In ottocentomila (350mila secondo la questura) hanno manifestato a Parigi domenica scorsa contro il disegno di legge sulle nozze gay “mariage pour tous” (matrimonio per tutti). Promosso da Marisol Touraine, ministro degli Affari sociali, e Dominique Bertinotti ministra della Famiglia, sarà discusso in Parlamento il 29 gennaio prossimo.
E la grande questione sollevata in Francia non rimane senza eco in Italia, ma con delle differenze fondamentali. L’intera questione di laicità e di ingerenza della chiesa nella vita pubblica ha, malgrado i potenti anticorpi francesi, da subito innervato il dibattito. Così qualche tempo fa l’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois, aveva tacciato la proposta governativa di «prepotenza» contro la società e i bambini. Esternazioni che da noi avrebbero sconvolto governo e parlamento ma che sono state subito rimandate al mittente. Questo è un “matrimonio civile in una Repubblica laica” è stata la risposta.
Il disegno di legge del governo socialista, sebbene risulti dai sondaggi che la maggior parte dei francesi sia favorevole (il 56 % , e un francese su due disapprova l’ingerenza della Chiesa), ha alzato però il coperchio sui radicalismi esistenti nella società civile. Migliaia di manifestanti erano organizzati dalle associazioni cattoliche come Civitas, che sogna la “ri-cristianizzazione della Francia” – e molti dalla destra Ump e Le Pen. Ma anche se il dibattito pubblico che si apre rientra nel solco della grande questione dello stato laico, molti scesi in piazza non erano necessariamente spinti a manifestare il proprio dissenso per questioni politiche o religiose. E forse è proprio questo il dato più importante che va letto al di là dell’accusa di omofobia erroneamente sollevata in prima battuta da chi invece è favorevole ai matrimoni e adozioni gay. Il fatto che siano anche i laici a manifestare rivela quanto sia il sentimento di “perdita identitaria” a far percepire il matrimonio gay come un “disturbo” insostenibile all’interno della trama sociale. Sono lo smarrimento o la paura che ne derivano che alimentano allora anche l’omofobia.
Così, il motore della manifestazione è il panico che sempre di più genera il diverso. E la domanda da porsi prima ancora della questione sollevata dalla filosofa Michela Marzano sul blog di Repubblica “Se Parigi dimentica di essere laica” dovrebbe essere non se la Francia dimentica la laicità ma perché una società cresciuta sotto le ali della République sia oggi così impaurita dalla libertà dell’ “altro”. Anche se paradossalmente questa grandissima conquista dei gay nata per affermare una libertà va a rafforzare invece l’istituto del matrimonio incardinando l’unione – di tutti, compresi gli etero- in uno schema sociale e patrimoniale, riaffermando così la necessità del vincolo matrimoniale.
Le ragioni delle paure potrebbero essere le più disparate e spesso ascrivibili all’interno della logica contraddittoria reazionaria. La prima ragione, strettamente economica: la mancanza di tutela che nasce dallo smantellamento progressivo dello stato sociale, e il problema crescente della disoccupazione restituiscono alla famiglia lo scettro di tutela e salvezza a detrimento ovviamente dell’indipendenza e della libertà degli individui. La famiglia gay viene allora percepita come un altro colpo a una delle poche “certezze” rimaste costituite appunto dalla famiglia tradizionale. Generano sentimento di perdita le politiche neoliberiste che cancellano le diversità culturali, livellano la cultura e assegnano al mercato un valore assoluto, creando classi di consumatori più che di cittadini. Un’enorme contraddizione è emersa nei giorni della manifestazione a Parigi con il monito di Ratzinger sulla questione delle adozioni poiché, ha detto il Papa : “ i bambini non sono merce”. Solo che i bambini sono già da molto tempo merce, e senza nessun monito della Chiesa, all’interno appunto della consacrazione delle logiche di mercato sostenute soprattutto dalla destra, che in Italia in particolare manifesta ovunque il suo terrore che una simile iniziativa si abbatta sul paese. Basterebbe sfogliare un inserto di moda per trovare coppie di bambini di cinque anni che emulano la coppia futura, vestiti come vogliono gli adulti, per un mercato gestito da adulti. E soprattutto ammiccanti per gli adulti.
Per ultimo, un decennio di politiche identitarie della destra francese, come anche quella italiana – con le note derive del sottosviluppo leghista – basate sul controllo delle paure e sulla costruzione di comodi nemici contro i quali battersi, hanno rafforzato e incoraggiato radicalismi e fanatismi. Musulmani da una parte (con un ripiegamento identitario a loro volta proporzionale alla marginalizzazione delle classi sfavorite) e cattolici dall’altra si fanno sentire in modo esponenziale. Così la grande manifestazione di Parigi dal titolo ecumenico “la manif pour tous” (la manifestazione per tutti che fa il verso alla legge “mariage pour tous”, matrimonio per tutti) ha preso in alcuni casi tinte apocalittiche: si tratta di preservare “la nostra società e la nostra umanità” recitavano alcuni volantini distribuiti nelle parrocchie contro il governo che “ ha un progetto di negazione dell’umanità”. Così appaiono un derivato di anni di “prediche” politiche a sfondo religioso a favore dell’ “identità” intesa non come apertura ma come ripiegamento, i carri oranti che hanno sfilato supplicando Hollande “Vous, Monsieur le Président” come se recitassero un Padre Nostro.
Non è la Francia che dimentica di essere laica. E’ la società civile che ha perso un po’ della sua libertà in questi anni. La République ancora può accogliere tutte le religioni, purché queste non entrino nella vita pubblica. Ed è questo il grande solco che divide la Francia compresa la Francia reazionaria dall’Italia. Ricordiamo la legge del 15 marzo 2004 che proibiva di portare simboli evidenti della religione come il velo a scuola, la kippa o la croce. Una legge strumentale perché era motivata dalla guerra “ per liberare le donne” dal burqa e dal niqab, in realtà condotta contro l’Islam e contro l’immigrato ma che da noi non potrebbe mai avere corrispettivo se non nelle modalità inopportune di Daniela Santanché. E poi, come si potrebbero mai togliere le croci da tutte le aule, uffici e luoghi pubblici? E anzi a Portico d’ Ottavia il quartiere ebraico romano, si vedono sempre di più uomini con la kippa. Una novità di questi ultimi anni.
Mai in Francia si potrebbe leggere un titolo di un quotidiano nazionale come “il no dei vescovi” o “il sì dei vescovi” , per segnalare l’investitura al politico. Ma in Italia lo Stato è totalmente condizionato dalla “libera” opinione dei vescovi, il partito che ha molte responsabilità senza mai averne nessuna ma che decide ancora la forma della società.
Così anche la seconda questione che si pone, cioè quella relativa alle adozioni, è strettamente connessa alla percezione della società civile delle nozze gay. Non è scritto da nessuna parte che un figlio di una coppia gay stia meglio o peggio di quello che proviene da una coppia etero, o da una madre o da un padre vedovi, o da una famiglia che conserva il sacro vincolo del matrimonio a prezzo di liti e violenze. Semplicemente non ci sono prove. Ma c’è solo molto panico.
La sola certezza è invece quella della percezione sociale, arretrata, del figlio della coppia gay.
E’ proprio l’Italia allora che rivela tutta la sua inadeguatezza ad affrontare il problema. Intervistato da Marco Gaiazzi per “Punto e a capo”, su Class TV MSNBC il candidato alla presidenza della Regione Lombardia Gabriele Albertini spiega il suo personale punto di vista antropologico : “Ma perché dobbiamo condannare, o comunque obbligare, un figlio ad essere necessariamente omosessuale, quando invece potrebbe essere tranquillamente eterosessuale?”. Ma subito dopo si avventura anche nell’economia. Le nozze gay comporterebbero una pensione di reversibilità. E questo potrebbe nuocere al metalmeccanico ha detto, improvvisamente appassionato alla sorte di una categoria di lavoratori alla quale per tradizione, non ha mai tenuto. Anche se non c’è nessuna prova che un figlio di coppia omosessuale diventi omosessuale (e del resto gli omosessuali sono figli di eterosessuali) è certissimo invece che delle persone ritardate, nel senso culturale, ovvero arretrate, non sapranno mai governare.