Dopo l’appello lanciato lo scorso luglio da Papa Francesco a Lampedusa in favore degli immigrati clandestini, questa volta a scendere in campo in solidarietà con chi si sposta dal sud del mondo verso nord alla ricerca di una vita migliore è il re del Marocco, Mohammed VI.
Il giovane monarca, noto nel suo paese come re illuminato, ha di fatto bacchettato le istituzioni del suo paese invitando politici, autorità e popolo ad avere un approccio diverso rispetto al fenomeno dell’immigrazione irregolare. Mohammed VI ha chiesto “di trattare il fenomeno dell’immigrazione clandestina in Marocco, che provoca forti dibattiti e scontri nel campo politico, in modo totalmente umanitario, rispettando i dettami del diritto internazionale chiedendo la collaborazione di tutte le istituzioni”. E’ intervenuto su questo tema e sulla questione dei diritti umani nel suo paese dopo aver ricevuto un rapporto del Consiglio nazionale dei Diritti umani.
In una nota diffusa dalla casa reale di Rabat si afferma che “il Marocco è stato da sempre terra di emigrazione, di accoglienza e di transito. Tutti vedono al Marocco come un paese di accoglienza anche in considerazione del ruolo e dei rapporti che storicamente ha sempre avuto con i paesi dell’Africa sub sahariana”. Si ricorda infine che oltre al rispetto del diritto internazionale, le istituzioni sono tenute a rispettare le norme della nuova Costituzione, voluta proprio da Mohammed VI, che prevedono la lotta alla discriminazione, al diritto di asilo e all’uguaglianza di diritti tra cittadini marocchini e stranieri”.
A spingere il giovane re su questo difficile terreno è stato quindi il Consiglio Nazionale dei diritti dell’Uomo del Marocco, (Cndh) il quale ha redatto nei giorni scorsi un rapporto sulla situazione dei migranti e dei
rifugiati nel paese nord africano dal titolo: “Stranieri e diritti dell’uomo in Marocco: Per una politica d’asilo e di immigrazione radicalmente nuova”. Nel documento si sottolinea che il Marocco è stato sempre paese d’emigrazione e terra d’immigrazione, quindi dispone una lunga tradizione d’immigrazione e di accoglienza. L’esame del rapporto del Marocco sull’attuazione della Convenzione internazionale sulla protezione di diritti dei lavoratori migranti e loro famiglie dal comitato per la protezione dei lavoratori migranti era stato fissato il 10 e 11 settembre nella sede del Consiglio dei Diritti dell’Uomo dell’ONU a Ginevra.
La presa di posizione di Mohammed VI rispetto al dramma degli immigrati clandestini che dall’Africa sub-sahariana attraversano il suo paese diretti in Europa ha colpito anche l’Onu che ha espresso in una nota il proprio apprezzamento per gli sforzi del Marocco in questo campo. In una nota delle Nazioni Unite si elogia il lavoro del Consiglio nazionale per i diritti dell’Uomo di Rabat “impegnato nel far si che il suo paese rispetti i diritti dei migranti anche grazie al sostegno del loro monarca”. La dichiarazione elogia anche la recente relazione del Cndh, sottolineando come “da paese di origine dei migranti, il Marocco è progressivamente diventato paesi di transito e di destinazione ora per molti migranti che risiedono in quel nel paese irregolarmente”.
Se da un lato negli ultimi anni Rabat ha intensificato la lotta contro l’immigrazione clandestina, espellendo un numero sempre maggiore di immigrati dell’Africa sub-sahariana verso i propri pesi d’origine, dall’altro anche la vicina Spagna è impegnata in questo senso per respingere alla frontiera col Marocco i clandestini, che quindi restano per lunghi periodo senza documenti nel paese nord africano. Infatti, il caso della città di Melilla continua a rimanere problematico. Melilla, situata sulla costa orientale del Marocco, è in realtà una città spagnola, a statuto autonomo dal 14 marzo del 1995. Conquistata dagli iberici nel 1497, è stata sin da allora contesa tra Madrid e Rabat per questioni geopolitiche ed economiche legate, per lo più, ai flussi del commercio marittimo. Oggi, per la Spagna, Melilla e sua “sorella di sorte” Ceuta, sono forse più un peso per il governo, in quanto vi tentano di entrare ogni giorno decine di clandestini, consci che mettere un piede tra le loro mura, grazie a Schengen, è mettere un piede in Europa.
Per questo, il confine terrestre tra Melilla e l’entroterra marocchino è recintato e sorvegliato con barriere parallele di 3 metri di altezza, con posti di vigilanza alternati e camminamenti per il passaggio di veicoli
adibiti alla sicurezza. Vi sono poi cavi posti sul terreno che connettono una rete di sensori elettronici acustici e visivi e fari ad alta intensità capaci di illuminare a giorno anche di notte l’area desertica circostante. Il tutto è corredato da un sistema di videocamere di vigilanza a circuito chiuso e strumenti per la visione notturna. Visti però i numerosi tentativi di scavalcamento della barriera, secondo l’agenzia europea Frontex, si starebbe pensando di alzare a sei metri di altezza il muro che separa la città dal Marocco. In oltre, a fine maggio, la Guardia Civile spagnola ha rafforzato il dispositivo di controllo delle frontiere, con un modulo di intervento rapido, al quale si è aggiunto a giugno un elicottero che ogni
notte pattuglia il perimetro frontaliero.
Questa barriera è stata causa di dissenso su più fronti. Rabat si è opposta alla costruzione della barriera, visto che considera Ceuta e Melilla parte del proprio territorio occupato, motivo per il quale, dal 1975 ha richiesto la sua annessione. Vi sono poi coloro i quali si dichiarano contrari ad essa in quanto avrebbe provocato, indirettamente, la morte di almeno 4.000 persone, annegate nel tentativo di attraversare lo Stretto di Gibilterra o cadute sotto i colpi delle guardie che ne difendono il perimetro. Emblematico è stato l’assalto di migranti del 2005, quando un massiccio tentativo d’ingresso nella città è stato represso nel sangue causando una decina di morti e oltre trenta feriti.
Eppure il flusso d’immigrati clandestini passanti per il Marocco e diretti in Spagna si è notevolmente ridotto, scendendo di circa il 30% nell’ultimo anno. Secondo il Ministro degli Interni di Madrid, Jorge Fernandez Diaz, i dati del 2013 sono ancor più incoraggianti in quanto nei primi sei mesi il calo è stato del 90%. Infatti, vi sono stati appena 3.804 ingressi, contro i 39.000 del 2006. Certo è presto per ritenerli dati definitivi, visto che mancano ancora gli ingressi dell’estate, periodo in cui notoriamente i flussi migratori si fanno più abbondanti.