Con l’Istituto della Media Conciliazione obbligatoria gli intenti erano:
a) di deflazionare il carico giurisdizionale dei Tribunali;
b) quello di passare la palla della “Mala-Giustizia” dalla Magistratura ai non tecnici del diritto (i conciliatori infatti, possono essere tranquillamente anche degli infermieri o degli idraulici, con tutto il rispetto per questi mestieri);
c) ovvero ancora – ma falsamente nonostante lo abbiano più volte ribadito i politici (anche avvocati) – che fosse l’Europa a chiedere l’ingresso nel nostro ordinamento di tale Istituto.
La sentenza del Giudice di Pace di Napoli, Sezione II, del 23.03.2012 squarcia completamente il velo e rende del tutto inutile l’intervento legislativo con la conseguenza che le spese sostenute da molti, colleghi e no, per acquisire il titolo di conciliatore altro non è se non l’ennesima prova che il “Legislatore Illuminato” più che risolvere i problemi italiani, altro non fa che illudere tutti noi…
Il Giudice di Pace di Napoli parte dall’assunto che l‘intento deflattivo che si è proposto il legislatore era già stato assecondato proprio dall’istituito Giudice di Pace che è nato proprio per favorire la conciliazione delle controversie. La conciliazione può, infatti, aver luogo sia fase giudiziale ex art. 320 c.p.c. sia nella fase stragiudiziale ex art. 322 c.p.c.
Secondo il Giudice di Pace sarebbe oltremodo contra legem escludere dal processo conciliativo un istituto che è nato precipuamente per lo svolgimento di tale finalità.
Quindi, il Gdp di Napoli ha statuito che, nei giudizi instaurati innanzi al Giudice di Pace ed aventi ad oggetto controversie su materie in ordine a cui costituisca condizione di procedibilità il previo esperimento del tentativo di mediazione ex art. 5 del D.Lgs. 28/2010, non si debba applicare la disposizione normativa medesima in quanto a ciò osta la sussistenza degli artt. 320 e 322 del codice di procedura civile, in base ai quali nell’ambito del rito dinanzi al GdP sono già contemplati istituti di composizione bonaria delle controversie.
Tra l’altro, secondo alcuni commentatori, lo stesso giudice di Pace ha comunque gettato un’ombra sulla sua sentenza in quanto ha rinviato le parti ad una udienza successiva, invitandole ad instaurare il procedimento di media conciliazione, rinviando appunto per il merito anziché riaffermare l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione.
A mio giudizio, se devo essere sincero, il Giudice di Pace ha correttamente rinviato la trattazione del merito del giudizio, ciò proprio per facilitare la celerità e invitando le parti a mantenere un atteggiamento processuale rivolto alla concretezza. Nel senso che se un accordo lo vogliono trovare lo possono sempre e comunque trovare, soccorrendo istituti per la definizione dei giudizi che il nostro ordinamento, e gli avvocati, conoscono benissimo. Qualora, nelle more, l’istituto della media-conciliazione trovasse la sua concreta applicazione, basta depositare in fascicolo il verbale di definizione transattiva della controversia, senza con ciò bloccare o ritardare inutilmente il processo già pendente.
Il problema vero è che le compagnie di assicurazioni sono le uniche che ci guadagnano dal ritardo e dall’ostacolo della condizione di procedibilità: essere costretti a pagare a fronte di un accordo transattivo entro 4 mesi è cosa ben diversa dall’essere costretti a pagare quanto sancito dal Tribunale e/o Giudice di pace a distanza almeno di tre/cinque anni dal sinistro. Fossero anche soltanto 5.000 euro, in mano alla compagnia di assicurazione quei soldi rendono molto di più rispetto ad un accordo per 2.500 euro raggiunto 3 o 5 anni prima…
La verità è e rimane soltanto una… in mano a chi siamo?…