ROMA. Immagini di vita, come una risata tra madre e figlia, che si allargano al sentire comune per Elinor Carucci. Piccoli plotoni di batteri vermigli che si muovono senza meta a rappresentare il destino di una società caotica e frastornata per Michal Rovner. L’amore e odio per il denaro, nel video che Orit Ben-Shitrit ha girato nell’ex sede della Bankers Trust a Wall Street.
Il futuro è questo per Israel Now – Reinventing the future, tra le più importanti mostre d’arte contemporanea israeliana realizzate in Europa nel 2013, che per la prima volta porta in Italia, al Macro di Roma fino al 17 marzo, una galleria di opere di 24 artisti, diversi per generazione, estrazione e linguaggio, a raccontare il dinamismo e la visionarietà della nuova arte dello Stato d’Israele. ”Siamo particolarmente contenti che la mostra si apra subito dopo la Giornata della Memoria – commenta Ofra Farhi, addetta culturale dell’Ambasciata d’Israele a Roma – perché non si può andare avanti senza ricordare il passato. In Italia i nostri artisti non sono conosciuti come ad esempio in Francia, Germania o a New York, e del nostro paese molti parlano senza esservi mai stati. Siamo mediterranei, ma siamo anche molto diversi”.
Insignita della Medaglia di rappresentanza dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la mostra, aggiunge il direttore del Macro Bartolomeo Pietromarchi, racconta proprio ”lo spaccato dell’attualità e della vitalità della ricerca contemporanea in Isarele”. Un paese ”millenario – prosegue la curatrice Micol Di Veroli – ma anche uno stato molto giovane, 60 anni quest’anno, da sempre orientato verso la ricerca. Questi artisti – aggiunge – hanno già esposto in grandi manifestazioni internazionali e musei come il Moma, il Guggenheim e il Louvre”. L’obiettivo, provare a reinventare il futuro, con tecniche che vanno dall’incisione alla videoinstallazione. C’è chi si concentra sull’identità religiosa e culturale, come l’ironica intervista di Boaz Arad alla madre Ashkenazi intenta a cucinare il pesce. Chi ripensa confini geografici, come Shai Kremer negli scatti delle fortezze militari in Israele compreso il Warfare Training Center di Tzeelin costruito a immagine dei villaggi palestinesi. E ancora chi affronta il futuro dal punto di vista socio-politico con i tre racconti incrociati di Yael Bartana sul ritorno degli ebrei in Polonia nel secondo dopoguerra. La mostra, che dopo Roma volerà a Buenos Aires, segna anche la prima uscita pubblica della Fondazione Italia Israele per la Cultura e le Arti, nata per incrementare scambi e sinergie tra i due Paesi. Prossimo progetto, annuncia il presidente Piergaetano Marchetti, ”portare grandi capolavori italiani in Israele, da Caravaggio a Botticelli”.

Di Golem

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