Al contempo, il buon influencer deve essere un content generator, ovvero possedere un blog, un forum o un canale social dove diffonde nella rete i giudizi sui prodotti e sui servizi, per dare il via al cosiddetto buzz marketing, ovvero all’operazione di passaparola sulla bontà dei suddetti. Per completare l’identikit dell’influencer è importante che venga riconosciuto come una fonte informativa di fiducia dal basso, ovvero dal popolo del web e che sia in grado di raggruppare una comunità di utenti e di influenzarne le scelte in fase di consumo.
La domanda sorge quindi spontanea, ovvero: come fanno gli esperti di digital pr a ‘scovare’ gli influencer? L’agenzia digital pr Milano di Alessia Bianchi utilizza diversi metodi e il primo consiste nell’attivare Google Alert per individuare chi parla e come ne parla, all’interno del proprio settore di interesse. Deve quindi essere verificato il cosiddetto Klout di chi parla. Si tratta di un misuratore di influenza, di un indice che considera una serie di parametri che interessano le interazioni, ovvero l’engagement che avviene nei diversi canali. Il Klout si misura da 0 a 100 e più alto è il punteggio e più autorevole è l’influencer. La terza e ultima mossa consiste nel verificare la bontà degli influencer, ovvero nel controllare organicamente quante volte vengono citati come fonte autorevole in atri blog, forum e canali social.

Si tratta della base per comprendere se un influencer fa al caso proprio, il che può indurre alla decisione di contattarlo per proporre il proprio prodotto, che si tratti di un bene o di un servizio. L’influencer può quindi testarlo e parlarne nei suoi canali, diffondendolo in modo veloce e soprattutto efficace nell’universo del web.

Di Golem

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