FIRENZE. Fino al 6 gennaio, nell’anno della cultura italiana in Ungheria e ungherese in Italia, la Biblioteca Monumentale del Museo di San Marco a Firenze ospita una mostra incentrata sulla figura di Mattia Corvino, re d’Ungheria dal 1458 al 1490, e, sulla trama di rapporti che legarono quel re all’Umanesimo e a Firenze, alla sua cultura e alla sua arte.

L’esposizione comporta un inevitabile sguardo parallelo su Lorenzo il Magnifico, che di quella cultura e di quell’arte fiorentina fu assertore e propagatore, oltre che mecenate, e della storia fiorentina di quegli anni fu protagonista. L’idea di realizzare a Firenze una simile esposizione è stata concepita dal Soprintendente, Cristina Acidini, dopo la visione delle mostre realizzate a Budapest nel 2008 per il 550simo anniversario dell’ inizio del regno di Mattia Corvino in Ungheria, dal Museo Storico di Budapest e da altre istituzioni. Queste hanno infatti aperto nuove e stimolanti prospettive di conoscenza sulle relazioni intercorse tra l’Ungheria e l’Italia già a partire dal Trecento e sulla diffusione dell’Umanesimo in terra ungherese.   La mostra è diventato un progetto espositivo, elaborato congiuntamente da studiosi ungheresi e fiorentini: Pe’ter Farbaky, storico dell’arte e vicedirettore del Museo Storico di Budapest, Da’niel Po’cs, storico dell’arte dell’ Istituto di Storia dell’Arte dell’Accademia delle Scienze, EnikQ Spekner storico e Andra’s Ve’gh archeologo – storico, entrambi del Museo Storico di Budapest, Magnolia Scudieri, direttore del Museo di San Marco, e Lia Brunori. La scelta di San Marco come sede non è casuale, dato il ruolo ricoperto nello sviluppo della cultura umanistica dalla Biblioteca del convento domenicano, nel cui ambiente monumentale la mostra è stata allestita. Costruita per volere di Cosimo de’ Medici nel 1444 e arricchita della straordinaria raccolta di testi appartenuti all’umanista Niccolò Niccoli, essa fu la prima biblioteca ‘pubblica’ del Rinascimento, dove, in epoca laurenziana, si incontravano personaggi come Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Agnolo Poliziano. Tra questi, sono da annoverare anche coloro che direttamente, o indirettamente, entrarono in contatto con Mattia Corvino o con il suo ambiente. La mostra si è posta, quindi, l’obiettivo di delineare un panorama sulla capacità di penetrazione e di diffusione della cultura fiorentina in territorio ungherese, tramite gli umanisti e gli artisti, e sul suo utilizzo per costruire una rappresentazione celebrativa del re ungherese. Corvino voleva infatti raggiungere una posizione egemonica in Europa e porsi agli occhi degli altri potenti come il principale difensore della Cristianità contro il pericolo ottomano. Pertanto, dopo aver tratteggiato l’ambiente culturale in cui si colloca la vicenda biografica e la formazione culturale di Mattia Corvino, la mostra cerca di ricostruire, attraverso l’esposizione di opere di artisti fiorentini appartenute o donate al re ungherese e di artisti ungheresi influenzati dai fiorentini, i contatti di quest’ultimo con Firenze.
                                                                                                                                                                            Sabrina Corarze

Di Golem

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