6 aprile del 2009. Sono le 3.32 quando il territorio aquilano trema per 23 secondi. Una manciata eppure interminabili. Dopo solo polvere, macerie, urla. Poi il silenzio. L’Aquila viene quasi rasa al suolo. 309 vittime. Migliaia i palazzi crollati. Migliaia di sfollati. 485 beni monumentali riportano danni per un valore di 525 milioni di euro.
A distanza di 5 anni L’Aquila è ancora una città fantasma. Il suo centro storico è “un buco nero, che fa male al cuore e alla vista”, come dichiarò uno dei cittadini all’indomani della catastrofe.
Le cronache del passato
“Gridarono tutti insieme: Facciamo una città così bella che nessun’altra nel regno le si possa paragonare!”, così Buccio di Ranallo, autore delle Cronache della fondazione dell’Aquila, racconta la nascita della città abruzzese, la cui storia è una commistione di tradizione e leggenda. Secondo la leggenda, l’edificazione della città sarebbe avvenuta grazie al contributo degli abitanti dei 99 castelli confederati che sorgevano sui monti e sulle colline circostanti la conca aquilana, di cui Aquila era probabilmente il più popolato e importante. Il territorio era però abitato fin da tempi più antichi. Prima della conquista dei Romani, avvenuta nel III secolo a.C., la valle dell’Aterno infatti era abitata da Sabini e Vestini. Con il crollo dell’impero romano e l’arrivo dei Longobardi la città venne inglobata nel Ducato di Spoleto e quindi separata dall’Abruzzo meridionale posto, invece, sotto il controllo di Benevento. Dopo l’occupazione franca e le invasioni saracene, furono i Normanni a riunificare l’Abruzzo ad opera di re Ruggiero. Ha così inizio una fase di rinascita economica, caratterizzata dalla diffusione delle abbazie cistercensi e dal fenomeno dell’incastellamento. Nel 1229 gli abitanti dei castelli decidono di ribellarsi al giogo vassallatico dei baronati normanno clericali. Dopo alterne vicende ottengono il permesso di costruire una nuova grande città, di cui è rimasta testimonianza nel cosiddetto Diploma di Federico II. Sempre secondo la tradizione, sarebbe stato proprio il grande imperatore a pianificarla. Viene scelto il nome Aquila, derivato dal toponimo del luogo di fondazione (Accula) e perché richiamava il volatile caratterizzante l’insegna degli Hohenstaufen. E’ re Corrado IV, figlio di Federico II, a emanare il diploma di fondazione. E’ il 1254. Le particolari circostanze della fondazione si sono riflesse sull’urbanistica della città, conferendole l’impronta definitiva: ciascun castello ebbe in assegnazione un’area perché vi si edificassero le case, la chiesa e sulla piazza antistante la fontana pubblica. Il risultato è stato un insieme di vari quartieri e la costruzione di molti dei gioielli dell’architettura sacra romanica aquilana, come le chiese di S. Maria Paganica, di S. Giusta, di S. Pietro di Coppito e di S. Silvestro.
La Fontana delle 99 cannelle
Risale a questo periodo anche la prima fase del monumento più celebre della città, la Fontana delle “99 cannelle”, anch’esso allusivo alla leggendaria fondazione. L’Aquila diventa così la città delle 99 piazze, delle 99 fontane e delle 99 chiese. La storia successiva è caratterizzata da eventi di grande importanza. Nel 1294 l’eremita Pietro del Morrone sceglie la Basilica di Santa Maria di Collemaggio come luogo per la sua incoronazione a Papa con il nome di Celestino V. E’ un momento storico importante per la cristianità del tempo poiché, oltre ad essere la prima incoronazione avvenuta fuori dalle mura apostoliche, per la prima volta l’indulgenza plenaria, prima esclusiva dei nobili, è concessa a tutti i presenti confessati e comunicati. Ma è il XV secolo a rappresentare per L’Aquila il periodo più prospero. Dopo i privilegi ottenuti dalla regina Giovanna II d’Angiò per la fedeltà dimostratele contro gli aragonesi, la città inizia a battere moneta, viene istituita l’Università e impiantata la prima tipografia. Nel XVI secolo la città cade sotto il dominio spagnolo. E’ l’inizio di un inesorabile declino. Carlo V la rade al suolo per punirla del sostegno dato a Francesco I, e affida il controllo della popolazione ribelle a Don Pedro da Toledo, viceré di Napoli, che fa erigere un Forte nel punto più alto della città proprio con l’intento di intimorire e dominare la popolazione recalcitrante. E’ un evento naturale però a segnare tristemente la storia della città. Il 2 febbraio 1703 un violento terremoto decima la popolazione, distruggendo monumenti, chiese e palazzi. Parte del glorioso passato della città viene cancellato per sempre. Ma l’Aquila riesce ancora una volta a rinascere tanto da divenire nel 1860 capoluogo di regione. E’ il 1939 quando, per decreto del Ministero dell’Interno, prende il nome odierno di L’Aquila.
Il terremoto
Passano 70 anni. E’ il 6 aprile del 2009 quando un violentissimo terremoto colpisce di nuovo la città e i suoi dintorni. Sono le 3.32 del mattino. La scossa dura 23 secondi. I danni sono immensi: 309 vittime, 1200 feriti, migliaia di palazzi distrutti, centinaia di monumenti danneggiati. Secoli di storia sono feriti per sempre. Il 23 aprile il Ministero dei Beni Culturali, allora presieduto dal ministro Bondi, presenta subito la lista di 44 monumenti gravemente danneggiati e da restaurare con la massima urgenza. Le stime dei restauri e dei tempi d’intervento sono impressionanti. Nella lista compaiono molti dei monumenti simbolo della città: i danni subiti dalla Cattedrale e dal palazzo Arcivescovile ammontano rispettivamente a 15 e a 19 milioni di euro, con tempi di intervento di circa 6 anni; per il Complesso monumentale e la Basilica di Collemaggio sono stimati danni per 16 milioni e 5 anni di lavori; per il Palazzo e la torre di madama Margherita, sede comunale, quasi 5 milioni; per la Biblioteca provinciale 25 milioni e 8 anni di lavori; per la Fortezza spagnola 50 milioni e 8 anni di lavori. Ma la lista è lunga. La stima complessiva dei danni subiti solo da questi 44 monumenti è di circa 290 milioni di euro. Ma ad essere stati danneggiati sono in totale 485 beni monumentali.
Dopo il disastro, i cantieri (senza fine)
Cinque anni dopo, l’Aquila resta una città ferita. Il silenzio fa da sovrano, tra le vie del centro storico, tra le transenne, tra le macerie, tra le chiese crepate, tra i negozi chiusi e le case abbandonate. A interrompere il silenzio sono i 309 rintocchi della campana della chiesa del Suffragio che, ogni 6 aprile, viene fatta battere alle 3.32 a ricordo delle vittime. Lo scorso aprile sono rientrate nelle loro case 46mila persone, 11.670 sono invece quelle che vivono ancora all’interno degli appartamenti del progetto Case, mentre 2.461 vivono nei Map (Moduli abitativi provvisori) e 189 negli appartamenti messi a disposizione dal Comune. Allo stato attuale ci sono più di 300 cantieri aperti nel centro storico e 1.500 nelle zone periferiche. Nei 56 Comuni limitrofi interessati dal terremoto sono 662 i cantieri aperti nelle periferie e 138 quelli nei centri storici. Ma i cittadini lamentano che L’Aquila non c’è più, da capoluogo di provincia è diventata una città fantasma. Non esiste più l’idea di città, un’idea sepolta, forse per sempre, sotto le macerie di quel gelido 6 aprile.
Il restauro del patrimonio artistico-culturale
Anche gli organi di tutela del patrimonio culturale hanno il loro gran daffare. Nel 2012 è stato approvato (con delibera Cipe n.135/2012) il programma pluriennale (2013-2021) d’interventi di consolidamento e restauro del patrimonio culturale dell’Aquila e del suo territorio, che interessa i 485 beni monumentali danneggiati per una spesa complessiva (stimata al 2012) di 525 milioni. Il 95% degli interventi presi in esame sono di proprietà ecclesiale. Nel corso del 2013 la Direzione Regionale ha gestito circa 155 milioni di euro, di cui 70,5 milioni finanziati dal Cipe, per il restauro di 26 beni artistici e architettonici; per il 2014 ha invece disposto, dal solo Cipe, di circa 71,1 milioni per ben 36 monumenti. Oltre agli interventi finanziati dal Cipe, numerosi sono i restauri finanziati o co-finanziati da donatori, anche esteri: Santa Maria del Suffragio è co-finanziato al 50% dal Governo Francese; Santa Maria della Croce di Roio è finanziato dalla Regione Liguria; Palazzo Ardinghelli e Chiesa di San Gregorio Magno sono finanziati dal Governo della federazione Russa; San Pietro Apostolo a Onna dal Governo Tedesco; Santa Maria di Farfa dai Cavalieri del Lavoro; lo Scheletro del Mammuthus meridionali vestinus, conservato nel Forte Spagnolo, ha ricevuto una donazione della Guardia di Finanza; Chiesa-Teatro San Filippo è finanziata in parte dalla donazione della Sugar Music di Caterina Caselli; Fontana Luminosa è finanziata dalla Federazione Nazionale degli Alpini e da una donazione della I Circoscrizione del Comune dell’Aquila. Il restauro di Collemaggio è condotto dalla Direzione Regionale in sinergia con il Comune grazie ai 14 milioni stanziati dall’Eni. Tra i restauri completati, la Fontana delle 99 cannelle, la Chiesa del Crocifisso, la Chiesa di Cristo Re, Porta Napoli, il Palazzetto dei Nobili e la chiesa di San Giuseppe Artigiano. Alcuni restauri sono in fase conclusiva, come quello della Chiesa di San Bernardino: un operaio ci spiega che i lavori sono iniziati all’inizio del 2013 e che ora rimane da restaurare solo il campanile, i cui lavori dovrebbero essere ultimati per febbraio/marzo. Due anni di duro lavoro. Dei 129 progetti presentati (di cui 121 nel centro storico), la Soprintendenza per i Beni Architettonici e paesaggistici dell’Aquila ne ha autorizzati 123 (di cui 94 nel centro storico) corrispondenti ad un importo di 690 milioni. Attualmente i cantieri avviati sono 101 (di cui 64 nel centro storico) per un importo di 478 milioni.
Chiese, affari e malaffari
Anche i lavori di restauro però sono diventati oggetto di speculazioni e malaffari. Nel giugno scorso la Procura è scesa pesantemente in campo ipotizzando gravi reati come corruzione, falso, turbativa d’asta, millantato credito ed emissione di fatture inesistenti. Un’inchiesta condotta da polizia e guardia di finanza, su un giro di tangenti nell’ambito della ricostruzione delle chiese e di altri beni culturali nel centro storico della città, ha condotto all’arresto di imprenditori, professionisti e funzionari pubblici. Coinvolte personalità eccellenti, come Luciano Marchetti, vicecommissario alla ricostruzione post terremoto per i beni culturali, Alessandra Mancinelli, funzionario del Mibac Abruzzo, e gli imprenditori Nunzio Vinci, Patrizio Cricchi e Graziano Rosone. Al centro dell’inchiesta la chiesa del Suffragio in piazza Duomo e Santa Maria Paganica. Solo per quest’ultima, intercettazioni telefoniche avrebbero svelato come gli imprenditori, con l’aiuto di Marchetti, avessero intenzione di fare lievitare i costi di ristrutturazione da 19 a 40 milioni di euro in cambio di mazzette. A sostegno di questa tesi investigativa esisterebbe un filmato che testimonierebbe una tangente dell’1% sui 19 milioni: la consegna di 10 mila euro sarebbe avvenuta in un’automobile. A riscuotere la mazzetta sarebbe stata proprio la funzionaria ministeriale. Il ministero di Beni Culturali e Turismo (Mibact) ha subito predisposto la sospensione immediata dal servizio per la Mancinelli e l’avvio di un procedimento disciplinare. L’inchiesta in breve si è allargata tanto che nel registro degli indagati sono finiti anche l’avvocato romano Aniello Sorrentino, l’imprenditore Attilio Maria Navarra, e il direttore regionale dei Beni culturali, Fabrizio Magani. L’accusa per loro è di aver turbato l’andamento della procedura per l’aggiudicazione dei lavori di restauro della chiesa di Santa Maria del Suffragio, indetta dalla Direzione Regionale beni culturali, facendo sì che la stessa fosse aggiudicata in favore della «Italiana Costruzioni Spa» di Navarra. Le indagini intanto continuano. Il timore però è che presto nuovi polveroni si abbattano su una città già ferita dalla natura e umiliata dagli uomini.
La promessa del ministro
“Tra cinque anni restituiamo la città al mondo”, queste le parole del Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini in visita a l’Aquila lo scorso 6 aprile “la sfida è di farla ridiventare quella meraviglia architettonica che era, in un contesto di città vissuta e con una potenzialità turistica enorme”. “Un bel museo non serve a niente, ci vuole una città viva”, ha aggiunto, annunciando il progetto ‘L’Aquila Viva’ per la gestione della rinascita della città e precisando che occorrerà trovare risorse “senza nuove tasse”. Il sindaco Cialente si è detto “soddisfattissimo dell’incontro che denota un cambio di passo. Finalmente un governo che ci ascolta, che ha risposto ai nostri appelli e si mostra impegnato seriamente alla ricostruzione aquilana”. Franceschini è infatti il quinto ministro dei beni culturali cui spetta il compito di occuparsi della questione aquilana. Tra inchieste della magistratura su tangenti e malaffare, e tanti ritardi, la speranza dei cittadini è che non ci si limiti a visitare L’Aquila solo in occasione dell’anniversario e, soprattutto, che alle promesse seguano i fatti.