Il Comitato Amianto Velodromo si costituisce parte civile al processo per “disastro colposo” (previsto il prossimo febbraio 2013), contestato dalla pm Claudia Terracina della procura della capitale, relativo alla demolizione del Velodromo del quartiere romano dell’Eur.
Durante la demolizione si è sollevata un’immensa nube di polveri e amianto con conseguenze tutte da stabilire. Di certo moltissimi indizi portano a credere che la cittadinanza venne male informata, e messa in pericolo. Unico imputato per ora è Filippo Russo, ex dirigente dell’ ente Eur Spa, responsabile del processo di demolizione.
Difeso dall’avvocato Valerio Spigarelli, il Comitato – che una volta raggiunto un numero elevato di adesioni potrà avviare una class action – riuscendo a portare le proprie ragioni in tribunale ha così raggiunto un primo importante traguardo dopo anni di battaglie. A sue spese, ha stampato più di cinquemila volantini per informare gli abitanti del quartiere circa quelle che – secondo il Comitato – erano gravi omissioni nei controlli, ha pagato parcelle di periti e legali, fotocopiato migliaia di pagine di documenti e prove. Un incredibile investimento di tempo e denaro “a costo di vendermi casa” dice una dei membri.
La colonia di gatti che popolava la zona sta morendo di cancro. Per questo è stato chiesto a tutti i veterinari del quartiere di monitorare le morti dei piccoli animali, per tracciare una prima mappa.
Si stima che una particella di amianto possa sviluppare nell’uomo il mesotelioma pleurico, una forma di tumore causata dall’amianto, in circa trent’anni.
Anche se la mappa delle responsabilità si estende ben oltre la giunta dell’attuale sindaco, il placet a quella demolizione partì da Gianni Alemanno. Con la scusa che la struttura “è divenuta dimora di senzatetto perché in disuso dal 1968”, si voleva costruire un Parco Acquatico. Un’edificazione giudicata irrealizzabile che si trasformò poi nel progetto di costruzione di otto palazzine a scopo abitativo del costo di diecimila euro a metro quadro.
Questa battaglia è un importante precedente di impegno cittadino contro la speculazione edilizia che mette gravemente a repentaglio la salute pubblica, e che si inserisce nel solco delle grandi battaglie per il “bene comune” che hanno portato anche all’occupazione dei teatri in tutto il paese. Ed è anche testimonianza proprio dell’ antipolitica della politica: “Appena sono usciti articoli qua e là, si sono fatti avanti i politici per appendere il cappello sul lavoro svolto da noi. Li abbiamo supplicati per anni e non si è mai fatto avanti nessuno. Chiunque arrivi, ora, è semplicemente ridicolo” dice il presidente del Comitato.
La storia
Il 24 luglio 2008, all’ Eur – quartiere residenziale romano partecipato dal ministero dell’Economia e dallo stesso comune, per il 10% – viene fatto implodere il Velodromo, realizzato in occasione della XVII Olimpiade del 1960 per le corse ciclistiche su pista.
L’intero edificio – i cui lavori iniziarono nel 1957 – era totalmente rivestito in materiale ignifugo, secondo le normative antincendio dell’epoca. Non solo le parti esterne ma anche canaline, passacavi elettrici, fognature, pilastri. Quindi anche le strutture interne.
Durante l’implosione si sollevò una grande nube, di polveri e anche amianto. Uno tsunami tossico che quel giorno avvolse una folla plaudente: bimbi e famiglie, erano accorsi ad assistere al singolare spettacolo. E a tutela dell’ordine pubblico c’erano vigili urbani, e la sicurezza rafforzata da guardie giurate assieme agli addetti ai lavori.
La nube gigante venne annunciata con fogli stampati al computer affissi sui portoni delle palazzine circostanti, in cui si pregava esplicitamente di tenere le finestre chiuse, ma di spalancare le vetrate per evitare che lo scoppio rompesse i vetri. Un’ operazione minuziosamente eseguita. Così chi non aveva presenziato allo spettacolo venne raggiunto dalle polveri – tra cui quelle di amianto – a domicilio.
Subito dopo, altre affissioni sui portoni tranquillizzavano la cittadinanza che erano stati effettuati i controlli del caso.
La battaglia del Comitato:
Ma quali controlli erano avvenuti prima di quell’esplosione per sapere quanto amianto si sarebbe sollevato? A quale pericolo quindi si sarebbe sottoposta la cittadinanza del quartiere?
Che quella nube contenesse amianto è stata la scoperta del comitato cittadino che in questi anni si è trasformato, a sue spese, in Pubblica Amministrazione, in Asl, e in detective.
Al momento dello sgombero dei materiali all’interno dello stadio alcuni uomini, dice Alberto Russo presidente del Comitato Amianto Velodromo “hanno iniziato a portare via dei sacchi. Con il simbolo “A”, che identifica appunto rifiuti speciali di amianto”.
Perché c’erano quei sacchi pieni di rifiuti tossici, peraltro rimasti mesi all’interno del Veledromo, e continuavano a dire che non c’era amianto?
La mattina del 30 dicembre 2008 Antonella – che per un anno ha traslocato con la famiglia per non sottoporla al pericolo di continuare ad inalare polvere tossica – ha trovato davanti alla sua abitazione un furgoncino con la scritta “bonifica amianto”. Ha deciso allora di seguire i camion per vedere dove venivano smaltiti i rifiuti che anziché finire in discariche speciali, venivano rovesciati – secondo la testimonianza oculare della stessa Antonella – nelle discariche ordinarie di Valleranello.
La Asl – servizio Spresal – il cui direttore Fulvio D’Orsi che nei giorni dell’esplosione si trovava in vacanza in Sardegna, ha continuato a negare la presenza di amianto nella nube. Sosteneva che erano stati fatti i controlli del caso. In realtà si era trattato di verifiche “a vista”: degli esperti sul luogo distinguevano, a seconda della conformazione esterna del materiale edilizio, la possibile quantità di amianto contenuta, omettendo “l’imbottitura” dell’intera struttura.
Era però necessaria una prova documentale per smentire quanto sostenuto dalle istituzioni pubbliche incaricate del controllo.
Grazie al lavoro di scavo in vari archivi durato mesi, Matilde Spadaro, tenace consigliera del XII municipio di Roma (quello del quartiere Eur) ha recuperato il vecchio progetto del Velodromo degli anni’60 depositato alla questura di Roma: “Era intonso” ha detto: “Segno che nessuno lo aveva consultato fino a quel momento”.
Nel progetto erano indicate le quantità di amianto nell’intera struttura.
Il Comitato, fino a quel momento definito dagli interlocutori “quattro ambientalisti esaltati”, ha così cominciato a incassare le prime ammissioni. “Dal velodromo sono stati portati via quattro quintali e mezzo di amianto”, ha successivamente confermato lo stesso direttore della ASL Fulvio D’Orsi. “Peccato che ce l’hanno fatto respirare, e non ci hanno avvertito” dice il presidente del Comitato Alberto Russo.
Lo stato attuale in attesa del processo
Il vecchio Velodromo è ora chiuso: il Comitato sostenuto anche da altre associazioni ha chiesto la bonifica dello spazio e la costruzione di un parco, ma l’amministratore delegato di EUR S.p.A. Riccardo Mancini ha detto “che lo spazio vale 50 milioni di euro. E che se vogliono possono fare una colletta”. Di sicuro, non si deve mai dimenticare che qualsiasi operazione verrà fatta su quel terreno deve avvenire in un regime di bonifica e di attenzione speciale.