“Marine, ho paura che tra un po’ arrivi e che ce ne dobbiamo andare tutti. Vaffanculo Front National”. (Marine j’ai peur que dans quelque temps tu y arrives et que nous devions tous foutre le camp. J’emmerde le Front National).
Così cantava la rapper magrebina Diam’s nel 2007. Una canzone piena di disprezzo per la figlia di Jean Marie Le Pen come solo i cittadini francesi immigrati, destinatari per eccellenza della comunicazione del disprezzo, riescono a produrre. Del resto si tratta di una profezia rap del 2007 che mai fu più esatta.
Fa eco alla rapper Diam’s l’attuale successo di Ridan, cantante di origine algerine, con “Ah Les salauds” che confessa a Libération: “Da 36 anni incasso violenza verbale”. E allora nel testo e nel video clip in cui il cantante percorre in bicicletta, con tricolore francese e cappello frigio, le strade di Parigi, canta la sua canzone contro la lepenizzazione della destra e la vendita mediatica della paura dell’arabo come argomento da campagna elettorale.
“…a questi pensatori ad interim, che bucano lo schermo a colpi di odio, e che ci vendono a botte di paura per la felicità di un padre fascista…” (A ces penseurs par interim, /Qui crèvent l’écran à coup de haine, / Et qui nous vendent a coup de peur, /Tout le bonheur d’un père faciste..)
Si tratta di una riappropriazione del paese natale sul solco dei valori che lo hanno generato e non su quelli sui quali sta fondando tensioni e contraddizioni che paiono sempre più insanabili e che si incarnano perfettamente in Marine Le Pen.
La candidata del Front National ha raggiunto il 18% di voti al primo turno.
Riuscita anche meglio di suo padre nel 2002, ha portato la destra a un livello mai raggiunto prima. Come suo padre Marine ha coalizzato il rifiuto identitario e sociale, senza per questo proporre delle soluzioni valide ai problemi che denuncia. Del resto anche la sua campagna sull’economia, priva di ogni credibilità, ha ceduto il passo al solito commercio anti- stranieri e anti-islam. Soprattutto, il suo è un risultato che peserà nella Francia del dopo Sarko e che segna anche la sconfitta del processo di “destrizzazione” dell’ Ump. Il presidente uscente, consigliato dallo spin doctor di estrema destra Patrick Buisson, si è lanciato a caccia di voti del Front National, dilatando sempre di più il discorso già abbondantemente reazionario, con delle punte massime raggiunte dall’ex ministro degli Interni Guéant: “non tutte le civiltà si equivalgono”. Ma premere l’acceleratore sulla xenophobia e proporre al tempo stesso un Front National light non è stato vincente. In questa insistenza sui temi che avevano portato Sarkozy alla vittoria del 2007 (paura, nazione, immigrazione, identità) si iscrive anche tutto il fallimento del progetto europeo, e la vittoria di Marine.
Bionda, “ariana” direbbero i concittadini arabi contro i quali si scaglia direttamente o indirettamente, efficace, e sicura nella comunicazione mediatica, in Italia non si sa molto di lei. E’ stata abbondantemente graziata tempo fa in una lunghissima intervista di Lucia Annunziata in cui non emergeva nulla, neppure in filigrana, del pericolo perverso dell’affermarsi di questa destra francese. Veniva solo fuori il gran ruolo di figlia di Jean Marie. Lei statalista e non più ultraliberale come il padre, corretta e terribilmente logica nel discorso, Marine sembra un’insegnante di religione della provincia francese, anche se ha sempre messo al bando tutti i simboli esteriori delle confessione religiose. E se in primissima linea del suo odio, ovviamente, c’è il velo dell’islam, i simboli della religione di Marine non sono meno evidenti. Vanno solo individuati, come il maquillage di Berlusconi e la canotta di Bossi: le camicette a fiorellini da Francia profonda dai colli allungati, le rouche sovradimensionate affollate sotto il collo allentato e il sorriso infantile, parlano molto di più dei suoi programmi. Con questi significanti di ordine e pulizia piccolo borghese databili in un tempo pre sessantottino, Marine non ha solo conquistato la Francia marginale della campagna e delle città, ma ha direttamente sfondato il cuore del potere.
E sempre dietro le sue camicette strette sul pettone generoso di buona “massaia”, si nasconde tutto il caos e il disordine prossimo venturo, che la sinistra di Hollande, probabile vincitore il 6 maggio, dovrà essere in grado di affrontare.
E’ con la Francia di oggi che si può ridisegnare il destino della futura Europa.
Un voto profondamente condizionato dai problemi sociali, dalla risposta al mercato del lavoro, al salario. Tutti temi che bene o male Marine ha saputo cogliere e interpretare.
Il filosofo Bernard Stiegler in un’intervista per Télérama ha messo in guardia: “dal punto di vista strettamente politico, la vera sfida di questo scrutino è quella del prossimo del 2017. La questione più preoccupante non è sapere se la famiglia Le Pen sarà ancora una volta presente al secondo turno, ma assicurarsi che non raggiungerà il potere dopo cinque anni di gestione della crisi senza che sia emersa la minima strategia alternativa. Uscita da un quinquennato di questo tipo, la famiglia Le Pen avrà tutte le chances di arrivare al potere”.