Non c’è niente da fare: i tagli alla spesa (veri o presunti) comportano sempre una contrazione dei diritti e della tutela dei cittadini. Almeno in Italia. Da alcuni anni serpeggiava la volontà di sopprimere l’Isvap, l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni, e trasferirne le competenze alla Banca d’Italia (che, come direbbe Di Pietro: “che ci azzecca?”).
Un’idea balzana che ha suscitato diverse perplessità che Goleminformazione.it testimonia nei diversi servizi di questo speciale (tutti correlati a questo articolo).
Perplessità che alla fine hanno fatto breccia nella Panzerdivision di SuperMario Monti e così invece di resuscitare i quattro progetti di legge suddivisi tra Camera e Senato negli anni tra il 2007 e il 2008, la corazzata Monti ha shakerato le idee di soppressione e ne ha fatto un cocktail dove l’Isvap resta un istituto di vigilanza autonomo di interesse collettivo ma diventa Ivarp perché lo stesso istituto si occuperà anche della vigilanza sui fondi pensione.
In sostanza più che una soppressione c’è stata una fusione: Isvap e Covip (la Commissione di Vigilanza sui fondi Pensione) si uniscono in matrimonio e partoriscono l’Ivarp: Istituto di vigilanza sulle assicurazioni e sul risparmio previdenziale.
Sembra che a Palazzo Chigi ci sia un esperto enigmista: la novità (il cui fine è risparmiare circa il 10 per cento delle spese dei due enti messi insieme) potrebbe essere infatti il frutto di un anagramma con scarto letterale. Ivarp al posto di Isvap (lo scarto letterale è quello che trasforma la “s” in “r”).
Ad una prima analisi potrebbe sembrare che abbiano messo insieme le pere con le banane. Ma se si riflette con più attenzione non sfugge che i fondi pensione rappresentano un comparto più che importante dell’attività delle compagnie assicuratrici. Dunque, in fin dei conti, Isvap o Ivarp, se non è zuppa è pan bagnato.
In virtù di queste competenze… riunite, l’Ivarp sarà a sua volta sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia: un vigilante vigilato.
Attenzione però: le cose non sono mai semplici come appaiono. Non solo il decreto legge sulla spending review dovrà essere convertito in legge nei… fatidici 60 giorni dal Parlamento, ma nel caso della trasformazione dell’Isvap è espressamente previsto che sarà operativa dopo 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto.
Insomma, fino alla prima metà di novembre 2012 resta tutto così com’è.
E c’è una ragione.
Il governo, per quanto tecnico, non si nasconde che qualche problemino politico-sindacale il decreto sulla spending review lo pone. E sarebbe imprudente pensare che tutto sarà convertito senza alcuna modifica entro 60 giorni. Il termine di 120, invece, mette al riparo anche da eventuali bocciature di questo decreto e concede il tempo necessario a ripresentarlo. Perché le questioni giuridiche e amministrative che sorgerebbero se si provvedesse subito a smantellare Isvap e Covip per dare vita all’Ivarp e si fosse poi costretti a fare marcia indietro in caso di modifiche parlamentari, sarebbero – per usare parole semplici – un gran casino.