Spetta al Primo cittadino tutelare la salute pubblica, anche se il problema riguarda una sola persona al momento dell’istanza. Niente da eccepire, poi, se lo stesso decide di ricorrere in giudizio.
Diritti e doveri si intrecciano nella sentenza pronunciata dal Consiglio di Stato n. 1372/2013 (il testo integrale è allegato) in materia di rumori molesti. Da una parte c’è infatti l’obbligo per il Sindaco di attivarsi per la tutela della salute pubblica che non «presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l’intera collettività», scrivono i giudici amministrativi. Dall’altra la constatazione dello stesso collegio giudicante che non può diventare ordinaria la prassi di rivolgersi al tribunale per far «cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità»: si tratta una possibilità lasciata al libero arbitrio del cittadino dal Codice Civile.
Diritti a confronto anche per i cambi di applicazione, visto che la norma civilistica tutela il diritto di proprietà e disciplina i rapporti patrimoniali tra privati mentre la legge quadro sull’inquinamento acustico (n. 447/1995) ha natura pubblicistica e regola i rapporti tra privati e pubblica amministrazione.
La ricostruzione normativa – L’articolo 9 della legge 447/1995 attribuisce espressamente al sindaco il potere di adottare ordinanze per il contenimento o l’abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività. Si tratta di un potere sostanzialmente analogo a quello attribuito al Sindaco dal Testo unico degli enti locali e che, pertanto, deve essere esercitato esclusivamente dal Primo Cittadino. Ai dirigenti invece spetta l’adozione di tutti gli atti di gestione del comune, ai sensi dell’articolo 107 della stessa norma di legge, il Dlgs 267/2000.
Per i giudici, «mentre quella riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di adire l’Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità è una mera facoltà, il potere del Sindaco di emanare la ordinanza ex articolo 9 della legge n. 447/1995 è un dovere connesso all’esercizio delle sue pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi, anche se è leso un solo soggetto, spogliandosi del potere, di valore pubblicistico, di reprimere l’inquinamento acustico e attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi consentiti».
Un accenno ai test – Tra le doglianze dei ricorrenti al Consiglio di Stato rientrava la consulenza tecnica effettuata dall’Arpa (Agenzia regionale prevenzione ambiente) «per periodi temporali troppo brevi», limitata a «misurazioni nell’appartamento del soggetto interessato senza misurazione dei termini di compatibilità, dei momenti di rilevamento del rumore ambientale e del rumore di fondo».
In un tempo in cui la tecnica e i suoi strumenti sembrano togliere spazio alle capacità umane di discernimento, il Consiglio di Stato accoglie quanto già dai giudici di prime cure era stato considerato legittimo: «i livelli del rumore ambientale misurati durante l’attività del supermercato sono così elevati (59.5 db (A) che prevalgono abbondantemente i potenziali contributi di altre sorgenti di rumore presente nell’intorno e che, a parte il cantiere, non sono state sentite».
Dati di esperienza comune eliminano la necessità di rilevare ogni singolo aspetto. Il rumore del supermercato prevale su tutto, spetta al Sindaco nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche emanare un’ordinanza che tuteli la salute pubblica anche se in concreto la situazione accertata “offende” al momento una sola persona: è un dovere al quale non può sottrarsi per far ricadere sul cittadino l’onere – a quel punto obbligato – di far valere le proprie ragioni davanti all’Autorità giudiziaria.