La cartella clinica umana non è un robot umanoide di ultima generazione in grado di sciorinare dati clinici a gogò. È il frutto di un progetto di ricerca condotto presso l’ospedale san Filippo Neri di Roma nel reparto di cardiologia vascolare dove, in poco più di un mese è stata applicata su circa 200 pazienti cardiopatici e da marzo sarà sperimentata anche in altri ospedali d’Italia che hanno accettato di testarla: dal Careggi di Firenze a quello di Pordenone, San Vito in Tagliamento ai nosocomi di Massa e Lucca.
In parole povere, la cartella clinica umana è un documento che descrive la condizione psico-fisica del paziente ricavata non più dai soli dati clinici prevalentemente numerici ma anche da informazioni ulteriori che permettono di ricostruire la personalità dell’assistito, il suo modo di vivere la malattia, la percezione di sé e della situazione che sta vivendo. È lo stesso paziente ad inserire queste informazioni dentro la cartella attraverso la compilazione di un apposito questionario che offre alle persone il solo scopo di raccontarsi.
«Il progetto – chiarisce Lorenzo Sommella, Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera S. Filippo Neri – ha la finalità di dare voce al vissuto dei pazienti ricoverati, ai loro sentimenti più profondi rispetto alla malattia e alle persone che si curano di loro, nella convinzione che in medicina non ci si debba limitare alla rilevazione dei segni e dei sintomi, ma che si debbano raccogliere compiutamente la storia della persona da assistere, per poterla curare meglio. Questo modo di avvicinare la persona malata si inserisce nel filone, molto attuale, della medicina narrativa, che aiuta il medico nella interpretazione della patologia che deve affrontare, migliorando il rapporto con il paziente e aumentando la sicurezza e l’efficacia delle cure».
Gli obiettivi di questa innovativa cartella clinica, che recupera antiche prassi e apre una nuova frontiera nella letteratura medica, sono molteplici e sostanzialmente sono finalizzati a migliorare il rapporto medico-paziente ai fini del recupero oltre che a favorire la concordanza terapeutica e a rafforzare il ruolo attivo dei malati durante la convalescenza.

 

L’idea di una scrittrice
L’idea non è nata da un progetto di ricerca pluri-finanziato ideato da chissà quale centro sperimentale ma dalla mente di una scrittrice, Rosalba Panzieri, da tempo impegnata in un percorso finalizzato a coniugare il linguaggio medico con quello comune con l’obiettivo di umanizzare e migliorare la comunicazione paziente-medico.
«Aspettiamo ancora di vedere tutti i possibili risultati a cui ci condurrò questo esperimento – spiega la Panzieri. Ma ipotizziamo che possa avere effetti benefici insospettati anche sul fronte della riduzione del contenzioso presso il tribunale dei malati». «Al di là dei casi conclamati di malasanità – chiarisce la scrittrice – il 90% delle cause contro i medici hanno a che fare con la mancanza di comunicazione. Si scopre, insomma, che i medici non hanno fatto niente di sbagliato ma le cose sono state provocate perché non ci si è capiti. Una comunicazione migliore facilità le cose oltre a distendere i rapporti e permettere di approcciarsi alle situazioni con spirito più sereno».
Sull’idea di avvicinare il linguaggio medico ad uno più comune la Panzieri ha ideato una serie di monologhi, Il disegno sul cuore, che le hanno fatto ottenere importanti riconoscimenti, tra cui il premio internazionale di poesia e letteratura Alberoandronico nel 2010 ed il concorso Casa Sanremo Writers nel 2012. È lei stessa che li recita nell’insolito tour che ha avviato da più di un anno e che tocca le corsie dei reparti di cardiologia vascolare di diversi ospedali italiani.
La scrittrice/attrice, operata due volte per problemi di cuore, conosce bene il problema della comunicazione tra paziente e medico e l’importanza che riveste un dialogo fluido nel corso del recupero. Per questo si è tuffata in questo progetto che, da un anno a questa parte, porta avanti attraverso il laboratorio “Teatro in corsia” in collaborazione con l’ospedale San Filippo Neri e con la direzione scientifica di Massimo Santini – direttore del dipartimento cardiovascolare del nosocomio romano nonché presidente della società mondiale di aritmologia.

 

Una questione di cuore
«Ho proposto al professor Santini questo laboratorio – continua la Panzieri – perché volevo capire se dal punto di vista scientifico inserire il teatro in corsia potesse aiutare la gente a stare meglio in concreto. Occorrevano delle linee guida ed una formazione rigorosa, così abbiamo iniziato a collaborare. In tutto questo tempo ho raccolto personalmente le storie dei pazienti che erano in corsia per elaborare il questionario finale. Lavoravo con loro, stavo accanto al loro letto. Alla fine di questo percorso è venuto fuori un documento che abbiamo sottoposto ai pazienti del reparto di cardiologia vascolare che integrerà la cartella clinica tradizionale».
Le domande proposte sono tutte molto aperte di modo da non condizionare in alcun modo chi si appresta a scrivere. “Chi sei?”, “Cosa ti spaventa?”, “Cosa è per te la malattia?” da queste semplici interrogazioni si possono ricavare informazioni che non si trovano nella cartella clinica tradizionale fatta di numeri, informazioni tecniche e anonime che non ci dicono nulla della persona a cui si riferisce.
«Si tratta di un progetto innovativo – spiega Vincenzo Loiaconi, Direttore della Chirurgia delle Aritmie del San Filippo Neri – che potrebbe riscrivere la letteratura medica a partire dall’uomo prima che dalla patologia. Uno strumento di lettura del paziente utilissimo per noi medici, per favorire la concordanza e l’alleanza terapeutica, fondamentale per il buon esito di qualsiasi iter terapeutico».
«Inserire in cartella clinica il profilo individuale disegnato dal paziente – rilancia il professor Santini, direttore scientifico del progetto – oltre ad essere una prassi assolutamente innovativa in campo sanitario, consente al medico di capire in pochissimo tempo anche le caratteristiche personali, sociali, psicologiche del paziente, rivelando quindi una utilità che si riflette sui fini globali dell’assistenza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *