Solo l’Unione delle camere penali italiane accoglie con favore il riferimento del primo presidente della Corte di Cassazione alla necessità dell’indulto.
Il presidente delle Camere penali italiane, Valerio Spigarelli vede di buon occhio il passaggio del presidente Santacroce sulla necessità di approvare una misura come l’indulto per poter alleggerire la situazione del sovraffollamento carcerario. Ucpi d’accordo anche sulla necessità di introdurre il reato di tortura e sulla riforma della custodia cautelare.
Nicola Marino, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura afferma: “dopo un decennio di interventi contro il diritto di difesa e gli avvocati, 17 in 8 anni, e nonostante la chiusura di 1000 tra tribunali, sedi distaccate e uffici di giudici di pace, la giustizia è sempre in piena emergenza e gli sprechi continuano”.
“La situazione è gravissima – continua il presidente Oua, citando i dati esposti dall’Osservatorio dell’avvocatura sulla giurisdizione – le entrate da contributo unificato (a carico dei cittadini) sono aumentate enormemente, crescendo del 55% per il primo grado, del 119% in appello e del 182% in Cassazione e i tempi continuano ad essere “irragionevoli”. Se nel 2005 la durata media del processo davanti al tribunale e alla Corte d’appello era di 5,7 anni, nel 2011 si è passati a 7,4 anni. Per essere ancora più chiari, le riforme pasticciate, senza dialogo con gli avvocati, hanno portato a un deterioramento ulteriore del nostro sistema. I cittadini pagano di più per avere sempre di meno”.
“Il Ministro Cancellieri continua a difendere misure che sono già fallite e a proporne altre destinate al sicuro fallimento. Affermare, poi, che il Governo agisce nell’interesse del cittadino, quando ricorre all’aumento dei costi e alla politica del disincentivo economico è grottesco: ormai la giustizia italiana è destinata ad essere, “cosa per ricchi”, un lusso per pochi. E’ evidente dal suo intervento in Cassazione che il ministro non ha la reale consapevolezza della realtà dei tribunali italiani e, dunque, del Paese” ha dichiarato il segretario generale dell’Associazione nazionale forense Ester Perifano.
“Tutte le proposte, sentenza a pagamento in primis, sono contro i cittadini e non a loro favore – ha continuato Perifano – Come pure è a dir poco ingenuo decantare le virtù della nuova disciplina della mediazione civile, a suo dire valutata come modello più avanzato in ambito continentale e apprezzata dalla Ue. Richiama, infatti, semplici valutazioni, frutto di uno “studio” del Parlamento europeo sull’attuazione della Direttiva in materia di Mediazione, coordinato, guarda caso, proprio da Giuseppe De Palo, presidente dell’Adr center, ovvero una società di mediazione, ragion per cui ci sarebbe molto da approfondire”.
“Non basta che il ministro riconosca a parole la indispensabilità degli avvocati – ha continuato il segretario Anf – il Governo, e lei stessa, hanno per lungo tempo evitato il confronto con chi, come gli avvocati, si misura ogni giorno nelle aule dei Palazzi di Giustizia con difficoltà operative e logistiche inimmaginabili. E’ il momento di chiudere l’era della politica dell’annuncio, di “sfornare” a getto continuo misure spot, alle quali, peraltro, non si riesce spesso nemmeno a dare seguito”.
Il suo Governo, come quelli che lo hanno preceduto – continua Perifano – ha scelto la linea di comprimere il diritto di difesa, costituzionalmente garantito, peraltro non assumendosene la responsabilità politica, ma adottando misure che sembrano occuparsi d’altro, ma che in realtà colpiscono al cuore la nostra civiltà giuridica. ad esempio triplicando in pochi mesi i costi per accedere alla giurisdizione, favorendo norme processuali oggettivamente odiose, allontanando fisicamente i cittadini dai tradizionali luoghi di amministrazione della giustizia, riducendo talmente i compensi per il patrocinio a spese dello Stato da lasciar intendere che ormai la giustizia è solo per i ricchi“.
“Anziché demonizzare una componente essenziale come l’Avvocatura – continua Perifano – è giunta l’ora di sceglierla come interlocutrice privilegiata, uscendo dal grigiore delle stanze di via Arenula per confrontarsi direttamente sul territorio, dove il disagio e le difficoltà dei cittadini si stanno pericolosamente saldando con la rabbia e il senso di impotenza che si diffonde a macchia d’olio tra gli avvocati.
Gli avvocati sono pronti a contribuire alla soluzione dei problemi, ma hanno diritto ad una interlocuzione effettiva e non solo di facciata. Il Ministro , però, faccia la sua parte. Ad esempio pubblicando subito il DM per la modifica dei parametri. E ci faccia conoscere al più presto le sue idee sui 15 regolamenti ministeriali che la riforma forense gli affida. Ad oggi, non è riuscito a vararne nemmeno uno” ha concluso Perifano.
L’Associazione italiana giovani avvocati, tramite il presidente Nicoletta Giorgi, ha reso note le priorità: riforma organica del diritto civil attraverso l’introduzione di strumenti deflattivi extragiurisdizionali e il recupero dei criteri di concentrazione e speditezza del processo giurisdizionale. “Una efficiente ed efficace riforma del processo giurisdizionale civile – ha detto il presidente Giorgi all’inaugurazione di sabato a Cagliari – dovrebbe contemplare una drastica riduzione del numero delle udienze dedicate alla fase preparatoria, l’obbligo e non la facoltà, del giudice di pronunciarsi con sentenza, prima di ammettere le prove, sulle eccezioni impedienti di rito e pregiudiziali di merito sollevate dal convenuto, l’abolizione dell’udienza di precisazione delle conclusioni e l’introduzione di termini perentori per il deposito dei provvedimenti”. Ma tutti gli sforzi sarebbero vanificati, secondo Giorgi, se non si rivisitasse anche il processo esecutivo.
A sottolineare le criticità è stata anche l’Associazione nazionale avvocati italiani.
“Sul filtro in appello -ha dichiarato il presidente Anai Maurizio De Tilla – si esprimono considerazioni tendenzialmente negative rilevandosi che il tempo risparmiato dal magistrato per l’estensione della sentenza equivale a quello impiegato per selezionare mediante l’esame preliminare e necessariamente approfondito del fascicolo, i procedimenti per i quali è utilizzabile il nuovo procedimento.
Vengono, ancora, messi in risalto i problemi interpretativi nascenti dalla pessima formulazione della norma e il diverso impatto all’interno dell’attività di filtro nell’ambito di diverse sezioni. Si sostiene, inoltre, che la riforma non può avere efficacia deflazionistica, dato che il processo di appello può comunque esaurirsi in unica udienza o, al massimo, in due udienze.
Santacroce inoltre, dati alla mano ha dimostrato che ben pochi sono gli appelli in cui traspare con evidenza l’inammissibilità e si verificano le condizioni per l’applicabilità della riforma”.
Solo il Presidente della Corte di appello di Milano parla del filtro in maniera positiva (beato lui!), mentre il Presidente della Corte di appello di Firenze non manca di rilevare che l’attività di filtro richiede cautela e scrupolosa valutazione degli atti, onde evitare che il nuovo strumento processuale si risolva in un’attenuazione della tutela giurisdizionale.
“La gestione del filtro in appello è, quindi, sostanzialmente fallimentare” ha detto De Tilla.
Secondo Anai anche l’introduzione del c.d. “tribunale delle imprese”, ha avuto un risultato negativo laddove il Presidente della Cassazione parla di aumento generalizzato del carico di lavoro mentre i giudici di Milano segnalano che l’avvio di questo nuovo istituto è piuttosto stentato e, per ora, non ha dato i risultati attesi, mancando la sezione di un organico proprio e dovendo attingere promiscuamente i suoi componenti dalle altre sezioni civili. “Risultati che non arriveranno mai” ha dichiarato De Tilla.
“Secondo i dati enunciati dal presidente Santacroce – ha continuato De Tilla – non si comprende perché la durata media dei procedimenti definiti è aumentata da 42,5 mesi (1.293 giorni) nel 2013, rispetto ai 34,1 mesi (1.037 giorni) del 2012.
Più processi si smaltiscono, maggiore è la durata dei processi!”
Secondo Anai, inoltre, l’osservazione che la giustizia mostrerebbe segni di miglioramento sarebbe troppo ottimistica.
“In realtà la situazione non sta così – ha detto De Tilla – se in alcuni distretti diminuiscono le pendenze giudiziarie, questo non succede a vantaggio della durata dei processi. La mediaconciliazione è poi inutile e fallimentare, mentre la revisione della geografia giudiziaria ha bloccato gran parte dei processi pendenti. Sottolineati da Santacroce anche i gravi inadempimenti in tema di processo equo; l’Italia risulta sempre più inadempiente per la tutela dei diritti umani”.
“Mancano progetti concreti di produttività – ha concluso De Tilla – Avvocati e giudici denunciano cosa non funziona nella giustizia, ma il sistema politico, Governo ed opposizione, non fanno nulla (o quasi) per farla funzionare”.
Secondo l’ANAI i recenti provvedimenti varati dal Governo non hanno reso la giustizia efficiente né hanno attenuato la lungaggine dei processi.