La socializzazione si può definire come l’inserimentodell’individuo nella collettività; durante la quale quest’ultima influenzerà l’individuo nella creazione della realtà di cui farà parte (compresa la sua personale identità); e contemporaneamente darà la possibilità all’individuo di influenzare la stessa realtà collettiva in un continuo processo di interazione e mutamento.
Questo è un processo a cui l’individuo, in quanto animale sociale, è naturalmente predisposto per istinto di sopravvivenza. Infatti per un predatore debole come l’uomo, la probabilità di sopravvivere aumenta con la presenza e il sostegno di un branco.
Per capire i meccanismi della socializzazione bisogna prima di tutto distinguere tra socializzazione primaria e secondaria. Come è intuibile dai nomi stessi, la socializzazione primaria è quella che avviene nell’infanzia, è il primo contatto con il mondo; mentre la socializzazione secondaria è quella che avviene nell’età adulta nei diversi ambienti che l’individuo incontrerà.
La socializzazione primaria, proprio perché crea la prima forma di realtà con la quale l’individuo avrà esperienza, assume un’importanza enorme. La realtà della socializzazione primaria prenderà forma come una realtà oggettiva, l’unica esistente per il bambino, in quanto l’unica disponibile e sperimentabile sulla propria pelle; non sarà considerata come una delle tante realtà possibili, ma come l’unica concepibile. Quindi anche l’identità che gli adulti affibbieranno al bambino, per quest’ultimo diventerà l’unica sua identità possibile.
Anche se la socializzazione primaria avrà creato le basi solide del modo di vedere il mondo, una volta che l’individuo entrerà in contatto con il resto della società; con le realtà che incontrerà più o meno diverse dalla sua; con le istituzioni di cui farà parte; ecc.; il mondo primariamente socializzato incomincerà a barcollare e inizieranno le socializzazioni secondarie. Si deve però sottolineare che queste saranno comunque influenzate dalla prima socializzazione, ma al tempo stesso concorreranno vicendevolmente ad indebolire e disilludere dalle convinzioni formatesi nel periodo precedente. Questa disillusione è proprio uno dei motivi che spiega il difficile periodo della adolescenza. Il ragazzino infatti incomincia pian piano a sentirsi come tradito da quel mondo che credeva l’unico, e che ha avuto l’impressione (probabilmente a ragione) che gli fosse stato passato come tale, ma che invece scopre essere solo uno delle tante interpretazioni, le quali ora proverà lui stesso a formulare.
La socializzazione secondaria avrà però meccanismi simili a quella primaria: come da bambino l’individuo ha dovuto prendere per oggettiva la realtà passatagli dai genitori, allo stesso modo, da adulto, l’individuo dovrà prendere per reale ed oggettivo il mondo sociale creatogli dalle regole e dalle istituzioni; inoltre, come da bambino l’individuo ha fatto sua un’identità primariamente socializzata e quindi indiscutibile, allo stesso modo, durante la socializzazione secondaria, l’individuo deve fare suoi i ruoli che gli verranno attribuiti o che si attribuirà durante il processo della socializzazione, verrà così a conoscenza delle regole che sottostanno questi diversi ruoli, sia propri che altrui.
Queste conoscenze faranno sì che l’individuo nell’eseguire un ruolo comunichi impressioni di se stesso compatibili con le qualità personali appropriate al ruolo e alla situazione, e al tempo stesso, sappia come giudicare i comportamenti delle altre persone, assegnando ad essi determinati ruoli; inoltre faranno sì che sappia riconoscere i diversi ruoli che gli si presenteranno, con tutte le caratteristiche ad essi inclusi; e che riesca a rendersi conto se determinati atteggiamenti sono consoni oppure no al ruolo che lui, o la persona a lui di fronte, sta mettendo in scena: un chirurgo in sala operatoria non deve sembrare confuso, così come un pubblicitario deve sembrare creativo e fantasioso dinnanzi ai suoi clienti.
La socializzazione primaria crea quindi la base con cui vedremo il mondo e la base della nostra identità; la socializzazione secondaria creerà il nostro mondo “momentaneamente ma definitivo”, comprensivo dei ruoli che in questo potremo assumere e ci darà gli strumenti per riconoscerli e giudicarli. Se sarà importante cosa ci avranno trasmesso con la prima socializzazione i nostri genitori, ancor più importante e di maggiore responsabilità sarà come interagiremo con la seconda, e come con questa trasformeremo il nostro mondo, importantissima eredità che lasceremo agli adulti di domani: i nostri figli.
Sosteneva Erving Goffman “Il ruolo è l’unità fondamentale della socializzazione. E’ mediante i ruoli che nella società si assegnano compiti e si organizzano le cose per assicurarne l’esecuzione.” L’individuo quindi, durante la socializzazione secondaria, farà sua la cultura della società in cui vive, e imparerà a mettere in scena i ruoli richiesti da quella società, essa stessa creata proprio dagli individui, e con la quale continuerà a interagire.
Saranno le istituzioni, create dalle persone, a fornire uno schema di condotta alle persone stesse, diventate attraverso la socializzazione secondaria individui della società; esse (le istituzioni) controlleranno la condotta degli individui e fisseranno modelli prestabiliti, incanalando i comportamenti in una direzione piuttosto che in un’altra delle molte che sarebbero disponibili. Questa sorta di controllo dei ruoli possibili sarà inerente all’istituzione in quanto tale, a prescindere dalle sanzioni stabilite per difendere l’istituzione stessa.
L’ordine istituzionale sarà infatti rappresentato dai ruoli che costituiscono un intero complesso istituzionale di comportamenti e condotta: nel bagaglio culturale di una società ci saranno dunque le norme per lo svolgimento di un ruolo, norme accessibili a tutti, comprensive degli elementi comportamentali eaffettivi adeguati ad ognuno di questi.
Detto questo possiamo fare un meditativo paragone tra il mondo del bambino nella socializzazione primaria e la società per l’adulto nella socializzazione secondaria. Abbiamo detto che il bambino vede il mondo in cui vive, il suo mondo, come l’unico, senza riuscire neanche ad ipotizzare la possibilità dell’esistenza di altri mondi; ma del suo stesso mondo egli non è ancora esperto, e sta imparando pian piano tutte le regole che di esso fanno parte. Invece l’adulto vede la società in cui vive come una delle tante, cioè si rende conto di questo, ma al tempo stesso non riesce a staccarsi facilmente dalle sue regole perché ormai fortemente istituzionalizzate ed egli stesso estremamente esperto in queste; cambiare modo di pensare e di agire dopo tanti anni è più difficile, senza contare che la mente dell’adulto è sicuramente meno elastica di quella di un bambino; insomma l’adulto pur sapendo che la sua società non è l’unica esistente al mondo, si comporta come se lo fosse.
Ecco l’effetto che si creerà: una volta pratico della socializzazione secondaria, l’adulto la trasmetterà probabilmente ad un bambino per il quale sarà una socializzazione primaria (percepirà questo dall’adulto che si comporterà proprio come se lo fosse) e così il mondo e le generazioni andranno avanti, di primaria in secondaria e ancora da secondaria in primaria , e così via; creando così le basi e il mutarsi delle culture e dei tempi, in definitiva dei ruoli disponibili e dei modi di diventare uomo nella società.
Poiché sono le istituzioni (si ricordi create dagli uomini stessi) a dare queste norme per i ruoli, si può certamente sostenere che ci saranno tanti modi di divenire uomini almeno quante saranno le società, le culture e le istituzioni, anche se ognuna di queste avrà diverse possibilità e soluzioni per diventare membri della società stessa. Facciamo un esempio: se saremo europei, saremo probabilmente diversi dai giapponesi, inoltre se saremo poveri, guarderemo al mondo in modo diverso rispetto se fossimo ricchi, e ancora, se saremo soddisfatti della nostra vita, penseremo in modo del tutto diverso rispetto a degli europei poveri come noi, ma insoddisfatti; e queste diversità, sicuramente frutto della nostra esperienza e della nostra precedente realtà primaria, le tramanderemo ai nostri figli.
In altre parole la socializzazione primaria di ogni bambino, porta in sé la socializzazione secondaria dell’uomo che ottenne questa dall’interazione con la sua socializzazione primaria, ottenuta da quella secondaria del suo predecessore, e così via: la socializzazione è un processo interminabile, volto a creare il progresso delle culture, e porta in sé la lunghissima catena dell’eredità storica delle culture che ci hanno preceduto. Il guardare l’evolversi di questa infinita spirale può aiutarci a capire quello che è stato e quel che sarà. La socializzazione può quindi essere usata come chiave di volta così da correggere, la dove ci siano, gli errori della nostra società, potendo capire preventivamente dove intervenire perché l’agognato progresso culturale non divenga sempre più simile ad una regressione intellettuale.
* Piscologa