La Corte di Appello Penale di Roma confermava in parte, la decisione di I grado di condanna nei confronti di un’insegnante che aveva posto in essere condotte lesive della serenità dei bambini, tra l’altro, baciandoli sulla bocca in modo prolungato, senza alcun rispetto dei piccoli, abbracciandoli con eccessiva intensità nonostante le reazioni di imbarazzo, ballando con le scarpe sui tavoli dove i piccoli mangiavano, chiudendo i bambini al buio, spaventandoli sbattendo oggetti sui tavoli, dipingendo loro il viso e privando del pasto i più lenti.

Singolare vicenda quella che interessava una insegnante di un asilo nido rinviata a giudizio con le seguenti imputazioni “Poneva in essere condotte invadenti delle intimità dei bambini, quali baciarli sulle labbra… abbracciandoli con intensità anche quando questi manifestavano reazioni di imbarazzo, a volte atteggiamenti aggressivi, urlando ai bambini di stare zitti, a volte ancora con atteggiamenti di esibizionismo quale ballare con le scarpe sui tavoli, dove i bambini dovevano consumare il pasto dopo che erano stati puliti e preparati dagli inservienti, o il muoversi in modo provocante davanti agli occhi dei bambini e dei loro genitori. Inoltre in tale contesto teneva comportamenti vessatori ed in particolare lanciava il contenuto di un cucchiaino di pasta sul viso di una bambina perché questa non mangiava, portava un altro bambino in cucina, lo poggiava sul bancone e lo terrorizzava perché non voleva mangiare, toglieva il pasto a quelli più lenti nel consumarlo e lo mangiava lei stessa, spegneva la luce ed oscurava la stanza dicendo che la luce eccitava i bambini, poi nel buio sbatteva con violenza un qualche oggetto rumoroso sul tavolo in modo da spaventare i bimbi ed indurli al silenzio, mettendo il proprio piede calzante la scarpa sulla testa di un bambino perché questo si era distratto e non la guardava mentre lei ballava. Metteva un bambino seduto sul vasino con la faccia contro il muro; imbrattava il viso del bambino utilizzando normali pennarelli ed incurante del pianto degli stessi”.

A fronte di tali ampie accuse il Tribunale di Roma con sentenza del 04/06/2010 la dichiarava colpevole dei reati di cui agli articoli 81 e 571 c.p. e la condannava alla pena di mesi due di reclusione ed al risarcimento dei danni alle parti civili.
Ricordiamo che la norma sanziona chiunque abusi dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla  sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, vigilanza e custodia.

La valutazione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Roma adita dalle parti frazionava in due parti le accuse mosse; da un lato sotto il profilo di “condotte invadenti” e dall’altro sotto il profilo di “comportamenti vessatori”.
Riteneva che le condotte specificate nella seconda parte del capo di imputazione non pienamente riscontrate nelle dichiarazioni dei genitori e degli alti testimoni, pur considerate nel loro insieme non avessero realizzato un metodo educativo fondato sull’intimidazione, mentre tutt’altra era la valutazione della Corte d’Appello per ciò che riguardava i baci sulla bocca dei bambini in modo prolungato tenendogli ferma la faccia.
La Corte d’Appello, pur precisando che non risultava provato che l’insegnante si era spinta ad introdurre la lingua nella bocca dei bambini, tuttavia riteneva che tale forma di bacio e l’abbraccio con intensità trasformassero l’uso di un mezzo legittimo (bacio) finalizzato a facilitare il rapporto educativo con i bambini in tenera età in un illecito abuso (bacio sulla bocca) non consono al rispetto che si deve dare ai piccoli.
Dunque sotto questo profilo il comportamento andava considerato un eccesso sanzionabile ai sensi dell’art. 571 c.p.c perché metteva in pericolo l’equilibrio dei bimbi e l’armonico sviluppo della loro personalità, costituendo una condotta inappropriata ed abusante nei confronti dei minori.

La Cassazione non condivide

Ricorrevano alla Corte Suprema sia la parte civile che il difensore dell’imputata, con richieste ovviamente opposte.
La Corte Suprema riteneva che la condotta della maestra andava soppesata e diversamente valutata alla luce della consolidata giurisprudenza della Cassazione.
Il concetto di abuso secondo l’interpretazione della Suprema Corte, per cui è sufficiente il dolo generico, presuppone in ambito scolastico, un uso distorto del potere educativo o disciplinare che deve essere usato per le finalità ad esso proprie senza travalicare i limiti posti dall’ordinamento e cioè senza che si possa cadere nelle condotte dannose sul piano fisico o psichico pregiudizievoli per i minori.
In questa luce la Corte Suprema riteneva che il reato non dovesse essere ravvisato nella situazione de quo, pur essendo indubbio che i comportamenti dovevano essere egualmente censurati, ma solo  sotto il profilo amministrativo e civilistico, ma non in sede penale, in quanto non erano ravvisabili i presupposti del delitto.
Considerava la Corte che nella complessa valutazione della specificità del rapporto “educatrice-bambino” va soppesato, il bisogno dei piccoli di rassicurazione all’atto del distacco dai genitori e la corrispondente possibilità di modesti e fugaci contatti corporei “viso a viso” tra personale educativo e bambini finalizzati proprio a creare un clima di reciproca confidenza.
In sostanza ad avviso della singolare sentenza della Corte (Cass. n° 11795 dep. il 12 marzo 2013, la sentenza integrale è nei documenti allegati a questo articolo) esulavano dalla specifica tutela penale di cui all’art. 571 c.p. le condotte che erano state ravvisate nel caso specifico, sussistendo modalità non violente e che pur portate all’eccesso, dovevano ricondursi nell’ambito di una affettuosità sia pure al di fuori della norma.
Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 11795 depositata il 12 marzo 2013

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