hill nel 1978, ma in realtà il film di Nicolas Winding Refn è tratto da un racconto del 2005 di James Sallis adattato da Hossein Amini. E più che al Ryan O`Neal della pellicola di Hill, l`anonimo asso del volante (Ryan Gosling) fa venire in mente Dustin Hoffman di Cane di paglia, Robert De Niro di Taxi driver, pervaso però dalla stessa aura romantica di Humphrey Bogart quando interpreta Marlowe, con la differenza che il nostro è proprio figlio dei suoi tempi. Questi.
Pina
regia di Wim Wenders, Fra/Ger/GB 2009, 2 dvd 01 Distribution, dur. 103’, euro 13,90
Chi era Pina? “Una combinazione di fragilità e forza incredibile. Aveva un’infinita capacità di ascoltare e guardare, ma anche di superare i suoi limiti. Non so perché immagino Pina come una casa con una soffitta piena di ogni ben di dio”, racconta un ballerino francese. “Pina era un’esploratrice radicale. Guardava nel profondo delle nostre anime. C’era un argomento in particolare su cui non smetteva mai di interrogarci. Che cosa desideriamo? Da dove nasce questa brama?”, aggiunge una danzatrice tedesca. E ancora, “Pina lavorava in un modo che consentiva a ognuno di noi di essere triste, furioso, di piangere, di ridere, urlare. Potevamo tirare fuori tutte le nostre qualità. Era come se Pina si nascondesse dentro ognuno di noi. O, al contrario, come se fossimo tutti parte di lei”, rivela una ballerina inglese. Sono pensieri intimi, concisi, carichi di umanità e di ammirazione nei confronti di un’artista con la quale hanno condiviso anni, se non addirittura decenni, di studi e creatività, prove e messe in scena. Un’artista carismatica Pina Bausch, danzatrice e coreografa, che ha fondato e diretto il Tanztheater Wuppertal innovando profondamente la danza contemporanea. Il documentario di Wim Wenders doveva essere inizialmente un progetto condiviso, ma la morte della Bausch lo ha trasformato inevitabilmente in un omaggio alla memoria. Senza retorica. Wenders è sempre molto misurato e predilige le performance ora individuali ora a coppie dei danzatori e quadri di spettacoli come Café Müller, Le Sacre du Printemps, Vollmond e Kontakthof; sfuma continuamente – avvalendosi di dissolvenze incrociate – da una situazione all’altra, dalla fase di allestimento allo spettacolo vero e proprio, da un interno a un esterno. La fotografia è curatissima. Non c’è una location lasciata al caso, tra giardini pubblici, parchi, piazzali industriali, metropolitane di ultima generazione. E nel passare dall’ambiente chiuso di un teatro a quello aperto metropolitano è come se Wenders volesse sottolineare quell’innegabile filo rosso che ha unito l’arte di Pina Bausch alla vita, sua e dei suoi danzatori.