La nuova frontiera per le aziende italiane che vogliono crescere e per il Made in Italy si chiama Marocco. Nel paese nord africano le imprese italiane presenti sono ancora al di sotto del loro potenziale e il paese rappresenta un luogo privilegiato per chi vuole internazionalizzare il proprio business ed espandersi verso i mercati dell’Africa.
E’ questo il dato che è emerso nel corso del convegno di presentazione del rapporto “Economic outlook: italian business in Morocco”, organizzato dall’Istituto affari internazionali (Iai) e il Centro studi e ricerche per il mezzogiorno (Srm), collegato al gruppo Intesa San Paolo, che si è tenuto la scorsa settimana a Roma. Ospite d’eccezione dell’incontro è stato l’ambasciatore del Marocco in Italia, Hassan Abouyoub, il quale intervistato da “Golem” ha ricordato che il suo paese “è una monarchia e per questo ha una visione a lungo termine di almeno 40 anni”. “Abbiamo studi di settore che definiscono come sarà il Marocco nel 2030 – ha affermato -. Questo è un privilegio che una repubblica non ha perché si lavora al massimo 3 anni in un sistema democratico occidentale”. Secondo il diplomatico marocchino “le sfide della globalizzazione ci spingono a pianificare politiche per almeno i prossimi 50 anni”. Il Marocco ha quindi capito che “oltre alla dimensione europea è importante anche quella africana. Lo abbiamo compreso e applicato anche nel sistema universitario. Oggi il Marocco ha il maggior numero di studenti africani nella regione, che sono 15 mila. Abbiamo addestrato migliaia di africani e questo spiega le relazioni con i paesi africani e siamo diventati un hub per l’Africa. Si tratta di scelte che si fanno nell’arco di 30 anni”.
Lo studio è stato realizzato dall’Osservatorio mediterraneo dell’Srm nell’ambito del programma pluriennale di analisi denominato “Progetto business”, nato con l’obiettivo di quantificare il valore della presenza imprenditoriale italiana nei paesi non europei che si affacciano sul Mediterraneo. La ricerca evidenzia come il Marocco offra ampi margini per incrementare il ruolo già importante delle imprese italiane: una crescita prevista per il prossimo biennio superiore al 4,5 per cento, un’inflazione contenuta (+1,3 per cento nel 2012) e soprattutto un pacchetto di incentivi che, insieme al costo del lavoro ancora ben inferiore a quello italiano, ne fanno una delle mete privilegiate per i processi di internazionalizzazione delle imprese. Dallo studio è emerso che l’Italia è al quinto posto tra i partner commerciali del Marocco con scambi bilaterali pari a 2,3 miliardi di euro nel 2011 e una bilancia commerciale in forte attivo (quasi 1 miliardo di euro) mentre lo stock di investimenti diretti esteri italiani in Marocco hanno toccato la cifra di 500 milioni di euro, un valore lontano da quello relativo agli investimenti realizzati dalle imprese francesi (16 miliardi di euro) che operano in tutti i principali settori dell’economia marocchina. Con una popolazione di 32 milioni di abitanti e un Prodotto interno lordo che nel 2012 sfiora i 76 miliardi di euro, il Marocco si colloca al terzo posto tra i paesi del Nord Africa per dimensioni della propria economia, alle spalle di Egitto e Algeria. Si tratta di un paese in forte crescita: sebbene si registri un rallentamento nel corso del 2012 (+2,9 per cento l’andamento del Pil), il Prodotto interno lordo è cresciuto a ritmi di quasi il 5 per cento tra il 2004 e il 2011 con un ulteriore incremento del tasso di crescita previsto per il 2013 (+5,5 per cento). L’apertura internazionale del paese è progressivamente aumentata nel corso dell’ultimo decennio ma è cresciuto anche il deficit della bilancia commerciale: l’interscambio commerciale con l’estero ha toccato i 47,5 miliardi di euro nel 2012, valore più che raddoppiato rispetto al 2001 e il saldo della bilancia commerciale è negativo per 16,4 miliardi di euro.
In questo momento il settore di punta dell’industria italiana in Marocco è rappresentato dall’industria “pesante” (prodotti metalliferi, macchinari e mezzi di trasporti) che esprime una quota del 38% dell’export italiano e rappresenta il 13% delle imprese italiane attive nel paese. Alla luce di questi dati promettenti a settembre sarà aperto presso il consolato italiano di Casablanca “uno sportello per gli imprenditori insieme all’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice)”. E’ quanto ha annunciato Piergiorgio Cherubini, l’ambasciatore italiano uscente in Marocco, nel corso dell’incontro a Roma. “Sarà un punto di riferimento importante perché sarà un richiamo della presenza italiana in Marocco che sul piano economico ancora non c’è – ha spiegato il diplomatico italiano –. Nella breve durata del mio mandato non sono riuscito a fare quello che volevo, cioè creare un punto nel quale gli imprenditori potessero parlare della loro esperienza, ma credo che quello di oggi sia un punto di partenza”. Cherubini ha infatti aggiunto: “Sono appena tornato da Rabat dove abbiamo cercato di riaccendere l’interesse degli imprenditori italiani interessati al mercato marocchino. Conosco bene il rapporto dell’Osservatorio Mediterraneo e quando l’ho letto ho trovato ciò che da tempo chiedevo agli imprenditori italiani in Marocco, fare una specie di esame dei loro casi. Il Marocco è un paese promettente e ricco di prospettive ma è anche un paese difficile dove non è facile entrare e stabilirsi a causa della forte concorrenza di Francia e Spagna. Per far fronte a questo ci vuole uno sforzo particolare da parte di tutti”.
Il fatto che si sia tenuto un incontro sul business italiano in Marocco non è casuale. Il paese è stato scelto dall’Osservatorio mediterraneo “perché è stabile nel momento in cui il resto della regione non lo è”. E’ quanto ha affermato Massimo De Andreis, direttore generale del centro studi per il Mediterraneo e il Mezzogiorno, nel corso della riunione sull’imprenditoria italiana. “E’ un paese ponte perché non è solo un paese mediterraneo, ma anche atlantico – ha spiegato De Andreis – Quando incontri rappresentanti delle imprese di Stati Uniti e Brasile che ti dicono che per loro quello è un paese atlantico capisci che è una prospettiva di ponte anche con l’Africa stessa. Gli imprenditori brasiliani ad esempio stanno usando molto il Marocco come ponte per investire in Africa”. Lo studioso ha aggiunto che “questa analisi che abbiamo fatto sul Marocco è la seconda di una serie inaugurata con un lavoro sulla Turchia che sta proseguendo con un altro sulla Tunisia. L’originalità di questo lavoro sul Marocco è di metodo perché normalmente gli studi sui paesi hanno un’impronta macroeconomica, per poi scendere solo dopo a livello micro. Noi invece abbiamo fatto il processo inverso. Questo è uno studio che nasce con un’analisi microeconomica e poi siamo passati alla macroeconomia. Perché vogliamo andare a censire quante sono le imprese italiane che operano, ad esempio in Turchia sono 1015 le imprese con capitale italiano ma con personalità giuridica turca. In Marocco ce ne sono di meno ma abbiamo anche analizzato i bilanci di queste imprese per capire l’andamento economico e le motivazioni che li hanno spinti ad andare in quel paese”.
Analizzando invece i traffici dei porti nel Mediterraneo va notata “la grossa crescita che sta avendo Tanger Med (il porto di Tangeri) e in generale i porti del sud del Mediterraneo. Tanger Med è cresciuto del 10 per cento negli ultimi 5 anni, mentre è cresciuto poco Port Said e invece ha perso quote di mercato Goia Tauro. I traffici marittimi rispettano questo cambiamento di cui stiamo parlando”. Analizzando la situazione delle imprese italiane in Marocco “abbiamo censito 140 imprese italiane con sede legale in Marocco con 7 mila dipendenti e volume d’affari poco sotto il miliardo di euro. Le imprese francesi sono mille con un fatturato di 23 miliardi e 115 mila dipendenti”. Facendo invece un’analisi dei bilanci comparati tra imprese italiane e francesi “seppur c’è stata una contrazione nel 2012 e il calo del Pil medio rispetto al periodo precedente, parliamo di un bilancio che mantiene margini di redditività molto buoni con anche una buona solidità finanziaria”. L’export italiano verso il Marocco “dal 2002 ad oggi è cresciuto del 92 per cento”. E’ quanto ha affermato Luca Forte, responsabile dell’Osservatorio Mediterraneo del Centro studi e ricerche per il mezzogiorno (Srm). “Il Marocco è il quarto mercato di sbocco per l’Italia ed esporta in particolare prodotti manifatturieri e pochi prodotti energetici”, ha spiegato Forte.
Per il Marocco, ha aggiunto Forte, “l’Italia è il quarto esportatore europeo, preceduto da Francia, Spagna e Germania. Il saldo commerciale italiano normalizzato è superiore a quello francese. Dal 2012 al 2013 l’export italiano è cresciuto del 24 per cento, più di quello francese, cresciuto del 5 per cento”. Il responsabile dell’Osservatorio Mediterraneo ha spiegato che, per quanto riguarda la consistenza e lo stato di salute del business italiano in Marocco, “è evidente il diverso peso dell’imprenditoria italiana rispetto a quella francese. Dalla nostra ricerca sono escluse una serie di imprese che operano in via temporanea perché lavorano nello sviluppo delle infrastrutture, molte delle quali sono italiane”, ha spiegato Luca Forte. “La regione preferita per le nostre imprese è quella di Casablanca, anche se, rispetto alle francesi, le aziende italiane sono maggiormente distribuite e meno dell’80 per cento si concentrano nelle regioni importanti come Casablanca, Rabat e Tangeri. Più della metà delle imprese italiane appartiene al comparto manifatturiero, mentre quelle francesi sono più presenti nel settore turistico e di servizi”. Entrando nello specifico della sua analisi, Forte ha spiegato che “lo studio sul business italiano in Marocco ha analizzato nello specifico tre aziende presenti a Rabat. La prima, Air Clima, commercia prodotti importanti dall’Italia, installa, distribuisce e effettua manutenzione di impianti di climatizzazione e pannelli solari”.
La seconda azienda analizzata è Cristalstrass, che, invece, produce in Marocco. “E’ stata la prima impresa straniera in Marocco, la sua presenza risale al 1983 ed ha 400 addetti. (L’azienda, ndr) opera in Marocco per via del basso costo del lavoro, produce nel paese ed esporta in Occidente. La terza è Indirri Maroc che ha invece il quartier generale in Italia e distribuisce prodotti di irrigazione nel paese”. Il responsabile dell’Osservatorio Mediterraneo dell’Srm ha spiegato infine che “il motivo principale per aprire il commercio in Marocco è che si tratta di un mercato in crescita ed è usato come piattaforma per esportare in altri paesi africani, in particolare dell’Africa occidentale. Gli incentivi all’esportazione sono il punto forte, ma le infrastrutture sono, invece, una nota dolente”. Ha spiegato invece Giuseppe Tripoli, capo del Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione del ministero dello Sviluppo economico, che in Marocco in questo momento “c’è una potenzialità non espressa del business italiano”. “C’è un’attenzione europea molto forte verso il Marocco”, ha aggiunto Tripoli, ricordando che il Marocco è un paese stabile politicamente ed economicamente. “Bisogna concludere i negoziati sugli accordi di libero scambio con Rabat, perché è vero che abbiamo come competitori paesi europei ma anche stati extraeuropei. La seconda dimensione di interesse è il fatto che il governo sta conducendo importanti azioni di investimento nei settori delle infrastrutture, delle energie rinnovabili e dell’agricoltura. Sono settori ai quali le imprese italiane sono interessate”.