A settant’anni dall’apertura degli scavi che portarono alla scoperta della tomba di San Pietro e degli splendidi edifici sepolcrali della necropoli, sono stati completati i restauri del Mausoleo PHI o “dei Marci” della necropoli situata sotto la Basilica.
I lavori di recupero, finanziati dalla Fondazione Pro Musica e Arte Sacra attraverso il Festival, rientrano in un ampio programma iniziato nel 1998 con meticolose ricerche preventive, di carattere storico, scientifico e microbiologico per approfondire la conoscenza sia storica che ambientale del sito e per individuare la migliore strategia conservativa da adottare. Come diceva Leon Battista Alberti “l’efficacia di rimedi dipende dalla conoscenza che si ha delle malattie”.
È emerso così che i mali della necropoli erano causati essenzialmente da sbalzi microclimatici e da fenomeni di natura microbiologica. Si è quindi decisa la chiusura delle singole tombe, la realizzazione di opere di coibentazione, la predisposizione di depuratori d’aria e di porte ad apertura automatica disposte lungo il percorso di visita e, infine, la costante manutenzione del tutto.
Alla vigilia del Giubileo del 2000 erano state restaurate le tombe dell’area occidentale e della parte centrale degli scavi. Successivamente la Fondazione ha finanziato interventi d’urgenza nei Mausolei Z, O e G e, nel 2007, è stato eseguito il restauro del Mausoleo H o “dei Valeri”.
Quando l’arte paga.
La strategia della fondazione è quella di destinare gli introiti del Festival per il recupero archeologico. La X edizione della rassegna musicale che ospiterà i Wiener Philharmoniker diretti da Georges Prêtre, in programma a Roma dal 26 al 30 ottobre e il 5 e il 6 novembre, è stata presentata dal cardinale Angelo Comastri, presidente della Fabbrica di S. Pietro e presidente onorario della Fondazione, assieme a Hans Albert Courtial, presidente generale della Fondazione, Pablo Colini direttore del Coro della Filarmonica Romana, Pietro Zander, della direzione scientifica dei lavori per la Fabbrica e Roberto Novelli, direttore generale Promoroma.
PHI ovvero i Marci.
Il Mausoleo PHI, di proprietà della famiglia dei Marci, fu edificato a cielo aperto verso la fine del II secolo d. C. Fu coperto di terra a seguito dei lavori per la costruzione della Basilica di Costantino, per essere riscoperto durante gli scavi eseguiti tra il 1939 e il 1958 sotto la Basilica di S. Pietro. Si tratta di uno dei mausolei più significativi della necropoli, merito anche delle ricche decorazioni che presenta: pitture “a fresco” e ridipinture “a secco” eseguite su fondo rosso cinabro, scene mitologiche, anatre, teste di medusa, nereidi, mostri marini, silani, ghirlande di fiori e uccelli. Ricorre molto spesso il pavone, in quanto simbolo di resurrezione.
L’opera di salvaguardia del Mausoleo dei Marci, conclusa nel mese di giugno 2011, è stata molto impegnativa sia per la natura ipogea dell’ambiente sia per il livello di degradazione cui versavano le decorazioni pittoriche e le cortine laterizie. I problemi principali del Mausoleo, cui hanno dovuto far fronte i restauratori, sono stati principalmente tre: i silicati di sodio che avevano intaccato e danneggiato la superficie degli affreschi, i depositi superficiali di terra e le alterazioni microbiologiche. Questi tre elementi avevano reso gli affreschi quasi completamente illeggibili. L’intervento era quindi indispensabile per evitare che queste pitture andassero perse per sempre e al tempo stesso per migliorare la comprensione delle scene mitologiche rappresentate.
L’intervento è durato circa nove mesi ed è stato eseguito da esperti restauratori: Franco Adamo, Adele Cecchini, Corinna Ranzi e Chiara Scioscia Santoro.
La Triade Capitolina.
Dopo preliminari indagini diagnostiche e necessari consolidamenti, il restauro è iniziato con la rimozione delle stuccature cementizie, realizzate alla fine del secolo scorso per evitare la caduta di parte degli affreschi e per colmare le lacune nelle decorazioni pittoriche. All’ingresso del Mausoleo è stata collocata una teca di cristallo, dietro la quale è possibile vedere la camera funeraria, con l’intento di preservare l’equilibrio microclimatico. Un sistema di monitoraggio computerizzato tiene costantemente sotto controllo l’area. E’ stata inoltre allestita una nuova illuminazione a led per fare luce in maniera più discreta e suggestiva sugli affreschi.
La riscoperta dei simboli della Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva) testimonia non solo l’importanza di tali raffigurazioni in contesti funerari ma anche la tipologia dei simboli rappresentati: il trono vuoto di Giove con aquila, fulmine e lancia a sinistra, onphalos a destra; il trono vuoto di Giunone, moglie di Zeus, con il pavone; tracce del trono vuoto di Minerva, dea della saggezza, con scudo poggiato al seggio divino e civetta. E’ stato restaurato anche un quadro in mosaico frammentario, raffigurante Penteo e la sua morte sul monte Citerone, ed un sarcofago di marmo. Si è inoltre scoperto, durante i lavori, che le piccole finestrelle laterali del sepolcro erano chiuse da vetri.
A seguito di questo intervento i miti dell’antica Roma, dipinti nel Mausoleo dei Marci, sono tornati ad affascinarci con le loro storie.
La tomba di San Pietro.
La scoperta della tomba del Principe degli Apostoli risale ai primi anni del pontificato di papa Pio XII (1939-1958) e avvenne nel corso delle ricerche archeologiche che il pontefice intraprese nell’area della Confessione Vaticana e nella parte centrale della Sacre Grotte, tra il 1939 e il 1950. Fu così individuata, sotto l’altare maggiore della Basilica di S. Pietro, un umile fossa, rimasta inaccessibile per quasi duemila anni. La fossa fu scavata sulle pendici meridionali del colle Vaticano, davanti al circo teatro delle terribili persecuzioni indette dall’imperatore Nerone (54-68) contro i cristiani. Cento anni dopo il martirio di Pietro, su questa fossa fu costruita una piccola edicola funeraria, meglio conosciuta come “Trofeo di Gaio”.
La corrispondenza con le fonti letterarie è impressionante: sappiamo infatti che Pietro fu martirizzato su questo colle ed il suo corpo crocifisso fu raccolto dai cristiani e deposto in una fossa. Il cardinal Comastri, a sostegno dell’identificazione della fossa con la tomba dell’apostolo, durante la conferenza stampa ha voluto ricordare la frase pronunciata da Cristo “Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa”, che costituisce il vero messaggio della necropoli vaticana all’umanità. Lo storico Eusebio di Cesarea (Historia Ecclesiastica) parla di una lettera, trovata in una Bibilioteca di Gerusalemme e scritta dal presbitero Gaio, vissuto tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C., indirizzata a Proclo, il capo della setta montanista a Roma. Gaio gli richiama la memoria egli apostoli “ma io posso mostrare i trofei degli apostoli. Se infatti ti incamminerai per la via Regia verso il Vaticano o sulla via di Ostia, troverai i trofei di coloro che fondarono questa Chiesa”. Tesi confermata dagli scavi archeologici. L’edicola, costituita da due colonnine di marmo a sostegno di una lastra di travertino, aveva la funzione di indicare ai primi cristiani la tomba di Pietro e ben presto, prima dell’arrivo di Costantino, diventò meta di grandi pellegrinaggi testimoniati da numerosi graffiti rinvenuti su una parete intonacata (muro G) in prossimità della fossa. Il rinvenimento di un frammento di intonaco con la scritta in greco “ΠΕΤΡ[…] ΕΝΙ[…]”, interpretato “Πέτρ[os] ενί” (“Pietro è quì”) oppure “Πέτρ [os] εν ι [ρένε]” (“Pietro in pace”), è stato considerato una testimonianza della presenza del corpo dell’apostolo in questo luogo.
Le ambizioni di Costantino.
Ma la prova fondamentale viene dal proposito di Costantino di elevare in quel luogo una grande Basilica. La scelta di Costantino dimostra una volontà precisa non solo di rendere omaggio all’apostolo Pietro, ma di farlo in quel preciso luogo per una ragione importantissima. Questo luogo era il meno adatto per costruire una grande Basilica. Si trovava alla periferia della città, in zona acquitrinosa, argillosa, soggetta alle piene del Tevere e all’acqua che scendeva dai colli Vaticano e Gianicolo. Tacito, in uno dei suoi scritti, cita la zona dicendo “infami luoghi del Vaticano”. Costantino scelse questo posto affrontando enormi difficoltà, oltre a quelle costituite dal terreno, dal momento che vi sorgeva una necropoli ancora in uso. Le leggi romane proteggevano i cimiteri e nessuno avrebbe potuto costruire in quella zona. Costantino potè farlo solo perché era Imperatore e Pontefice Massimo, quindi era lui che faceva le leggi. Anche se quella scelta era molto nociva alla sua popolarità, non indietreggiò perché aveva una grande verità da trasmettere ai posteri. Costantino voleva che l’altare della sua Basilica fosse proprio sopra la tomba di Pietro. E per ottenere questo, dovette spostare tombe, abbassare il terreno. Tutti gli edifici sepolcrali che superavano in altezza il pavimento della Basilica, furono interrati. Fu necessario smuovere una grande quantità di terra, un’impresa ciclopica. E la sua insistenza nell’ottenere ciò che si era proposto, senza badare a spese e a difficoltà, dimostra che voleva ad ogni costo tramandare ai posteri il luogo della tomba di Pietro. Prima di innalzare la basilica, Costantino racchiuse la famosa edicola dentro una teca marmorea perché potesse conservarsi lungo i secoli, essendo un documento importantissimo. Eusebio di Cesarea ricorda questa teca come “un sepolcro al quale accorrono, come ad un santuario e tempio di Dio, innumerevoli schiere da ogni parte dell’impero romano”. Se si facesse uno spaccato verticale della zona, si vedrebbe che l’altare attuale, quello dell’antica basilica costantiniana, l’edicola del secondo secolo e la tomba di Pietro scavata nella nuda terra, sono perfettamente perpendicolari. Tutto poggia su quella povera tomba.
Sul monumento di Costantino furono costruiti con continuità, a testimonianza della devozione verso questo luogo, l’altare di Gregorio Magno (590-604), l’altare di Callisto II (1123) ed infine l’altare di Clemente VIII (1594). Quest’ultimo fu coperto dal baldacchino del Bernini sotto la cupola di Michelangelo: il luogo più umile, l’umile fossa di Pietro, veniva coperto dalla volta più maestosa, la cupola di S Pietro.
La necropoli vaticana.
La necropoli fu rinvenuta, durante gli scavi promossi da Pio XII, ad una profondità compresa tra i tre e gli undici metri rispetto al pavimento della navata centrale della Basilica. E’ un luogo di straordinaria importanza religiosa, storica e archeologica: scendendo pochi gradini si scendono migliaia di anni. In origine doveva sicuramente essere più estesa in direzione del Tevere. Di conseguenza è probabile che sotto il pavimento della Basilica e sotto Piazza S. Pietro ci siano numerosi mausolei intatti e ancora inviolati.
La necropoli fu interrata, mentre era ancora in funzione, per volontà dell’imperatore Costantino in occasione dei lavori per la costruzione della prima Basilica (320-350): ordinò la demolizione delle parti superiori degli edifici ed il loro interramento. La necropoli funse da fondazione della prima Basilica.
Strade e vicoli attraversano il sepolcreto, caratterizzato da edifici sepolcrali a pianta rettangolare muniti di ingressi architravati in travertino, finestre ai lati dell’iscrizione principale, scale che portano ad un terrazzo, oggi non più visibile, e spesso presentano tracce di un recinto antistante. Le facciate sono rivestire di laterizi rossi o gialli, spesso impreziosite da raffinate decorazioni in cotto. I laterizi presentano i giunti di malta dipinti e rimarcati da una sottile stilatura bianca.
Va sottolineato che gli edifici sepolcrali sono stati trovati intatti così come li aveva lasciati Costantino.
La necropoli, con i suoi affreschi, sarcofagi, mosaici, decorazioni a stucco e vasi in alabastro, costituisce uno dei più importanti esempi di arte funeraria romana dei primi secoli dell’impero. Il suo patrimonio iconografico è unico al mondo.
Nel corso degli scavi sono stati rinvenuti 22 edifici sepolcrali, progettati per ospitare circa 1000 sepolture: si tratta di uomini, donne e numerosi bambini, molti dei quali appartenenti a facoltose famiglie di liberti imperiali. Sono presenti sia tombe ad inumazione che ad incinerazione, in quest’ultimo caso le nicchie preposte erano sempre per due deposizioni. Le numerose iscrizioni oltre ad averci tramandato il nome ed il livello sociale dei defunti, sono riuscite in un intento più arduo, quello di comunicarci il dolore per la perdita del proprio caro provato, migliaia di anni fa, da chi pose l’iscrizione.
Si tratta di tombe pagane in cui però iniziano ad apparire le prime attestazioni cristiane, attestazioni che aumentano progressivamente nel corso degli anni fino all’età di Costantino. Queste tombe rappresentano l’affermazione cristiana nei primi secoli dell’impero.
Dietro i miti raffigurati si cela il messaggio della necropoli vaticana. E’ un messaggio di salvezza: la necropoli vuole gridare all’umanità che la vita non finisce con la morte.
Il prestigioso mausoleo vicino al circo di Nerone.
Il Mausoleo dei Marci è una delle tombe più prestigiose della necropoli vaticana. Fu costruito da alcuni liberti della famiglia romana dei Marci, tra la fine del II e l’inizio del III secolo d. C., sulle pendici meridionali del colle prospicienti il circo neroniano.
L’edificio è alto 4 metri e poggia su uno zoccolo di travertino con pilastri angolari sormontati da capitelli corinzi in laterizio giallo. Il paramento esterno è costituito da laterizi rossi, tra loro legati da sottili strati di malta rossa ed evidenziati da una stilatura bianca in legger rilievo.
Due grandi finestre ai lati della porta d’ingresso e quattro piccole feritoie, poste sulla parte superiore delle pareti laterali, illuminavano il mausoleo.
Si conserva ancora un quadro in mosaico policromo raffigurante l’uccisione di Perseo, re di Tebe, sbranato sul monte Citerone dalla madre, dalle zie e dalle baccanti per il suo rifiuto al culto di Dioniso.
Sono presenti meravigliosi affreschi inerenti miti e leggende di Roma antica, di una importanza ed unicità tali da fare considerare il mausoleo una sorta di “Pompei della mitologia classica”, come lo ha definito il dottor Zander. La decorazione è realizzata con stesura di colore a calce su sfondo rosso cinabro eseguito ad affresco. Nel primo arcosolio della parete occidentale è raffigurato Mercurio tra le figlie di Aglauro e di Cecrope, re dell’Attica; nel successivo è raffigurata Leda con il cigno vicino a Venere e ad una ninfa.
La regina dell’oltretomba.
Nell’arcosolio della parete nord è dipinto l’episodio del ritrovamento di Arianna a Nesso. Sulla parete orientale, nell’arcosolio di destra sono raffigurati Ercole e Alcesti al cospetto di Admeto, in quello di sinistra Vesta, Marte e Rea Silvia. Gli arcosoli delle pareti laterali sono separati tra loro da erme, poste su basamenti, raffiguranti sileni nimbati: un sileno giovane a sinistra ed un sileno anziano a destra. Alla base del sileno anziano è dipinta una fiaccola rivolta verso il basso, simboleggiare la vita che si spegne. Il restauro ha permesso di scoprire i simboli della Triade Capitolina dipinti sul marcapiano, posto a separazione dell’ordine degli arcosoli superiori da quello inferiore. Nella parte inferiore delle pareti laterali ci sono quattro arcosoli su cui sono stati dipinti allegri paesaggi acquatici animati da pesci a anatre.
Un sarcofago di marmo fu collocato al centro del mausoleo nella seconda metà del III secolo. L’iscrizione dedicatoria ci informa che Quintus Marcius Hermes era ancora in vita quando ordinò quel sarcofago, destinato a lui ed alla moglie Marcia Thraso. Sul coperchio è scolpito il ritratto dei coniugi, nel gesto oratorio della mano destra semiaperta. Sulla sinistra la donna, con vistosi orecchini, reca un pomo dono per Proserpina, regina dell’oltretomba; sulla destra l’uomo con capelli ricci e barba stringe in mano un rotolo. Al centro della cassa sta Dioniso vicino ad un satiro con un cantaro in mano, mentre una pantera e un piccolo fauno sono scolpiti alla base di una pianta di vite che si inerpica alla sinistra del dio. Nel riquadro di destra c’è un satiro con in braccio Dioniso bambino, nel riquadro di sinistra è scolpita una menade che suona il doppio flauto. Il Mausoleo affaccia su una stradina in salita che collega gli edifici della fila meridionale alla strada principale su cui affacciavano i più antichi sepolcri della necropoli.
La Fabbrica di San Pietro.
Le origini di questa istituzione risalgono ai tempi di papa Giulio II (1503-1513) che nel 1506 aveva dato inizio alla costruzione della nuova Basilica Vaticana. Nel 1523 papa Clemente VII nominò una commissione stabile di sessanta periti alle dirette dipendenze della Santa Sede, con il compito di curare la costruzione e l’amministrazione della Basilica. Nel 1589 papa Sisto V sottomise la commissione alla giurisdizione del Cardinale Arciprete della Basilica e pochi anni dopo, sotto il pontificato di Clemente VIII (1592-1605), venne sostituita con un apposito organo collegiale, denominato Congregazione della Reverenda Fabbrica di San Pietro. Oltre al Prefetto nella persona del Cardinale Arciprete della Basilica, la Congregazione era costituita da un certo numero di cardinali e prelati. Questo dicastero poteva nominare, nelle province dello Stato della Chiesa, propri delegati in qualità di commissari della Reverenda Fabbrica, che duravano in carica un anno. Essi esercitavano giurisdizione propria ed erano competenti a giudicare in primo grado cause di ogni valore. Nel 1863, durante il pontificato di Pio IX, vennero sottratti alla Congregazione della Reverenda Fabbrica di San Pietro tutti i poteri in materia contenziosa, deferendoli alla Congregazione del Concilio. Con la riforma del 1908 di Pio X la Congregazione venne ridotta ad occuparsi esclusivamente dell’amministrazione della Fabbrica e nel 1967, in seguito alla riforma generale della Curia Romana attuata da papa Paolo VI, la Congregazione cessò di esistere come tale e venne annoverata tra le Amministrazioni Palatine. Con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus del 1988, papa Giovanni Paolo II stabilì che “la Fabbrica di San Pietro secondo le proprie leggi continuerà ad occuparsi di tutto quanto riguarda la Basilica del Principe degli Apostoli sia per la conservazione e il decoro dell’edificio sia per la disciplina interna dei custodi e dei pellegrini che accedono per visitare il tempio”.
In visita alla necropoli.
L’accesso alla necropoli, date la particolare ubicazione sotterranea e le ridotte dimensioni, è consentito solo a limitati gruppi di persone, di età superiore ai quindici anni. Per usufruire di una visita guidata è necessario richiedere l’opportuna autorizzazione inoltrando la richiesta via fax (+39 06 69873017) o via e-mail (savi@fsp.va) alla fabbrica di S. Pietro, indicando la lingua, le date disponibili, il numero dei partecipanti ed un recapito telefonico.
Il connubio tra Fondazione e Festival.
La Fondazione Pro Musica e Arte Sacra è un ente morale che ha lo scopo di promuovere la musica sacra ad altissimo livello e il restauro di tesori di arte sacra. A tal fine organizza mostre, concerti, concorsi, rassegne, corsi di formazione, redige e diffonde pubblicazioni editoriali e discografiche, promuove tutte le iniziative ritenute idonee al raggiungimento delle proprie finalità. Il patrimonio della Fondazione è costituito da donazioni, eredità ed erogazioni da parte di persone giuridiche, di diritto pubblico o privato, italiane e straniere, o da privati. Ogni anno la Fondazione promuove il Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra nelle splendide basiliche romane. Lo scopo è quello di promuovere a conservazione ed il restauro dei beni culturali conservati nelle Basiliche.
Tra i lavori finanziati dalla Fondazione, non potendoli menzionare tutti, ricordiamo i restauri della Cappella di Santo Stefano nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, della Cappella tedesca del Pontificio Santuario della Santa Casa di Loreto ad Ancona, della cupola della Cappella di Sisto V nella Basilica di S. Maria Maggiore e del Mausoleo dei Valeri nella necropoli vaticana. Oltre al restauro da poco concluso del Mausoleo dei Marci, la Fondazione attualmente sostiene due importanti progetti di restauro: il restauro del prospetto sud della Basilica Vaticana nel terzo lotto ed il restauro della Fontana della Burbera sulla terrazza settentrionale della Basilica Vaticana. È in progetto il restauro dell’organo della Chiesa Gesuita San Francesco Saverio a Roma, per la cui realizzazione il dottor Courtial ha stimato una cifra intorno ai 150.000\200.000 euro. Una cifra questa che ci può far capire lo sforzo economico affrontato dalla Fondazione nel sostenere il restauro di progetti di più grande impegno, quali ad esempio il restauro dei mausolei della necropoli vaticana.
I Wiener e la musica di arte sacra.
Il Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra, unico nel suo genere, si svolge ogni autunno nelle Basiliche papali di Roma, con i Wiener Philarmoniker come orchestra in residence. L’evento mira a sensibilizzare il pubblico verso le attività promosse dalla Fondazione Pro Musica e Are Sacra, e cioè tutela, conservazione, valorizzazione e promozione dei beni culturali sacri. Organizzato per la prima volta nel 2002, ha riscosso un tale successo di pubblico e di critica grazie al meraviglioso connubio offerta tra musica di altissimi livello e splendidi luoghi sacri, tanto da arrivare quest’anno alla sua decima edizione. Quest’anno ricorre il 1580° anniversario del Concilio di Efeso, che si tenne nel 431 d. C. per stabilire il ruolo salvifico di Maria. Per onorare la Vergine Maria si è scelto di dedicare al suo titolo di Theotokos (Madre di Dio) l’edizione 2011 del Festival. Quanti contribuiranno al Festival quest’anno, avranno la possibilità di sostenere i tre progetti di restauro, ancora in corso, della Fondazione.