“Ella nasce fata. Il ritorno regolare dell’esaltazione la fa sibilla. L’amore la fa maga. La sua accortezza, la sua malizia (spesso capricciosa e benefica) la fanno strega, ed ella scongiura i mali, o almeno li sopisce, li elude”.
Sono parole di Jules Michelet che, nel suo saggio sulla strega, parla della donna centrando pienamente la magia profonda della natura femminile. La donna, in effetti, è “incantevole” fin dalla nascita: la bimba, più del bimbo, affascina; esercita, cioè, più o meno consciamente, un fascino, un incanto, una malìa, una magia. E c’è davvero un’affinità tra la donna e la magia. Affinità fisica in quanto la donna si accorda alla natura tramite il ritmo sanguigno. E la magia, come la natura, è ritmo, è ciclo, è ripetizione periodica, morte e rinascita continue. E ogni ciclo è crisi. E’ Marcel Mauss che, nella sua Teoria generale della magia, dice a proposito delle donne: “I periodi critici causano in loro stupori e apprensioni che le pongono in una situazione particolare. E’ proprio negli stati di nubilato, durante le regole mestruali, nel periodo delle gestazioni e dei parti, e dopo la menopausa, che le virtù magiche delle donne attingono la loro maggiore intensità…”.
Né meno magica è la funzione della donna come madre. Madre è la natura, madre la terra, madre la donna; è una amorevole ricettività che sviluppa creativamente e plasticamente il principio fecondatore trasfusole dal maschio. E la madre ama. La madre è misericordiosa; aiuta, accoglie, consola. E’ la magia spicciola del piccolo gesto, della parola sussurrata, del pensare intensamente a chi si ama e soffre. Sia il bimbo sia l’infermo non possono fare a meno della donna. Ed è lei che più facilmente conosce le piante, le erbe, le terre, le stagioni. E usa di tutto questo: è la maga. E’ un fatto, poi, che tutto ciò che ha carattere di ispirazione, di entusiasmo, di intuizione è una possibilità più vicina alle donne che non agli uomini, più femminile che maschile. Se spesso è il dio (Apollo, ad esempio) che “ha” l’oracolo, è una donna, la Pizia, la sibilla che lo manifesta. Soffia il vento divino, entra nella donna e questa, come uno strumento musicale, risuona, parla, rivela. Strumento, si è detto. In effetti qui la funzione femminile è precipuamente passiva, strumentale. La donna è mezzo, medium. Proprio questo indica figurativamente la tradizione secondo cui nella Pizia la forza ispiratrice entrava attraverso la vagina, come in una fecondazione. E’ posseduta dagli spiriti (chissà quali?), del resto, anche la medium d’oggidì. Attenzione, però. Il cosiddetto possesso sessuale della donna da parte dell’uomo (anche il sesso è magia) non sempre è tale. E l’uomo che si abbandona al desiderio, alla donna, si abbandona alla “corrente delle acque” e ne viene travolto. E l’apparente passività femminile si risolve in una “suggente” e dissolutoria attività.
Maga sempre, dunque, la donna? E da sempre? Sempre, anche se l’aspetto può cambiare: dalla piccola e fragile moglie del servo della gleba, attenta al sussurro degli spiriti del focolare, alla strega trionfante dallo sguardo ricco di bagliori, alla decadente e decaduta “professionista” attuale, non più Circe, ma confidente di “signore bene” e di uomini politici. In questa luce appare tutta l’ingenuità dello slogan femminista “Tremate, tremate, le streghe sono tornate!”. Le streghe non sono mai andate via, non sono mai scomparse. Si sono semplicemente tenute nascoste, silenziose, al posto che ritenevano giusto, dietro le quinte, a combattere con i loro mezzi “superstiziosi” per i figli e i mariti, apparentemente deboli, ma fortissime. Ogni donna ha due personalità; una è razionale, come quella di un uomo; l’altra… l’altra sa. Le donne potrebbero apertamente governare il mondo; ma del mondo non sanno cosa farsene. E’ quanto sostiene Fritz Leiber, uno scrittore di “cose” fantastiche (ma fino a che punto?) nel suo romanzo Ombre del male. Tutte le donne, egli sostiene, sono più o meno coscientemente, in maggiore o minore quantità e qualità, maghe. In effetti, Medea non è mai morta. Quante mamme, e non solo “di paese”, accendono la candela per il figlio che parte per andare lontano o va a fare un concorso? Quante dicono una preghiera “speciale”? Quante mogli danno al marito un portafortuna perché sia protetto e perché non le tradisca? E di madre in figlia si trasmettono la parola, la formula, il talismano, si suggeriscono quel certo modo di pensare a quella certa cosa.
E l’uomo? A questo punto sembrerebbe un’isola in un mare di magia. Ma – si dirà -esistono anche i maghi. Per ogni fata Morgana c’è un mago Merlino. E’ certo, però, che l’uomo è meno “concreto” della donna; è più “culturale” che “naturale”. E con lui la magia non è più (o non più soltanto) soccorso, meraviglia, piccolo o grande ottenimento nella vita d’ogni giorno. Con lui la magia diventa “via secca”, iniziazione maschile, Scienza dell’Io. Il mago, con la bacchetta e la spada, evoca le potenze infere e invoca le potenze superiori, comanda agli spirti e alle entità, è sempre presente a se stesso, non è mai medium, né mai desidera: vuole. E la sua è volontà di conoscenza, di “realizzazione”, di immortalità. Il mago sa, e in quanto sa può. Potendo, osa. E sempre tace. Ed anche noi, a questo punto, taciamo di fronte al mistero.