Coprire con il segreto le intercettazioni fino allo stralcio di quelle irrilevanti e rafforzare il controllo deontologico per magistrati, avvocati e giornalisti. E se la deontologia non basta, allora far scattare sanzioni pesanti. E’ una indicazione di metodo, più che di soluzioni puntuali, quella che arriva dal Consiglio nazionale forense, che nella giornata di oggi al VII Congresso giuridico-forense di aggiornamento giuridico, ha affrontato i temi del processo penale. “Il governo annuncia che la riforma della giustizia partirà dalla modifica della legge sulle intercettazioni. Ci fa riflettere che un governo tecnico, che aveva la missione di occuparsi di crescita economica, si occupi di questo tema”, dice Andrea Mascherin, consigliere segretario del Cnf. “Comunque è essenziale arrivare a una disciplina che contemperi gli interessi in campo con poche soluzioni efficaci: occorre blindare tutto quello che non è rilevante per il processo e poi serve rafforzare i codici deontologici di magistrati e giornalisti. Le sanzioni, magari anche pesanti, possono intervenire in un secondo momento”. Mascherin, indica un altro argomento che deve essere affrontato: “I processi penali non possono diventare merce da mercato della comunicazione, per lucrare audience e pubblicità”. Oggi al Congresso si è parlato anche di indagini difensive. In Usa si fanno anche sul web controllando ogni sito utile, ogni blog, i sociale network, per strutturare una difesa che regga alla prova del giudice. A raccontare ai penalisti italiani il sistema americano è intervenuto Paul D’Emilia, prosecutor per oltre dieci anni a Brooklyn (New York) e ora avvocato. Preparazione, ferreo controllo sulla catena di custodia (chi ha posseduto le prove), ricerca del background (il processo Strauss-Kahn ha insegnato) anche per minare la credibilità dei testimoni, ingaggio di consulenti di giuria, sono gli ingredienti di una ricetta vincente. La situazione italiana è diversa: Giorgio Spangher (ordinario di procedura penale a La Sapienza ) ha sottolineato che processo accusatorio e indagini difensive mostrano la corda. “Finché ci sarà la motivazione della decisione del giudice sottoposta a controllo, il giudice non formerà il suo giudizio esclusivamente sulle prove prodotte”. Valerio Spigarelli, presidente dell’Unione delle Camere penali, ha sottolineato la permanenza di un comportamento autoritativo dei giudici, di diffidenza nei confronti delle indagini difensive, ma ha anche sollecitato i colleghi “ ad assumere un atteggiamento talmente laico da sentire il dovere di svolgere indagini difensive anche davanti a una confessione piena del nostro assistito”.