Dopo aver già sottolineato l’ambiguità nella formulazione degli obblighi formativi nella riforma dell’apprendistato prevista dal Jobs act con il decreto 30/2014, ora in fase di conversione, l’Ancl torna sull’argomento: «La semplificazione del rapporto di apprendistato deve passare attraverso la valorizzazione della formazione esclusivamente aziendale, pur sottoposta ai debiti controlli», afferma Francesco Longobardi, presidente nazionale del sindacato unitario dei consulenti del lavoro.
Quando il testo del decreto, infatti, dice che la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere «può essere integrata», e non più «è integrata», dall’offerta formativa pubblica disciplinata dalle Regioni significa gettare le basi per una formazione disomogenea territorio per territorio, settore per settore. Quando invece la risoluzione netta è per il sindacato quella di togliere la formazione di competenza pubblica : una proposta che nasce dall’esperienza concreta dei consulenti del lavoro. «Continuare a credere che l’apprendista ed il datore di lavoro siano ben disposti a usufruire della formazione pubblica di base e trasversale, significa continuare falsamente a credere che i due attori del rapporto di lavoro sono favorevoli a sacrificare ore, giorni e settimane di lavoro ed apprendimento on the job per il recupero del deficit scolastico che la pubblica istruzione non è riuscita a colmare», continua Longobardi.
Per l’Ancl, tra l’altro, l’introduzione del lavoro come materia scolastica è una proposta che il sindacato avanza in ogni sede istituzionale in cui è presente: «Ci vuole una revisione dell’istruzione che colmi il pietoso divario nella transizione scuola-lavoro», spiega ancora il presidente nazionale Ancl. Uno studente italiano, al termine del ciclo superiore o universitario, non ha idea di come funziona il mercato del lavoro, delle tipologie dei contratti, del sistema del collocamento e dei servizi per l’impiego. «Per tutta risposta, si carica sul datore di lavoro oneri formativi e di apprendimento che nulla hanno a che fare con l’acquisizione di competenze e di professionalità specifica», insiste Longobardi.
Per questo il sindacato auspica che il percorso di conversione in legge del decreto 30/2014 possa intercettare queste istanze, consentendo anche l’accesso all’apprendistato professionalizzante ai giovani che a 16 anni decidono di abbandonare gli studi.