Si è consolidata  negli anni  una lingua comune  alla politica e ai media, specchio di una piccola borghesia ignorante, e autodenuncia  dell’incapacità ad agire. Una koiné  della comunicazione fatta di parole, sintagmi, frasi confezionate che rimbalzano nei titoli dei giornali  risuonano negli studi televisivi, nelle trasmissioni   radiofoniche,  nelle mail,  e nei social network. Soprattutto,  espressione dell’ infinito disprezzo nei confronti degli elettori e degli spettatori.

Ma che gli ha fatto di male  la lingua italiana? 

 Eccone una lista non esauriente:

Epurato il verbo “dispiacersi” si usa solo “spiacersi”  per introdurre  un qualsiasi disappunto. Farà più chic? 

Fare bene”: usata in frasi come il “ministro ha  fatto bene durante il suo mandato”; “ sono certo che farà bene”. Non si fa più bene a fare o non fare qualcosa. “Ha fatto bene” è usato dagli allenatori (che non sono esattamente degli intellettuali) per i calciatori. Molto usato, manco a dirlo da Berlusconi e  dai suoi. Goffa traduzione dall’inglese  “to do well” .

Mandare a casa” : detto di una fazione politica contro un’altra o contro delle persone. Tipico  del gergo primitivo leghista, e quindi  del gergo del disprezzo verso qualche altro essere vivente che non sia padano. Per estensione, indica una cacciata. Generalmente ognuno è fiero di cacciare  qualcun altro. Spesso accompagnata  da “a calci in culo”.

Fare melina”: nel gergo calcistico – ma prima ancora in quello  della pallacanestro –  indica un palleggio davanti alla porta senza fare gol. Una perdita di tempo facendo un po’ di scena e tenendo  alta la tensione e facendo ostruzionismo agli avversari. Espressione conosciuta  da molti ma  certo non da tutti, viene sparata nei titoli dei giornali, rendendo la vita politica incomprensibile a chi di calcio non sa nulla. Ma chissenefrega. L’importante è che si capiscano tra di loro.

Piuttosto che” usato come  congiunzione al posto di “e”.  E’ uno dei grandi orrori del ventennio Berlusconi, vero manifesto del piccolo borghese che deve mettere un ornamento, un fronzolo per  rendere dotto l’eloquio che in genere è un contorcimento di frasi fatte.

“Basito” : anziché pietrificato, sconcertato, molto colpito etc etc .Una sorta di  emoticon linguistico per definire un grande stupore, e non sforzarsi a pescare le altre mille possibilità offerte dalla lingua  italiana.

“Quant’altro”:  Per finire, una lista di cose  o azioni e  non dire semplicemente  “ e altro”.  Per non parlare poi del rifiuto sistematico della  parola “eccetera”  e tutte le altre che completino suddette  liste.

“Le mani in tasca” : E’  sicuramente  il più usato dalla politica, perché legato alle tasse da pagare. Il Benefattore di turno, impedisce che  qualche rapinatore, cioè l’avversario di turno, possa  mettere a punto una qualche rapina ai danni del povero elettore, che in genere viene appunto rapinato indirettamente  e sistematicamente da chi urla  più forte “ ci mettono le mani in tasca”.  Uso sconsiderato di Libero e il Giornale. 

“Tirare la giacchetta”  usato quando qualcuno chiama in causa una qualche autorità ritenuta superiore o effettivamente superiore alle altre,  come il papa o il Presidente della Repubblica , per avallare  il proprio argomento.  “Coinvolgere”,  “chiamare in causa”,  “rendere partecipe in modo incongruo” etc. e mille altre espressioni non vengono neanche considerate. Si tira sempre e solo una giacchetta.

“Il poltronificio”: appena si insedia un primo ministro, ecco che è accusato di qualche poltronificio, per il fatto stesso che nomini dei sottosegretari.  E’ vero anche che effettivamente  si inventano nuove poltrone per “ringraziare” fette di potere che hanno permesso l’ascesa al trono.

“Assolutamente sì / no”.  Non si risponde più Sì o No. Devono suonare banali e disadorni, come è stato anche  per la semplice congiunzione “e”  sostituita da “piuttosto che”.

“Stiamo a vedere”: Generalmente quando si insediano alte cariche istituzionali  precedute non solo da polemiche ma dall’evidenza più smaccata che  le cose non potranno andare,  si dice “ diamogli il tempo”. Poi arriva il tempo, succede il prevedibile e il previsto, e si passa a un altro per il quale si usa la stessa formula: stiamo a vedere.

Ben altro”:  per depistare il discorso dell’avversario. In Italia il problema è ben altro sempre. Mai quello che si sta affrontando: un modo appunto per non affrontarlo.

“Pagare” : gli elettori devono sempre pagare qualcosa per colpa  di qualcun altro. Il Benefattore  lo impedirà.  Oppure anche usato in caso di tragedie prevedibilissime e frutto di cattive amministrazioni “chi ha sbagliato deve pagare” . Vedi  la Casa dello studente all’Aquila crollata a causa di una pessima edilizia. Ma ormai delle persone  sono  morte, e si continua a fare pessima  edilizia, e  non se ne parla più. Generalmente chi sbaglia non paga quasi mai.

“Il talento”: la più grande buffonata di questi ultimi anni. Non si fa che parlare di talento che è precisamente la cosa che viene più temuta dalla politica e nei posti di lavoro, ormai intossicati dalla presenza di persone incompetenti che tutto vorrebbero meno una persona di talento tra i piedi. Ma è un ottimo argomento per  far vedere che si  è consapevoli che altri sono davvero bravi.  Un po’ come i “disoccupati”, le “donne” e  “ i giovani”.  Sono oggetti di conversazione tra politici che non vorrebbero mai essere soppiantati né da donne, né da giovani (a meno che non siano ancelle o schiavetti). Figurarsi quale interesse per i disoccupati.   Questo  disco dei giovani e delle donne ha prodotto figure come Renzi che ha fatto della “ giovinezza” il punto della politica, e ha prodotto l’orrendo “ rottamare”. Come per le macchine, si buttano via  persone solo perché anziane e pertanto incapaci.  Salvo appunto fare solo cose da anziano.

“Sono sereno” detto generalmente dal politico- delinquente  quando viene arrestato  in flagrante o quasi. Ha sempre fiducia nella magistratura, salvo poi insultarla se l’esito delle indagini e dei processi  conferma ogni cosa.   Serve a far vedere che i magistrati devono fare il loro lavoro e lui – non sia mai – non si deve dimettere. Tra altre cinque legislature sapremo, vedremo. Nel frattempo tutti hanno dimenticato.

“Giustizia a orologeria”. E’ legata a Berlusconi che ha passato la sua vita a sfuggire alla “magistratura comunista”, un mostro mitologico  che si coordina come una tela di ragno e  che si accorda di nascosto ai suoi danni per colpire unicamente quando lui sta per compiere qualcosa di mirabolante. Una specie di monumento al narcisismo: i tempi della giustizia immaginati su misura su un uomo solo.

 Con l’arrivo di Matteo  Renzi alcuni avverbi  tipici dell’era berlusconiana sono stati rispolverati. Così tutto è  “ subito” (in genere accompagnato alla parola “riforme” che appunto si devono fare, ma  non si fanno mai), “urgente”;  “serve immediatamente”; “ fare presto”… Ormai bisogna saperlo quando c’è qualcosa che si fa “ subito” è sicuro che non si farà mai o si farà male.

 “I toni”  sono un po’ come “ben altro”. Un depistaggio. Quando l’argomento  è scottante e nessuno vuole affrontarlo ci si attacca al  come si sono dette le cose. Un modo per perdere  di vista l’argomento. Si  aggiunge “ abbassare i toni” che si erano precedentemente alzati appunto.  Corrisponde al terribile “è una questione di educazione”, della “ signora mia” di turno.

E poi le parole dello scontro e della paura (ma niente paura : c’è sempre un Benefattore che arriva e sistema tutto) :

L’urlo”; “ lo scontro”; “il braccio di ferro” (in genere si fa con i sindacati); “ tuonare”; “la tensione”;  ai quali appunto si contrappone  “ la serenità” e il famoso “stai sereno” di Renzi rivolto a  Letta, un attimo prima di pugnalarlo alle spalle.

Gli obiettivi invece  sono sempre pochissimi e si spiegano  (si sa: gente pragmatica) in cinque, sette o dieci punti. Ma soprattutto hanno di sicuro che  non sono mai realizzati. Eccoli, in genere: “Tornare a essere competitivi”;  “eliminare la burocrazia”;  “abbassare le tasse”, “eliminare il costo della politica”, “eliminare le auto blu”,  “fare dei sacrifici”.  Ma prima di tutto si deve  fare la legge sul  “conflitto di interessi”  e  la  “legge elettorale”. 
 
Il latinorum processuale e fumoso  che ha accompagnato la vita politica di Berlusconi e ha  prodotto oscenità come “il porcellum” o il “mattarellum”  è stato affiancato dall’ inglese ridicolo  di Monti e montiani, usato soprattutto per non far capire a tutti gli interessati operazioni spregiudicate e crudeli. Così vecchietti si sono trovati pensioni dimezzate, senza capire perché, ma faceva parte della spending review.  Ovviamente l’ uso dell’inglese  non corrisponde né alla capacità di parlarlo né di capirlo. In particolare Monti parla un inglese molto elementare e con molto accento.

Infine, una curiosità:  gli “obiettori di coscienza”, ossia i medici che non praticano aborti  mantengano per esempio questa definizione che in inglese  sarebbe “ refusal medical treatement”.  L’una  sposta  su una questione di  coscienza del medico  il fatto di procurare danni fisici  e psichici a una donna, l’altra  è un’ efficacissima  autodenuncia  dei propri limiti.  Un’espressione che fatica molto a entrare nella lingua della politica e in quella dei media.

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