Se nei paesi della primavera araba le donne subiscono la perdita dei loro diritti senza protestare, in Yemen dove non ne hanno mai avuti iniziano all’interno delle famiglie le rivolte delle mogli sottomesse, che spesso sfociano in tragedia.
Mentre dall’Egitto e dalla Tunisia arrivano notizie di continue molestie e stupri ai danni delle donne, in Yemen succede il contrario. La violenza e la mancanza di diritti delle donne yemenite sta spingendo sempre più mogli ad armarsi e ad uccidere i mariti per ottenere la libertà.
E’ questo quanto è emerso da una ricerca pubblicata dal ministero degli Interni di Sana’a, che denuncia il crescente fenomeno di donne del paese arabo che uccidono i propri mariti, il quale lo scorso anno ha superato anche quello cronico dell’uxoricidio commesso dagli uomini. Le autorità yemenite hanno reso noto che nel 2012 sono state 50 le donne arrestate nel paese con l’accusa di aver ucciso il proprio coniuge e in molti casi avendone anche occultato il cadavere. Secondo le statistiche del Centro d’informazione della sicurezza di Sana’a, le donne arrestate hanno un’età che varia dai 25 ai 50 anni e sono distribuite in tutte le province del paese, anche se la maggior parte risiede nella capitale Sana’a e a Taiz.
Le vittime sono i mariti, e le mogli assassine trovano complicità nell’occultamento dei cadaveri da parte degli uomini della loro famiglia d’origine. Alla base di questi omicidi ci sono matrimoni forzati, violenze familiari o altri motivi comunque legati alla posizione di sottomissione della donna yemenita nei confronti dell’uomo. Queste donne disperate uccidono il proprio coniuge con le armi più diverse: dalle pistole al veleno passando anche per aggressioni fisiche che sfociano nella morte del marito.
Il dato in controtendenza rispetto al passato riguarda il fatto che per la prima volta nel 2012 le donne che hanno ucciso i loro mariti sono state in maggior numero dei mariti che hanno assassinato le loro consorti.
I sociologi sottolineano però come gli uxoricidi classici avvengano in buona parte per vendicare un tradimento, i cui casi sono limitati in Yemen. Quelli invece delle donne contro i mariti sono omicidi maturati dopo anni di sofferenze, dopo aver passato una vita d’inferno, che sfociano in un raptus che può essere un colpo di pistola sparato al coniuge, una coltellata o del veleno messo nel cibo. In alcuni casi i mariti sono stati uccisi anche nel sonno, colpiti in testa con delle spranghe di ferro dalle mogli. Spiega lo psicologo yemenita Mujib Abdel Bari alla tv “al Arabiya” che “le continue offese e le torture mentali subite dalle donne da parte del marito ogni giorno, fanno perdere alla donna ogni speranza in una vita migliore e sfociano in buona parte dei casi nel suicidio. In altre circostanze però la donna finisce con l’uccidere il marito, pur sapendo di poter perdere poi la libertà e rovinare comunque la propria vita“.
L’omicidio più efferato commesso da una donna yemenita nei confronti di suo marito risale allo scorso 7 agosto quando una quarantenne ha ucciso il marito e due suoi figli prima di suicidarsi dopo una violenta lite familiare in un villaggio della zona tribale di Mareb, nota per la larga diffusioni di armi tra la popolazione civile.
Lo Yemen è anche il paese dei casi di pedofilia mascherati da matrimoni, grazie ad un’interpretazione medioevale della sharia. Episodi che riguardano però anche paesi vicini come l’Arabia Saudita, dove la scorsa settimana uno sceicco novantenne ha sposato una 15enne nel sud del regno arabo. Secondo quanto denuncia la tv satellitare “al Arabiya“, il matrimonio è avvenuto nel governatorato di al Harath nella provincia di Jizan, provocando la reazione degli attivisti per i diritti umani nel paese arabo. Per contrarre matrimonio con la ragazzina, l’anziano saudita ha pagato alla sua famiglia una dote di 17 mila dollari. La giovane sposa proviene da una famiglia bisognosa composta da madre saudita e padre yemenita. La notizia è stata resa nota solo perché lo sposo ha denunciato di essere stato truffato dai genitori della ragazzina. Sembra infatti che dopo la festa di matrimonio, la 15enne sia riuscita a chiudersi a chiave nella sua stanza, con la complicità dei genitori, evitando quindi di passare la prima notte di nozze con lo sceicco il quale si è rivolto al tribunale locale chiedendo di poter consumare il matrimonio o di ottenere indietro la somma versata come dote.