FIRENZE. In occasione delle celebrazioni per i 450 anni dalla morte di Michelangelo Buonarroti, coordinate dall’Accademia delle Arti del Disegno, la Galleria dell’Accademia di Firenze, in collaborazione con la Fratelli Alinari Idea spa, presenta un’esposizione che affronta il complesso tema del rinnovato interesse e dell’ammirazione per l’artista dall’Ottocento alla contemporaneità, attraverso l’opera di scultori, pittori e fotografi che hanno guardato alla figura del Buonarroti e alle sue opere come riferimento iconografico per le loro realizzazioni. La mostra dal titolo ”Ri-conoscere Michelangelo.
La scultura del Buonarroti nella fotografia e nella pittura dall’Ottocento ad oggi” sarà ospitata a Firenze dalla Galleria dell’Accademia, che custodisce il colossale David, dal 18 febbraio al 18 maggio 2014. Partendo dalla produzione fotografica realizzata da alcuni tra i più noti ateliers e professionisti del XIX e del XX secolo, i curatori della mostra cercano di evidenziare il ruolo determinante che la fotografia ha svolto nel consolidare la fortuna critica e iconografica di Michelangelo e, attraverso di essa, la celebrazione del suo mito. Una lettura trasversale, in chiave storico-fotografica, che mette al centro il ruolo svolto dalla fotografia, fin dalle sue origini, nel celebrare uno dei massimi artisti del Rinascimento italiano, e nell’eleggere un ristretto pantheon di immagini di sue sculture a monumenti della memoria collettiva. Il percorso espositivo prende avvio dalle rappresentazioni in chiave storicistica della fisionomia e della personalità di Michelangelo, con opere di Eugene Delacroix e Auguste Rodin, e di altri autori che hanno operato con il nuovo medium fotografico alle origini, tra i primi Eugene Piot, Edouard-Denis Baldus, gli Alinari, John Brampton Philpot, solo per ricordarne alcuni. La mostra si caratterizza per un continuo rimando tra le diverse modalità di tradurre e riproporre la scultura del Buonarroti: dalla fotografia intesa come oggetto di documentazione, alla specificità interpretativa nel confronto con la scultura, per giungere alla totale autonomia autoriale novecentesca tale da creare nuovi punti di vista e di analisi dell’opera d’arte. Nasce quindi un nuovo legame tra storici dell’arte e fotografi, ai quali è affidato il compito di rintracciare le forme e la materia dell’opera a conforto della ricerca storico artistica. Tra i casi proposti, le fotografie di Giuseppe Pagano alla Pietà di Palestrina, il lavoro di David Finn e di Aurelio Amendola, interpreti chiamati a collaborare con autorevoli storici dell’arte che dalle loro interpretazioni hanno potuto trarre importanti conferme alle loro teorie e analisi stilistiche. Via via che il mito si consolida nella percezione collettiva, la presenza di Michelangelo si riconosce anche nell’opera di artisti del Novecento come Medardo Rosso, Henri Matisse, Carlo Mollino, e nella ricerca fotografica di personalità quali Emmanuel Sougez, Herbert List, Horst P. Horst, fino ad avvicinarsi agli anni Settanta, con le ricerche di Tano Festa, Paolo Monti, Antonia Mulas, e raggiungere le espressioni della contemporaneità con Helmut Newton e Gabriele Basilico. Il percorso della mostra si conclude con i riferimenti al tema della copia e del multiplo nell’epoca della riproducibilità e della massificazione affrontati nell’opera di Karen Knorr, Lisa Sarfati, Tim Parchikov, mentre riconosciamo Michelangelo quale modello formale di riferimento della staged photography di Frank Horvat, Youssef Nabil, Kim Ki duk, fino a diventare ‘assenza’ nelle immagini di Thomas Struth e Candida Hofer.