FORLI’. L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio il tema della grande mostra allestita ai Musei San Domenico di Forlì fino al 17 giugno: mette in scena per la prima volta in maniera compiuta e in un nuovo percorso espositivo – la Chiesa conventuale di San Giacomo Apostolo, a conclusione del suo integrale recupero – il fascino di un secolo compreso tra un superbo tramonto, l’ultimo Rinascimento, e un nuovo luministico orizzonte, l’età barocca.
Il periodo tra il compimento del Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina (1541) e la breve affermazione a Roma di Michelangelo Merisi da Caravaggio, per la storia dell’arte, uno dei pi avvincenti e stimolanti. Sono gli anni che idealmente intercorrono tra il Sacco di Roma (1527) e la morte di Caravaggio (1610), tra l’avvio della Riforma protestante (1517-1520) e il Concilio di Trento (1545-1563), e rappresentano l’avvio della nostra modernità. L’istanza alla Chiesa di Roma di un maggiore rigore spirituale, se da un lato produceva una rinnovata difesa delle immagini sacre (soprattutto ad opera della ignaziana Compagnia di Gesù), dall’altro imponeva una diversa attenzione alla composizione e alla raffigurazione delle immagini, nonché ad una ridefinizione dello spazio sacro e dei suoi ornamenti. Si sviluppano così scuole e orientamenti nuovi: dal tentativo di dare vita a “un’arte senza tempo” di Valeriano e Pulzone, nell’ambiente romano, agli esiti del modellato cromatico di Tiziano, al naturalismo dei Carracci. Ma anche la vita quotidiana che si affranca dai bagliori dell’estremo Rinascimento. Si avverte una ‘temperatura sentimentale’ che pare interpretare il nuovo senso del Concilio tridentino che deve parlare a tutti i cuori creando una nuova forma di pietà e di devozione, con l’esaltazione della figura mariana, dei primi martiri e dei nuovi santi, Francesco d’Assisi fra tutti. In Italia la battaglia più impegnativa per il dipingere e il vivere moderno si combatte nella pittura di commissione sacra. Protagonista di questa lotta soprattutto Caravaggio, che tenta un’innovazione radicale del suo significato religioso come fatto di religione profondamente popolare. Tra l’ultimo Michelangelo e Caravaggio – passando attraverso Raffaello, Rosso Fiorentino, Lorenzo Lotto, Pontormo, Sebastiano del Piombo, Correggio, Bronzino, Vasari, Daniele da Volterra, El Greco, i Carracci (nella foto La conversione di Saulo di Ludovico Carracci), Federico Barocci, Veronese, Tiziano, Federico Zuccari, Guido Reni, Domenico Beccafumi, Giuseppe Valeriano e Scipione Pulzone – si dipana un filo estetico di rimandi e innovazioni che darà vita a un’età nuova. Comprese le forme alternative di Rubens e Guido Reni.