Un insegnante deve essere più bravo del suo allievo? Gli insegnanti degli scrittori di successo o degli atleti olimpionici sono stati superati dai loro allievi o possono ancora definirsi loro mentori e allenatori?
Essere insegnante non sempre coincide con l’essere “migliore” rispetto ai propri allievi, un professore di un futuro premio Nobel per la letteratura non deve superarlo in abilità né essere egli stesso scrittore; l’allenatore di un grande pugile non deve poterlo battere ma deve solo sapergli insegnare, e saperlo fare è tutt’altro che cosa semplice.
L’insegnante deve avere delle caratteristiche e delle capacità particolari che non sempre sono riscontrabili nei grandi letterati o nel caso degli sport nei grandi atleti, tra cui: una giusta dose di pazienza; il saper accogliere i propri allievi; saperli sostenere nella giusta dose; il saperli ascoltare. Vediamole una ad una.
Una giusta dose di pazienza
Un maestro poco paziente rischia di far sentire in imbarazzo l’allievo il quale può addirittura abbandonare il corso, se è possibile fisicamente, se non è possibile, mentalmente. Mentre un maestro troppo paziente rischia di rallentare l’apprendimento dell’allievo, il quale potrebbe trovarsi a dormire sugli allori.
Sapere accogliere gli allievi
Cioè saperli comprendere nelle loro diversità e al tempo stesso contenere. Saperli comprendere vuol dire diventare esperti delle relazioni che si creano in aula (o in palestra), e comprendere i diversi tipi di allievi davanti ai quali ci si può trovare: chi è più timido, chi ha bisogno di farsi notare, chi vuole mostrarsi saccente…. Nessuno va criticato, il maestro accetta tutti e cerca di contenere, ovvero smussa quelle parti di carattere che possono disturbare l’apprendimento; per fare questo dovrà talvolta chiedersi cosa porta l’allievo a comportarsi in un tal modo, quali conseguenze potrà avere tale comportamento, e in che modo modificare tale atteggiamento. Ogni maestro deve sapere come usare la sua materia come percorso di crescita personale!
Saper dare sostegno
Vuol dire sostenere, senza rendere vittima, l’allievo. E’ normale che talvolta l’allievo abbia bisogno di essere sostenuto e incoraggiato, questo può essere molto importante soprattutto nei difficili momenti di transizione che possono essere quelli in cui l’allievo è in fase di assestamento su quanto imparato e dunque ha come la sensazione di non stare apprendendo più come prima. Anche il sostegno va dosato oculatamente, in quanto troppo sostegno può rischiare di far sentire l’allievo vittima; cioè se si esagera col conforto l’allievo rischia di adagiarsi nella sua fragilità. Un esempio può essere un ragazzo con poca stima, che cerca comunque di migliorare se stesso, fin quando il sostegno esagerato del maestro diventa una culla in cui piangere e vittimizzarsi, con frasi del tipo “non sono capace” o “non ci riuscirò mai”. Perché darsi da fare se poi arriva il maestro a consolare? La cura dell’autostima carente non è più l’impegno ma la consolazione del maestro.
Saper ascoltare
Per ascolto non si intende solo saper ascoltare quello che hanno da dire, si può ascoltare infatti in diversi modi, e un insegnante deve saper ascoltare soprattutto con gli occhi, deve riuscire a capire cosa sta comunicando l’allievo con i diversi atteggiamenti che tiene in classe, deve anche capire dalle sue verifiche e prestazioni, cosa lo blocca e cosa invece gli dà maggior voglia di fare e coraggio nel provare.
Combattere la paura del giudizio
Un grande ostacolo all’apprendimento è la paura del giudizio, sia del maestro che dei compagni di corso. La maggior parte delle persone deve lottare contro questo blocco, il quale di solito viene superato automaticamente, ma in altri casi diviene un vero ostacolo che rallenta l’apprendimento.
Quello che accade in questi casi è che la persona sente come se il giudizio su ciò che fa in classe riguardasse la totalità della sua persona; ciò creerà blocchi che, ad esempio, impediranno di porre domande o a fare osservazioni, con la conseguenza di portarsi dietro dubbi incolmati. E peggioreranno le prestazioni perché l’allievo sarà fin troppo concentrato sul giudizio esterno piuttosto che sull’interrogazione. Nel caso degli sportivi, o dei corsi ove è prevista la pratica, ne risentirà la messa in atto delle singole tecniche durante la fase di apprendimento, a sua volta rallentato perché la persona, sentendosi giudicata ad ogni atto pratico, si eserciterà poco per esporsi il meno possibile, quindi farà il minimo richiesto.
L’insegnante deve far capire che la persona non è racchiusa tutta nella prestazione o nella tecnica che sta mettendo in atto. Dovrà dunque confermare le qualità della persona, i suoi punti forza, evidenziare in cosa riesce bene e al tempo stesso definire con estrema chiarezza i punti che deve migliorare. Un esempio potrebbe essere “con la tua fantasia potresti diventare uno scrittore, la sintassi la usi già molto bene, occhio agli errori grammaticali”. E per fare un esempio sportivo, questo potrebbe dire un maestro di arti marziali “Con la tua stazza puoi essere molto forte, il piede lo giri bene, ma impara a girare anche l’anca, ricorda che l’anca va nella direzione in cui vuoi portare il pugno”.
La responsabilità di un insegnante
Da quanto abbiamo detto dunque si può comprendere come gli insegnanti abbiano in realtà grandi responsabilità, essi devono imparare a relazionarsi ai loro diversi allievi, devono diventare per essi dei maestri di vita, e quindi essere per loro dei modelli di virtù, disciplina, rispetto e anche stoicità. Hanno la responsabilità di essere sempre aggiornati e la grande responsabilità della crescita del proprio allievo: devono saper valutare i loro allievi nei diversi aspetti, capire dove sono carenti, da dove provengono i loro atteggiamenti, ma anche come a aiutarli a crescere, come ottimizzare il loro apprendimento, qual è il linguaggio per loro più comprensibile. A seconda delle persone ci possono essere diversi modi per spiegare la stessa cosa.
Agevolare l’apprendimento
Vi sono comunque metodi globali utili ad agevolare l’apprendimento, due in particolare sono degni di nota.
Il primo è avere bene in mente il percorso che si vuole fare con i propri allievi.
Il secondo è avere una presenza solida, va infatti sottolineato come sia importante per l’allievo vedere il proprio maestro non come un amico, ma come un’autorità. Autorità non vuol dire per forza di cose essere severi a tutti i costi, bisogna infatti evitare di essere troppo distanti dal proprio modo di essere: si può punire l’errore, così come si può lodare la buona preparazione o l’attenzione, si può essere severi solo quando serve, di contro si può essere morbidi solo quando ritenuto opportuno. Quel che importa è dare l’impressione di avere fermezza e di esercitare un potere legittimato dalla propria competenza e preparazione. Infatti quando si impara qualcosa di nuovo e sconosciuto, gli allievi hanno bisogno di fidarsi completamente del loro insegnante in quanto tale. Perché ciò avvenga hanno bisogno di una presenza solida e autoritaria, altrimenti sentiranno di poter mettere in discussione tutto ciò che stanno imparando, e se da una parte porsi dei dubbi aiuta a crescere, porsi troppi dubbi non può che arrestare il cammino.
Il metodo “Sfera”
Dalla psicologia dello sport arriva un metodo che viene in aiuto agli istruttori per ottimizzare il proprio insegnamento, come vedremo questo metodo può essere esteso all’insegnamento di qualsiasi materia.
SFERA è un acronimo che sta per: Sincronia, Forza, Energia, Ritmo, Attività.
Vediamo cosa si intende con i termini di questo acronimo.
Sincronia (S), ovvero quanto si è sincronizzati con la lezione, o quanto si è invece distratti da altre cose che non abbiano a che fare con la lezione, o che siano solo indirettamente legate. Come pensieri del tipo “mi stanno guardando tutti rischio di fare brutta figura” “adesso voglio dimostrare che sono il migliore” oppure “se faccio questa domanda rideranno di me.
Forza (F), ovvero quali sono i punti di forza della persona, se ne ha consapevolezza, se riesce a sfruttarli al meglio, se vi sono punti deboli da poter trasformare in punti di forza, e se sa come fare perché questo si realizzi.
Energia (E), ovvero la propria grinta e la propria voglia di fare, l’energia deve essere usata in modo giusto ed equilibrato. In modo giusto, ovvero la propria energia non va sprecata per cose inutili (e qui torna il discorso della sincronia) come lo stare perennemente attenti ai giudizi altrui. In modo equilibrato, ovvero non essere carenti né abusanti, nel primo caso infatti la persona rischia di impigrirsi, nel secondo caso di non ottimizzare il proprio allenamento (nel caso degli sport) o il proprio apprendimento. Negli sport perché un allenamento sia realmente ottimale non bisogna allenarsi di più, ma bisogna allenarsi meglio; lo stesso vale per gli studenti, ottimizzare il proprio studio vuol dire non studiare di più, ma studiare meglio.
Ritmo (R), ovvero saper utilizzare la propria energia; dosando momenti più energici, momenti meno energici e momenti di pausa.
Nel caso degli insegnanti il ritmo è il sapiente dosaggio di momenti che richiedono un’attenzione viva, a momenti di maggior rilassamento; questo può avvenire non solo in una stessa lezione, ma anche in più lezioni, ad esempio lasciare per il fine settimana lezioni più divertenti o rilassanti, consci del fatto che gli studenti probabilmente sono stanchi per la settimana di studio.
Attività (A), per attività si intende motivazione all’attività, se vi è una motivazione intrinseca a sostegno dell’attività che si sta svolgendo, e se questa motivazione è più o meno attiva nel sostenere la persona nel suo impegno.
Appare abbastanza chiaro come questo metodo sia utilizzabile non solo per gli allievi, ma anche per gli insegnanti, così che possano comprendere in quale punto si è carenti come maestri, sia a livello generale, che a livello particolare, cioè riferito ad una lezione o ad un momento della stessa, in cui la trasmissione maestro-allievi si è come interrotta.
Essere attenti in quello che si fa, essere coscienti dei propri punti di forza e dei propri punti di debolezza, sapendo eventualmente come trasformarli in pregi; avere una giusta voglia di fare; saper dosare momenti di grande attività (fisica o mentale) a momenti di pausa e infine sentirsi interiormente motivati in quello che si fa… sia che siamo insegnanti sia che siamo allievi.