Dopo aver parlato della gelosia, non potevamo trascurare l’invidia, spesso confusa con la prima e talvolta espressa con la vendetta (argomento già trattato poche settimane addietro).
Oltretutto l’invidia, proprio come la gelosia, è un sentimento che spesso si accompagna alla stagione appena terminata, ovvero l’estate, periodo durante il quale si tende ad esibire se stessi, talvolta proprio nell’intento o nella speranza di essere invidiati.
Dalla genesi al mondo attuale
Vorrei partire dalle origini parlando di quella che potrebbe essere interpretata come la prima invidia, almeno simbolicamente parlando! Mi riferisco al peccato originale: fu l’invidia nei confronti del potere divino a provocare in Eva il desiderio di mordere la mela. Per quanto questa possa essere una metafora, rappresenta bene come dall’invidia, ovvero dal desiderio di avere, di avere più dell’altro, o di raggiungere un ideale di perfezione, nasca e progredisca la civiltà.
Se può sembrare difficile comprendere queste parole parlando di una civiltà e di un progresso primitivo, o addirittura biblico, riportandole alla società odierna possono diventare più chiare.
Il progresso odierno è strettamente legato al consumismo, che cresce nel desiderio di farsi invidiare, desiderio che la società si impegna a sviluppare nelle persone. Lo si può notare dalle pubblicità che incitano a provocare negli altri invidia o a compiacersi della stessa. E non sono prive di tale insegnamento latente (ma non troppo) le parole delle mamme che soddisfatte dicono alle loro belle figliolette “ti invidieranno tutte” nel caso esemplificativo in cui si stessero provando un abitino nuovo.
Abbiamo dato prova di come l’invidia nel progresso attuale sia facilmente collocabile, fatto questo possiamo spostarla nuovamente ad epoche meno recenti, parlando ad esempio del “giardino del vicino”: questo è notoriamente più verde, superarlo richiede ingegno, se lui ha inventato la “zappa”, non potrò essere da meno dovrò inventare “l’aratro”.
E Adamo ed Eva in tutto questo come li collochiamo? Adamo ed Eva rinunciarono a causa dell’invidia al paradiso terrestre, Adamo fu condannato ad una vita di lavoro ed Eva al dolore del parto, entrambi fattori, il lavoro e le nascite, che portano al progredire della vita.
Mangiando la mela, coltivando le scienze, l’uomo ha voluto dimostrare che dio non era poi così divino, che la sua perfezione era alla portata di chiunque, al di là del fatto che questa dimostrazione fosse giusta o sbagliata.
Invidia e tipi di società
Mettendo un attimo da parte le metafore religiose e la filosofia, non va ignorato che l’invidia ha avuto una sua utilità specifica già dall’inizio delle comunità umane, essa infatti serviva a rendere tutti uguali, impedendo che qualcuno spiccasse sugli altri. E già sembra strano che un sentimento considerato così negativo e vergognoso (la dottrina morale cattolica colloca l’invidia tra i sette vizi capitali), abbia avuto una sua specifica utilità, ma è proprio così, niente nasce senza motivo: l’invidia sviluppando odio e desiderio di vendetta negli altri faceva in modo che da un lato le persone condividessero i loro beni evitando ripercussioni causate dall’invidia, e dall’altro riequilibrava la comunità tagliando le ali a coloro che erano riusciti a volare per meriti o per fatalità troppo in alto rispetto al resto della loro comunità.
Così l’invidia è stata precursore del progresso dell’umanità, ma al tempo stesso ha contribuito a stabilire gli equilibri sociali. Paradossalmente l’invidia in qualche modo mantiene anche gli equilibri attuali, molte società si basano ancora sull’uguaglianza, scoraggiando il successo e l’individualizzazione, mentre altre, soprattutto quelle occidentali e capitaliste trovano attraverso lo sfruttamento dell’invidia l’equilibrio tra “domanda e offerta”: la classe così detta vip è quella che decreta cosa sia invidiabile, cerca di avere questi beni per farsi invidiare dai loro pari o dalle classi vicine, le quali cercheranno di farsi invidiare da quelle loro pari o leggermente al di sotto e così via.
In pratica determinate società trovano l’equilibrio grazie al desiderio di non farsi invidiare (pena la ritorsione) e altre società trovano l’equilibrio grazie al desiderio di farsi invidiare creando l’emulazione e il conseguente consumismo, utile all’equilibrio dell’odierna economia.
Abbiamo parlato delle origini, delle funzioni primordiali dell’invidia e anche delle sue conseguenze: l’invidia contribuisce al progresso eppure è tra i sentimenti forse più rinnegati dall’uomo. Per ora non diremo altro. Prima però un breve confronto mitologico sull’Invidia.
Invidia nella religione
Come abbiamo visto per la religione cristiana l’invidia nasce dalla tentazione del demonio che indusse Eva a mangiare la mela; anche se essa è più notoriamente ricordata come vizio capitale più che come manifestazione demoniaca.
Per il Buddismo invece, esattamente come per la psicologia, l’invidia è una sorta di meccanismo di difesa messo in atto quando ci si sente al di sotto di qualcuno. Secondo il buddismo questo meccanismo è uno dei fattori mentali che può portare all’odio, non è visto come un demone esterno, ma piuttosto come un demone interiore, più pericoloso di un vizio perché portatore di gravi ostilità.
Per quanto riguarda gli antichi Greci, questi vantano molti miti sull’invidia, spesso i loro racconti si sviluppavano proprio dall’invidia che gli uomini provavano nei confronti degli dei, ma molto spesso anche degli dei nei confronti degli uomini, antitesi dell’invidia di Adamo ed Eva nei confronti del loro creatore. Interessante è notare come anche nella antica Grecia la mela sia stata scelta come frutto di invidie e discordie. Furono la vanità e l’invidia femminile a causare il noto succoso screzio fra Era, Atena e Afrodite.
Arrivati alla fine di questo articolo di apertura potrebbe sorgere una domanda: ma l’invidia è un sentimento negativo o positivo? Come sempre dipenderà da come si gestirà questo sentimento e dall’utilizzo che se ne farà e proprio di questo parleremo nei prossimi articoli.