Certe volte alcuni eventi appaiono sorprendenti ed è difficile trovare una spiegazione logica.
Questa è la storia davvero singolare di ciò che è avvenuto il 26 marzo 1937 a Is Benas in Sardegna nell’oristanese, ora una spiaggia lunga più di 6 km, circondata da una vastissima area verde, tra le più estese in Italia lungo il mare, ricompresa nei comuni di Narbolia, San Vero Milis e Cuglieri, una spiaggia non facilmente accessibile salvo il primo tratto e dove è possibile rimanere in completa solitudine anche a ferragosto.
La storia di questo territorio è particolare in quanto, fino agli anni ’50, l’area fronte mare, era la più grande area desertica di Europa.
Si trattava di circa 1000 ettari, con a nord la zona umida, formata da due laghi salati, oasi attuale di protezione naturalistica, delimitata al termine della costa, da due stagni, o laghi costieri Sale Porcus e Is Benas, quest’ultimo collegato con un canale artificiale negli anni ’50 con il mare, importante zona faunistica, ben nota per la presenza di fenicotteri rosa.
Durante il fascismo gli amministratori locali chiesero più volte di poter iniziare un’opera di rimboschimento dell’area, in quanto il deserto di tipo africano con dune che potevano arrivare a 30 e più metri, si estendeva di anno in anno verso l’interno distruggendo strade, pascoli e campi coltivati.
Tuttavia per ragioni economiche le opere di bonifica vennero finalizzate in Sardegna esclusivamente per le aree coltivabili e dunque la situazione desertica rimase tale e quale fino agli anni ’50.
LA NASCITA DELL’AREA VERDE
Nel 1951 l’Ispettorato Dipartimentale delle Foreste, grazie ai contributi della Regione e dello Stato, avviò un imponente progetto di rimboschimento artificiale delle dune.
L’opera pubblica che durò molti anni diede lavoro ad oltre 600 operai in un momento storico in cui vi era grande necessità e vennero messe a dimora circa 1.200.000 piante. Il bosco si estese dalla spiaggia verso l’interno per circa 1,5 km, creando una foresta compatta dall’arenile verso l’interno lunga oltre 6 km con innumerevoli piante di pini, eucaliptus, elicriso, mirto, lentisco, corbezzolo, ginepro, rosmarino, popolandosi di numerose specie animali.
Attualmente la foresta si è autorigenerata ed è talmente fitta che solo in alcuni punti è possibile accedere alla spiaggia, mentre all’incirca a metà dell’area, venne realizzato un importante impianto golfistico tra notevoli polemiche politiche, circa venti anni orsono.
I lavori durarono molti anni e costarono l’equivalente di circa sei miliardi di lire dell’epoca.
Durante i lavori ci si accorse che tutta la zona era stata minata dai tedeschi, in quanto le spiagge erano basse e, seppure con dune mediamente alte dai 10 ai 30 metri, costituivano un facile approdo per eventuali mezzi da sbarco degli alleati.
Vennero singolarmente stipulati appositi contratti con i trasportatori e la mano d’opera dell’epoca accentuando il pericolo ed addossando agli operai il rischio con un’apposita indennità economica, dovendo provvedere gli interessati a servirsi di un proprio sminatore ad hoc (erano evidentemente altri tempi). Non fecero però un lavoro molto completo dal momento che di tanto in tanto tuttora i bagnanti trovano sotto la sabbia qualche mina anticarro (l’ultima quest’anno fatta brillare dagli artificieri del 5° Reggimento Genio Guastatori di Macomer !)
IL LAGO DI IS BENAS E LA STELE IN CERAMICA
Ogni estate quando mi reco in Sardegna sono solito passeggiare lungo la spiaggia fino al termine della stessa, ove il litorale termina con il canale che collega il lago di Is Benas, habitat dei fenicotteri, con il mare.
Tale canale venne costruito con i fondi regionali ed europei per permettere al lago di mantenere l’acqua marina anche nel periodo estivo, preservando l’habitat acquatico e terrestre.
Questa area che costituisce la parte finale a sud dell’arenile è assolutamente priva di persone o bagnanti, salvo coloro che tramite strade sterrate con una passeggiata nel bosco riescono ad accedervi.
Con molta sorpresa al termine del canale ho rinvenuto quest’anno una piccola stele con una ceramica in ricordo del servo pastore di Narbolia, un certo Daniele Zou, che ritrovò nel 1937 sulla spiaggia di Sa Praja Manna (il nome di questo tratto di spiaggia) una statua in legno rappresentante una Madonna.
Incuriosito dalla cosa e scartabellando Internet (che ormai ha sostituito la Treccani) ho ricostruito la storia di questa statua lignea che è attualmente posta nella chiesa del ‘700 del paese di San Vero Milis.
LA MADONNA DEL ‘400 RINVENUTA IN MARE
Era il 26 marzo 1937 allorché il servo pastore Daniele Zou rinveniva la statua a riva semisommersa dalla sabbia. Provvedeva al recupero e facendosi aiutare da un altro pastore la portarono nella capanna da loro occupata con il bestiame.
La statua con segni evidenti di bruciatura al centro, teneva in braccio un bambino ed appariva eseguita con grande maestria.
In genere le statue rinvenute in mare sono le polene della nave o altri elementi decorativi che caduti dall’imbarcazione od a seguito di un naufragio o per accadimenti similari, vengono portate a riva, talvolta in stato fatiscente.
In questo caso viceversa la situazione era diversa, sia per la singolare bruciatura al centro della statua, sia per l’elevata fattura della stessa.
Il servo pastore dunque liberava dalla sabbia la statua e dato il peso si faceva aiutare dal compaesano Sebastiano Madeddu, che si occupava di portarla sulle spalle per tre chilometri, fino a Sa Chea Istallanu, ove si trovava la loro capanna di pastori.
Dopo poco tempo si ammalava gravemente la figlia dei datori di lavoro del servo pastore (i proprietari delle mandrie), a causa di una broncopolmonite doppia, malattia per la quale era frequente la morte soprattutto di una bambina di sette anni (si pensi alla situazione della Sardegna del 1937).
Guarita fortunosamente la bambina e attribuita la guarigione alla statua i datori del lavoro del pastore resero pubblico il rinvenimento, fatto che diede luogo ad un notevole clamore nei paesi limitrofi, finché i Carabinieri si recarono nel Sinis e portarono la statua in paese a Narbolia e poi a San Varo Milis.
Esaminata la statua ci si accorse con estrema sorpresa che si trattava di un pregevole lavoro artistico di estremo valore e che la statua risaliva sicuramente al 1400, ma inspiegabilmente era stata rinvenuta in mare oltre 500 anni dopo sostanzialmente integra.
LA SOLUZIONE DEL REBUS
Conoscendo gli eventi storici dell’epoca ci si rese subito conto della realtà e della spiegazione del singolare ritrovamento.
Dal luglio del 1936 la Spagna era dilaniata dalla guerra civile tra nacionales e repubblicanos.
Nel clima di odio vicendevole e di conflitto sociale, come sempre avviene, vi furono tremende stragi da una parte e dall’altra.
Ne fecero le spese tra l’altro le chiese e i religiosi, laddove oltre seimila preti e suore vennero trucidati e le chiese distrutte con i relativi arredi bruciati.
Gli altari, le immagini sacre, le statue e gli arredi normalmente venivano distrutti o incendiati; evidentemente venne data alle fiamme anche la statua del 1400 della Madonna con bambino.
Per salvarla dal fuoco o per altre ragioni, venne gettata in mare (calcolando le correnti, si appurò dall’isola di Minorca) e poco dopo giunse nelle coste ovest della Sardegna, ove veniva rinvenuta dal servo pastore.
Pur avendo ricostruito il tragitto non fu possibile, neanche con ricerche successive, rinvenire testimoni del fatto proprio per l’eliminazione fisica dei religiosi dell’epoca.
Attualmente la Madonna definita ora “Madonna di Spagna” è visibile nella bella chiesa settecentesca di San Vero Milis, ove venne trasportata nel 1937, ed ove sono visibili le foto dei personaggi coinvolti ed altro materiale dell’epoca di estremo interesse.