“…Anche i nomi di coloro che furono un tempo famosi… Scipione e Catone, e poi Augusto, e infine Adriano e Antonino, sono vuoti di senso. Infatti tutto dilegua e immediatamente diviene leggendario e presto sarà anche travolto totalmente dall’oblio”, annotava Marco Aurelio nei suoi Ricordi. Così non è stato. Marco Aurelio è stato reso immortale da sculture e ritratti. Opere in cui è rappresentato come un vincitore, crudele e spietato.
Cosa avrà convinto il pio e malinconico Marco Aurelio, così fermamente convinto della caducità delle cose umane, ad accettare di essere rappresentato in maniera così lontana dal suo modo di essere? Esiste solo una motivazione: l’amore per Roma.
Tre secoli in esposizione
Ancora una volta i Musei Capitolini ospitano una mostra dedicata alla storia di Roma. Sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, dal 4 ottobre al 5 maggio sarà possibile ammirare “l’Età dell’Equilibrio. Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio”, terzo appuntamento del progetto quinquennale di mostre, I Giorni di Roma, iniziato nel 2010. Il progetto mira a far conoscere la storia della città eterna dall’epoca repubblicana a quella tardo-antica, un arco temporale di 300 anni. Promossa da Roma Capitale, assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza ai beni Culturali e dal Ministero per i beni e le Attività Culturali, organizzata da Zètema Progetto Cultura e Mondo Mostre, l’allestimento è stato realizzato da Francesco Stefanori e Andrea Pesce Delfino. “Le prime due mostre del progetto sono state un successo” spiega Claudio Parisi Presicce curatore del programma, “hanno fatto registrare un incremento di visitatori pari al 15% ed un conseguente aumento delle entrate del 40% rispetto agli anni precedenti. Sono numeri molto alti, soprattutto se si tiene presente che ben il 58% degli italiani non segue le attività culturali organizzate nel nostro Paese, per non parlare di quanti hanno visitato un museo una sola volta nella vita. Il fine di una mostra è quello di attirare persone che solitamente non vengono. La mostra deve rendere vivo il museo. E per farlo necessita di un percorso espositivo ben studiato e accattivante, frutto di un lungo e meticoloso lavoro. Il filo conduttore della nostra mostra è l’arte. È nell’arte che si riflette l’evoluzione politica dei Principati che si susseguono”. Roma da sempre celebra la sua gloria attraverso le opere monumentali, quello che evolve nel tempo è il messaggio che con queste opere si vuole comunicare. “È stato un lavoro complesso” spiega Eugenio La Rocca, anch’egli curatore del progetto “ricco di difficoltà già nella scelta dei materiali da esporre per creare un tessuto connettivo adatto a spiegare la scultura e l’arte romana. In totale sono esposti 150 pezzi di cui un terzo appartiene ai Musei Capitolini, due terzi sono prestiti da altri musei nazionali e internazionali, come ad esempio il Louvre, i Musei Vaticani, il museo di Atene”. Va segnalata la ricchezza dell’apparato didattico, tra cui diverse postazioni multimediali e un’audioguida creata appositamente per la mostra. Sono in programma numerosi eventi di supporto didattico, finalizzati a coinvolgere scuole, giovani, adulti, e ad attivare nuove forme di conoscenza delle opere d’arte: incontri ispirati ai temi della mostra, laboratori interattivi, incontri in cui giovani attori del Teatro di Roma e dello Stabile di Genova daranno vita a temi e protagonisti.
Un percorso di sei sezioni
La prima ci permette di conoscere meglio i quattro protagonisti attraverso l’esposizione di loro ritratti, busti e statue il cui stile ci permette di capire l’uso propagandistico della loro immagine e l’evoluzione dei tipi che accompagnarono le fasi principali del loro principato. Stesso discorso per i ritratti delle consorti. La seconda sezione mostra il linguaggio artistico, il nuovo gusto dell’epoca incentrato sul recupero della tradizione ateniese del V secolo a.C. e su una nuova corrente dal gusto neoattico, influenzata dalle opere di età arcaica. Una sezione è dedicata a ville e dimore, di cui sono esposti i ricchi arredi e i mosaici in cui costanti sono i richiami mitologici; tra le ville prese in esame, Villa Adriana a Tivoli quale esempio di residenza imperiale e la villa privata del ricco senatore Erode Attico.
La quarta sezione tratta i diversi aspetti della vita pubblica, come l’educazione dei giovani e il mondo ginnasiale, l’evergetismo, i sacrifici, le processioni trionfali, e lo fa mostrando frammenti appartenenti ad importanti rilievi storici. Purtroppo non è stato possibile esporre alcuni dei più importanti rilievi storici, come la Colonna Traiana e l’Arco di Costantino, testimoni fondamentali del periodo in esame. Vincitori e vinti sono i protagonisti della quinta sezione, la più toccante, incentrata sulle attività connesse alla guerra: scene di battaglia, nemici sconfitti e ridotti in catene, soldati con indosso le loro armature, cavalieri che con i loro cavalli schiacciano nemici ormai inermi.
Chiude il percorso la sezione dedicata alle tombe, splendida panoramica sui costumi funerari e sulla loro evoluzione, caratterizzata dal passaggio dall’incinerazione all’inumazione. Si parte dall’esposizione di urne cinerarie vitree e fittili, per arrivare a splendidi sarcofagi marmorei scolpiti con scene di battaglia e soggetti mitologici. Sono stati ricostruiti due mausolei privati, il sepolcro degli Haterii e il mausoleo di Claudia Semne il cui arredo interno, disperso tra i Musei Vaticani e il Louvre, è stato per la prima volta riunito e presentato al pubblico. I visitatori non potranno ammirare l’intero arredo, di cui facevano parte anche statue della donna in qualità di dea e dei figli in toga, ma “si è scelto di esporre solo i pezzi che potessero dare idea della qualità e dell’importanza di questo monumento”, spiega Eugenio La Rocca. Infine sono esposti alcuni corredi funerari, tra i quali quello della piccola Crepereia Tryphaena che presenta una bambola in avorio meravigliosamente scolpita. Proprio a pendant della bambola romana “Crepereia”, a conclusione della mostra per la prima volta sono esposte alcune bambole antiche della Collezione di Giocattoli della Centrale Montemartini.
Il filo conduttore delle sei sezioni è l’arte, ma è un arte che parla di guerra. Eppure la definizione “Età dell’equilibrio” farebbe pensare ad un periodo di pace. Vedremo che non è così.
Felicia tempora
Il periodo in esame va dal 98 d.C. al 180 d.C., quindi dall’inizio del principato di Traiano sino alla morte di Marco Aurelio. Ottanta anni di un’importanza unica, tanto da essere definiti Felicia tempora. Anni di grande splendore artistico e di grande equilibrio politico. Anni in cui gli imperatori sono scelti per adozione, non più per diritto di nascita ma in virtù delle loro straordinarie qualità. Questo fenomeno influenzerà lo sviluppo del ritratto, in quanto ogni imperatore sceglierà autonomamente un determinato tipo di ritratto che lo rappresenti: Traiano opterà per un ritratto realistico e non idealizzato che ne esalti l’attitudine militare, il filelleno Adriano sceglierà il ritratto “del filosofo” con folta barba ricciuta e così anche Antonino Pio e Marco Aurelio.
Imperatore, senato ed esercito
Equilibrio non vuol dire pace. Vuol dire bilanciamento delle forze. E le forze a Roma erano tre: imperatore, senato e esercito. Traiano grazie alle vittoriose campagne condotte in Dacia e nel regno dei Parthi, aveva portato l’impero alla massima espansione. Al tempo stesso l’ingente bottino di guerra e l’incremento dell’economia delle province avevano permesso un rilancio dei traffici e dei commerci. Erano inoltre giunti a Roma provinciali attivi nel settore dell’arte, della filosofia e della scienza. Questo clima di prosperità, sia economica che culturale, aveva reso possibile la nascita di un’arte universale. Garante di questa situazione idilliaca era l’esercito: fondamentale per attuare le operazioni di conquista e per il mantenimento del potere a Roma. La sua esistenza era necessaria per la salvezza dell’Urbe e di tutto l’Impero. Le legioni andarono aumentando: nel II secolo a.C. ne esistevano 9, durante il principato il loro numero salì a 28\30. L’aumento delle legioni portò conseguentemente un aumento delle spese militari: durante la prima metà del II secolo d.C. erano spesi circa 700 milioni di sesterzi, che salirono a 1200 milioni nella seconda metà. L’aumento delle legioni è indicativo del fatto che la situazione politica e sociale non era stabilizzata, ma andava costantemente tenuta sotto controllo. Si tenga presente che durante il “tranquillo” principato di Adriano si verificò uno degli eventi più drammatici dell’antichità: la rivolta dell’ebreo Bar Kochba, domata dopo 4 anni e culminata con l’uccisione dei prigionieri, la trasformazione di Gerusalemme in città pagana, la distruzione del Grande Tempio e il divieto agli ebrei di rientrare nella loro città. Questa situazione è testimoniata bene a livello artistico: gli imperatori usano l’arte per divulgare la propria forza, per far conoscere all’ecumene il loro potere, unico e insostituibile. Traiano usò gli ingenti bottini di guerra per abbellire la città e per costruire il suo Foro. Un Foro che parla di conquista, brutalità, sofferenza, sottomissione di vinti. La differenza con Augusto è lampante: il Foro di Augusto parla di pace, il Foro di Traiano parla di guerra. L’imperatore, sia sulle monete che sui monumenti ufficiali, è raffigurato con indosso la sua possente armatura, a cavallo o a piedi o su carro, non importa che sia delineato come generale, ma è fondamentale che sia rappresentato “semper victor”. La guerra domina l’iconografia pubblica. Persino il pio Marco Aurelio è rappresentato su un carro mentre trafigge un nemico inginocchiato con le mani legate dietro la schiena. Marco Aurelio rappresentato come feroce vincitore. Non vedremo mai il grande Augusto rappresentato in questo modo. Quello che è cambiato è il fine della propaganda. L’arte è sempre stata al servizio della propaganda imperiale. Durante il principato augusteo l’arte doveva diffondere il clima di pace e stabilità conquistato dal suo princeps, nell’età dell’equilibrio l’arte ha un duplice scopo. Da una parte deve tranquillizzare i cittadini e gli alleati, convincerli della forza dell’impero. Deve altresì essere di monito ad eventuali rivoltosi, deve impaurirli e scoraggiarli. Parliamo di rivolte causate principalmente dalla pressione fiscale, ma anche da problemi religiosi e sociali.
Nella stessa definizione “età dell’equilibrio” sono quindi racchiusi gli estremi di uno squilibrio. È l’età del consenso, della crescita, della sperimentazione di codici artistici nuovi. È l’età del fermento e del dinamismo. A seguito della conquiste emergono mode, acconciature e abitudini nuove. Non è un periodo di pace, ma di tranquillità. È il momento in cui Roma prende coscienza di sé e di cosa rappresenta.