HARRY POTTER in Italia
Hai parenti all’Estero (almeno un cugino di secondo grado)?
Hai commesso un reato (almeno hai uno sponsor o qualcuno infiltrato in TV, o comunque sei in grado di apparire in TV, magari di notte su un canale locale)?

Sei molto ricco / ricca?
Sei sposato / sposata (almeno convivi) con una persona molto (più o meno) influente?
Puoi avere il sostegno della Federcalcio, della Federcommercio, Federagricoltori, Federconsumatori, almeno della Federcasalinghe?
Puoi avere l’assenso del Vaticano?
Sei iscritto / iscritta ad un partito, o vicino / vicina ad ambienti politici qualificati (non importa se di Governo o di opposizione, e ti barcameni, comunque anche con gli altri), ad uno straccio di sindacato, o puoi averne l’appoggio( almeno la “non sfiducia”)?
E con la massoneria come sei messo?
Puoi ricambiare favori ad Editori e/o Distributori?
Se donna e di bell’aspetto, sei disposta all’obsoleto ulteriore piccolo contributo?
Sei abbastanza disinvolto / disinvolta da fottertene dei detrattori (invidiosi e, a loro volta, “ammanicati”)?
Sai mentire credibilmente al momento giusto?
Se tutte le risposte sono O.K.
E
Se ci hai voglia e uno scampolo di spunto adatto, sarai TU l’autore / autrice dell’ HARRY POTTER ITALIANO.

Parto da qui, una poesia, in questo caso, estemporanea, secondo la mia multiforme vena, diciamo, artistica, scritta qualche anno fa, per un volumetto di poesie, “POESIE” appunto (con Dalila), edito da ISMECA – Bologna 2009, per dire quanto mi piange il cuore (e quanto mi incazzo) quando vedo quei film stranieri (in prevalenza americani, per la verità) dove uno scrittore esordiente, o poco conosciuto, contatta un burbero, quanto benevolo editore per proporgli la pubblicazione di un suo romanzo, o una raccolta di poesie; quello lo maltratta, lo prende in giro e poi, prima che l’altro si alzi, mogio o inviperito per togliere il disturbo, ingobbito, con l’amaro in gola, o orgoglioso, sbattendo la porta, lo richiama: “siediti – gli dice – voglio darti una possibilità, perché no. Ma non sono disposto ad attendere più di 3 settimane. Portami il dattiloscritto, lo leggerò con attenzione, ma non voglio perdere né il mio tempo, né il mio denaro, ti avverto! Ora puoi andare!”
Il sogno… da autore italiano, immagino il sogno dipingersi negli occhi dello scrittore che, raggiante come se avesse vinto il NOBEL, si alza e corre subito a casa a porre mano senza indugio al da farsi, motivato, deciso, potenziato nella sua creatività dalla fiducia accordatagli; mille miglia lontani dalla sua mente sospetti di beghe, clientelismi, nepotismi, puttanismi e condizionamenti politici e religiosi.

E ORA UNA STORIA ITALIANA

Siamo nel Sud dell’Italia (ma qui c’entra un po’ del “sociale” e un po’ del “personale”).
Scrissi la mia prima poesia (che poi ho inserito da qualche parte, antologia, calendario, non ricordo) ad 8 anni. A 16, 17 anni (fine anni 50 – inizio anni 60) avevo deciso “in pectore” di fare lo scrittore, partire, zaino in spalla, Roma forse, dove c’era, a quei tempi, fermento artistico e letterario, ma non lo proposi neanche a mio padre (la mentalità di allora, immaginate, in un paesino del Sud).
Qui però casca l’asino. Fui penalizzato sì dalla situazione a me esterna, ma se ci avessi creduto davvero, l’avrei fatto comunque, eravamo nel sud dell’Italia, non in Sud Africa (dove, tra l’altro, ai tempi, tirava l’aria asfittica dell’apartheid); chi vuoi che mi tolga dalla testa che, evidentemente, “non ce l’avevo nelle gambe”, come si suol dire.
Recentemente ho visto un film americano di fresca produzione, ambientato in Italia, a Verona “Letters to Juliet”, un po’ mieloso, ma c’era qualcosa… uno dei protagonisti, a proposito di “amore”, uno scritto d’amore, appunto, diceva che le parole più importanti sono “e” e “se” (nell’originale era certo “and” e “if”): “e se ci provassi?”, “e se me ne fregassi dei rischi e seguissi ciò che voglio?” e così via.
Quello che vale per l’amore, certamente vale anche per l’arte, quale più stretto connubio?
Dovevo vederlo prima, o meglio dovevano produrlo prima, tempo fa, quel film.

Da allora, da quella incerta e confusa adolescenza, “scrivere” è diventato per me un “settimo senso” per intenderci. La vena letteraria che non era abortita (se questo fosse accaduto, come credo sia abbastanza ricorrente in giro, tutto sarebbe finito e non ci sarebbe stato più neanche da pensarci. Sarebbe stato un bene? Un male? Boh!), resisteva latente, si faceva viva in mille occasioni, anche un biglietto di auguri, un tema, una storia inventata. Facevo tante cose e, andando avanti, sempre di più (come risulta anche dalle mie note biografiche); una specie di ossessione. Poteva mettersi male, diventare un “caso patologico”. Ma qui sono stato aiutato (e mi sono aiutato; ancora una volta si incrociano il “sociale” e il “personale”, in senso positivo questa volta).

L’arte performativa, la “performance” che cosa è? Che cosa è stata per molti artisti?
Un salto nel vuoto, per dirla alla Paul Schimmel (peraltro rifacendosi ad un effettivo evento performativo), ma per me, forse la salvezza.
Marina Abramovič espose il suo corpo al pubblico di Napoli per 6 ore nel’74; il giapponese Genpei Akasegawa si fece arrestare e processare come falsario, negli anni ‘60; e, guardando ai nostri giorni, Elio Marchegiani (ricordate Capitan Findus?), nel luglio del 2010 mise in mostra alla Torre Guevara ad Ischia 60 anni di ricerca artistica, tra cui la “Collana d’astronauta”, un gigantesco “rosario” drappeggiato sul prato, che si arrampica fino alla torre; Vettor Pisani artista ischitano di molte biennali di Venezia, Guggenheim Museum di New York, ecc. si toglie la vita, impiccandosi con i lacci delle scarpe, a 77 anni a Roma il 22 agosto 2011, probabilmente “la sua morte”, questa è stata la sua ultima performance; guardando ai nostri giorni, ogni volta che la pittrice ischitana Nunzia Zambardi, mi fa pervenire l’immagine di una delle sue bellissime opere, io ho piacere di farle “dono” di un aforisma, una frase celebre, un richiamo attinente, e questa è una “performance” per me che, tra l’altro, nell’ultima antologia poetica “Ischia, mare e poesia” ho inserito un appello rivolto a chi vorrà aiutarmi per un evento artistico performativo, di cui parlerò tra poco (che strano tutte queste ultime annotazioni ruotano intorno ad Ischia – molte cose bollono in pentola, e sarò anch’io, innamorato, che esagero).
Ed ecco il “personale”; mi ci sono buttato a capofitto e ho intuito che tutta la mia vita, fin dall’inizio, è stata un percorso performativo, o forse… ho riciclato la mia vita:
fare l’apprendista avvocato, per qualche mese il Commissario di P.S., poi il Magistrato per molti anni, il Poeta, lo Scrittore, il Giornalista, l’Avvocato, il Giudice Tributario (compito che mi ringiovanisce, dovendomi occupare spesso di vertenze sorte in un arco di tempo che va da quando ero appena laureato, a quando ho vinto i concorsi al Ministero dell’Interno e in Magistratura, o avevo appena iniziato a fare l’Avvocato, o non ero ancora sposato ecc., mescolando tutto in qualcosa che, in un certo senso, mi rallegra, facendomi pensare alla vita, come al lento annodarsi di una interminabile, quasi immobile, giornata, ma non è certo encomiabile per la funzionalità dello Stato), lavorare a Napoli, a Milano, a Napoli ancora, ancora a Milano, l’autore di testi teatrali, progetti per fumetti, il pensionato, l’imputato anche, il traghettante dalla gioventù alla vecchiaia, con tutti i pregi e i difetti, diversi rimpianti ed errori e qualche cosa giusta, il padre di famiglia, il nonno, l’uomo di Fede (a modo mio, in senso storico e relativistico sostanzialmente), il “politicante” forse, e che altro… usque ad vitae supremum exitum?
In che modo, tutto ciò? Ah… credo sia ben sufficiente l’aurea mediocritas e, in ogni caso, ai critici, ai detrattori, ai familiari, agli amici, ai posteri ecc. ecc. l’ardua (ma non indispensabile) sentenza.
L’ho visto in ritardo, dunque, ma poi l’ho visto (o meglio sarebbe dire, alla fine l’hanno prodotto nel 2010) il film “Letters to Juliet”; è arrivato in ritardo quest’ultimo, rispetto al traguardo da me già tagliato, perché, quando l’ho visto, ero ormai da anni “naufragato” nella mia arte.
Intorno ai 45, 50 anni, tanto per dire, dipinsi alcuni quadretti (essendo assolutamente digiuno, non dico di arte, ma almeno di disegno, di linee figurative); lo scopo era quello di dimostrare (solo a me stesso, e a qualche “intimo”, data la situazione) che “la gente compra di tutto senza guardare”. Portai in conto vendita quelle mie “opere” da quattro soldi ad un rivenditore; poco più di un rigattiere, eh. Caspita! Vendetti tutto, guadagnandoci poche lire, ma comunque qualcosa.
Tanto per dire ho un libro-fil-rouge della mia vita dove ci sono sbalzi in avanti di 10, 15 anni, all’indietro di 20, ancora avanti di 30 e così via, e album di fotografie, dove si mescolano tutte le età, che sono una specie di ”ritorno al futuro IV parte”.

Trova qui suggello anche un mio ricorrente leitmotiv, sul quale ho scritto (“note dell’autore”, “cos’è la poesia?” nella stessa raccolta sopra menzionata, ecc.) e detto tanto: la poesia, come la santità o l’amore, il “nostro swing”, come dice Bagger Vance, nel film di Robert Redford, è la vita stessa, in definitiva; tutti ce l’hanno, poi… chi la valorizza, chi la distrugge, chi la cura, chi la maltratta, per ragioni intrinseche, estrinseche, casualità, progetto e così via; non già una prerogativa riservata a pochi, come si crede generalmente.
Ecco trovare, o ritrovare il nostro swing… forse è tutto qui il problema.
In definitiva la vita come performance, arte performativa, la vita come poesia, la stessa cosa.

Sogno, ora, di dare un suggello fattuale, concreto, a tutto questo attraverso un vero e proprio evento artistico performativo (ne parlavo poc’anzi), è dura eh! Ma prima o poi ci riuscirò.
Non aggiungo altro per non togliere la sorpresa. Dirò solo che c’è un autorevole precedente:
La “Destruction-in-art”, gli assemblaggi e le distruzioni dell’inglese John Latham che bruciò cataste di libri d’arte vicino al British Museum e libri di legge vicino alle Corti di Giustizia.
E qui mi fermo.

(FINE DELLA PRIMA PARTE – seconda ed ultima parte nel prossimo numero)

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