Riprendiamo qui da dove ci eravamo lasciati, diceva un tale.
Perché AFFINITA’ e DIFFERENZE?
AFFINITA’: Perché per quanto noi possiamo accettarlo di buon grado o rifiutarlo, per quanto noi possiamo cercare altre collocazioni, altre definizioni, altre intenzioni, noi apparteniamo allo stesso assetto sociale, politico, economico, storico e culturale di altri Paesi, come Francia, Inghilterra, Germania, nonché Spagna, Portogallo, Grecia ed altri Paesi ai quali quelli appena menzionati si riportano, che tutti, nel loro insieme possono convenzionalmente definirsi, tra loro, “omologhi”. E su questo non c’è nulla da fare. Non c’è argomentazione che tenga.
E’ come quando, sul finire degli anni ’60, noi (allora, ahimé) giovani, direttamente o indirettamente, fiancheggiando o, viceversa, osteggiando nostri coetanei, dividevamo la società (e in definitiva il Mondo) in borghesia reazionaria e fascista da una parte e proletariato sfruttato e progressista dall’altra, oppure in “popolo” e “nemici del popolo”, ma molti di noi che si riconoscevano nel “proletariato”, appartenevano, viceversa alla borghesia, oppure stavano “dalla parte” del popolo, ma tecnicamente appartenevano ai “nemici del popolo” (fu questo che, probabilmente causò il crollo, ma non l’annientamento, ovviamente, del desiderio, del tentativo di lottare per un Mondo migliore; inoltre ispirò il grande genio ed intuito di un Pasolini, che sgamò l’inghippo e fece sì che egli si schierasse con i poliziotti che fronteggiavano i manifestanti “teste gloriose”).
A proposito, visto l’intellettuale Sallusti in TV come tuonava contro gli intellettuali? (Non si è capito auspicando l’avvento di chi, ma questo è un altro paio di maniche).
DIFFERENZE: ora mi soffermerò soprattutto su queste, perché l’affinità non è “identità” e non potrebbe mai esserlo. Anche i cittadini dei vari Stati USA sono affini, ma non si può dire che siano identici, come le realtà rurali, industriali, metropolitane, costiere ecc. dimostrano; anche la mappa etno-linguistica dell’immensa Cina è estremamente variegata e, in passato, caratterizzata da violenti conflitti interni, ma non si può negare che i Cinesi abbiano, tra di loro, preponderanti affinità. Senza andare troppo lontano, basti pensare, qui da noi, ad un confronto tra un Veneto ed un Calabrese (ed è solo un esempio).
Ora quale è la differenza sostanziale, secondo il mio punto di vista, tra noi italiani e i Paesi a noi “omologhi”? Con particolare riferimento a quelli più moderni e democraticamente caratterizzati, giacché siamo ispirati, come è ovvio dal desiderio di migliorare, e non certo di peggiorare.
La differenza determinante, secondo me, è che, negli altri Paesi, a prescindere dall’organizzazione formale dello Stato, che può essere Monarchia costituzionale, Semipresidenzialismo alla francese, Proporzionale alla tedesca, federalismo, centralismo, turno unico di votazioni, doppio turno, molti partiti, pochi partiti e così via, nella sostanza esistono due aree politiche, che possiamo chiamare convenzionalmente: “DESTRA”, prevalentemente conservatrice, e “SINISTRA”, prevalentemente progressista, nelle quali, al momento opportuno, al momento decisivo, confluiscono i vari, eventuali, partiti confinanti. Queste due aree si alternano alla guida del Paese, di volta in volta, secondo le valutazioni e le scelte del popolo sovrano, che possono anche essere episodicamente fallaci, ma non ammettono correttivi e comunque sono limitate all’arco temporale di una legislatura (4 o 5 anni). Sembra elementare, eppure da noi le cose si complicano non poco, ma procediamo con ordine:
Perché Destra e Sinistra “devono” alternarsi alla guida di un Paese, secondo le regole e i principi della democrazia?
Possiamo immaginare che un Paese sia come un pesante, gigantesco TIR che percorre una landa sconfinata, contrassegnata da mille sorprese, pericoli, ma anche opportunità, vantaggi. Occorre quindi che la forza trainante di quel TIR, a volte sia di accelerazione, spinta coraggiosa in avanti, altre volte di cautela, sosta per riposare, per meglio considerare la situazione, senza nulla togliere alle sue caratteristiche, alla sua efficienza e solidità. Oppure possiamo immaginare una carovana in un territorio inesplorato; quante volte sarà necessario avanzare in modo più spedito per cercare di raggiungere un fiume, un lago, una macchia verde che si è intravista da lontano? E quante volte sarà invece necessario rallentare, meditare su segnali che potrebbero indicare vicinanza di luoghi abitati potenzialmente accoglienti o ostili, o di luoghi di ristoro; semmai allargarsi in varie direzioni per poi ricongiungersi.
Ecco che devono alternarsi alla guida coloro che hanno più capacità, più know how in senso dinamico e operativo ovvero in senso statico e riflessivo, senza scassare il TIR o ammazzare i cavalli della carovana, secondo il giudizio e il parere espresso di coloro ai quali il TIR appartiene, o dei componenti la carovana, alla luce delle informazioni acquisite e delle argomentazioni esposte.
Non esiste un solo modo di procedere, né esiste una forza portante autoritaria e indiscussa.
Questo accade altrove. E da noi?
La nostra complicata e controversa storia unitaria, la nostra origine sostanzialmente dominata dallo Stato Pontificio, per cui i residui di dimestichezza democratica si perdono nell’antichità preromanica della Magna Grecia, il pesante (conseguente) fardello del Fascismo, lo sciagurato trascinamento della II Guerra Mondiale, il (conseguente) affermarsi del Partito Comunista più forte del Mondo Occidentale, fino al crollo del muro di Berlino e al crollo del Comunismo (ma la Germania ha attraversato vicende non dissimili e, per molti versi estremamente più gravi, eppure si è brillantemente e clamorosamente ripresa; per questo, nel mio precedente articolo, dicevo che abbiamo qualcosa da imparare) determinano la seguente situazione:
Diffidenza istintiva verso la Democrazia (che, in pratica, non conosciamo se non come “Democrazia Cristiana”, sostanzialmente partito fantoccio nelle mani del Vaticano e degli USA in chiave anti P.C.I.); diffidenza verso “Destra” e “Sinistra” e scetticismo verso l’alternanza.
In dettaglio abbiamo:
Il “nanismo” berlusconiano che spazia dal nucleare (ormai datato: eventuali trastule con Sarkozy e Putin), al Ponte sullo Stretto (appalti; anche questo più o meno datato), al terremoto di L’Aquila più doppio G8 (datato per cambio del premier: vedi ghigni satanici degli affaristi al telefono, tentativo di trasformare la Protezione Civile in S.p.A. bloccato dagli scandali, ecc.), alla Giustizia (problema estremamente attuale e (grazie a Dio) intatto, vista la fine che hanno fatto le varie leggi salvapremier, ammazzaprocessi e così via), ai mass media (tutti, o quasi, sotto controllo e tentativo di “legge bavaglio” per i recalcitranti), alla disciplina del conflitto di interessi (da non mettere in cantiere, per carità di Dio! Neanche se Obama manda gli invocati marines), alla Repubblica Presidenziale (della quale al Padre Fondatore non interessa una pippa, come di tutte le altre cose, a parte la topina e lo “sfizio” di stampare euro a casa sua, a meno che il Capo dei Capi non lo faccia lui, sempre a tempo perso, si intende);
lasciando stare l’estrema destra (data la nostra arretratezza, abbiamo ancora le satrapie qui), c’è il partito degli intrighi di famiglia di Bossi che, a parte i diamanti, le pasionarie e gli allevamenti ittici, professa e programma, tra l’altro, una scissione del Nord dal resto del Paese; un partito cioè che, ferma restando la libertà di opinione, non avrebbe titolo per far parte del Governo Italiano e invece (almeno fino ad ora), grazie a Mr. Ghe Pensi Mi (ma non è di Chinatown), ha fatto il bello e il cattivo tempo;
un certo Fini, almeno fino all’altro ieri, decisamente clerical-reazionario, che ora cerca di pescare a destra e a manca, ma si è davvero convertito alla Democrazia?
Abbiamo, più o meno in contrapposizione a quanto sopra, una palude dove c’è di tutto:
dalla sinistra extraparlamentare (ormai romantici hippies) a Vendola, a Di Pietro, con Bersani nel ruolo di una sorta di “vecchio domatore”, mentre è, a sua volta, assediato dai “rottamatori” che si propongono come “nuovi domatori”, non disdegnando di strizzare l’occhio anche al di là della linea di demarcazione, e le schegge vaganti:
Grillo [ma da chi prende voti? Gli ex di papy, gli ex del Giuramento di Pontida (non quello di Alberto da Giussano, dico quello di Umberto Del Trota)? La sinistra estrema? La destra estrema (pure a quanto pare)?] che teorizza addirittura di abrogare i partiti (anche un tale Francisco Franco ci provò in Spagna), e giura che i bambini nati in Italia non sono naturalmente italiani, bensì bisogna fare l’analisi del sangue ed esaminare la pelle;
la Confindustria, che si guarda bene dal prendere posizioni troppo decise, e altrettanto, peraltro, fanno i Sindacati (a parte qualche exploit camussiano che ingarbuglia ancora di più il tutto); intanto Marchionne, senza sapere né leggere né scrivere (è un modo di dire, so bene che sa leggere e scrivere, non ha mica studiato al CEPU, come un noto uomo politico italiano, autorevole esponente della Regione Lombardia) si porta la FIAT a Detroit;
un tale Luca, detto anche Italo del Treno, che finora ha esercitato il suo “spirito!” illuminato e democratico mettendo in opera un treno diviso in 4 classi, separate da sbarramenti con chiavistelli;
uno sciame sismico (è proprio il caso di dirlo) di nuovi movimenti, partiti e partitini, a caccia del minimo necessario per avere sovvenzioni e rimborsi;
in mezzo c’è un certo Casini coi casiniani (forse anche un Rutelli che almeno il voto della Palombelli lo prende); costoro sarebbero “l’ago della bilancia”, ma è più facile che riusciamo noi a passare per la cruna di un ago, che riuscire a vederlo l’ago, perché è così sottile che se si sposta da un piatto all’altro della bilancia, essa resta immobile, non oscilla neanche.
Tutti i suddetti sono, ovviamente, in eterna competizione tra di loro perché cercano di strapparsi voti a vicenda, essendo, tra l’altro, via via più stretta la coperta per la sfiducia dell’elettorato sempre più orientato per l’astensionismo.
Dulcis in fundo (o in cauda venenum) c’è la CEI (un club di giovanottoni fans dell’Alto Medio Evo) che riafferma il dominio del Vaticano (che recentemente abbiamo appreso, o meglio avuto conferma, essere dotato di un servizio segreto più potente della CIA, come dimostrato, tra l’altro, dalla sfarzosa kermesse milanese, dove, dal nulla, sono stati tirati fuori stadi e piazzali affollati, e i presenti tutti ordinati, tutti belli, tutti ben vestiti) sul mastodontico e farraginoso caravanserraglio di cui sopra.
Ma la ciliegina sulla torta, il “bello” diciamo così, è che il nostro Governo non si riconosce e non può riconoscersi in nessuna delle voci sopra richiamate, perché è un “governo tecnico” che non risponde a nessuno; praticamente un Ufficio Contabile, che non guarda al futuro, non guarda alle scelte sovrastrutturali, all’istruzione, all’esercito, alla cultura, guarda solo ai conti “costi – profitti” (a parte le polemiche circa connivenze con le Banche, nelle quali non mi addentro), per cui se costa troppo mandare il figlio a scuola, lo si manda a spalare la neve o a scaricare casse ai Mercati Generali (mi ricorda tanto un certo Brunetta questo), nulla importa che, facendo un investimento, perdendoci pure inizialmente, dal punto di vista economico, ma dando fiducia al talento, quello sarebbe, magari, diventato professore a Princeton.
Questa è l’Italia. E’ tutta brutta? No, anzi, è molto meno brutta di tanti altri Paesi e ha molte più bellezze di quanto si creda, o quanto si sappia. E allora? Come si può uscire dalle “brutture” e fare tutto il possibile perché si affermino prevalentemente le bellezze di questa nostra tormentata Italia, che è pur sempre “il bel paese dove ‘l sì suona”? (fine della prima parte)